Verifica le date inserite: la data di inizio deve precedere quella di fine

Giuseppe M. Della Fina
Leggi i suoi articoliNegli ultimi mesi vi è stata un’attenzione notevole per il rapporto tra l’arte etrusca e quella del XX secolo: penso, soprattutto, alla mostra «Etruschi del Novecento», prima negli spazi del Mart di Rovereto e attualmente riproposta (sino al 3 agosto), con alcune varianti significative, a Milano presso la Fondazione Luigi Rovati.
Mario Schifano, il maggiore esponente della Pop Art italiana, si è misurato con la pittura e la scultura etrusca in più occasioni e alcune sue opere si annoverano tra i risultati più significativi e intriganti del rapporto arte contemporanea/arte etrusca. La sua esperienza è documentata dove non ce lo aspetteremmo: a Pescara, all’interno dell’Imago Museum voluto dalla Fondazione Pescarabruzzo. Qui, un piano intero è occupato da un’esposizione permanente che narra l’attività di Schifano dagli anni ’60 sino ai ’90 del secolo scorso e la sua attenzione per il mondo etrusco: «Guerrieri, tombe, templi di quel popolo hanno fatto parte della mia storia privata», ha affermato il pittore in un’intervista al settimanale «Panorama» del 19 maggio 1985. Può sembrare un’affermazione paradossale o provocatoria, ma non è così: Maria Paola Guidobaldi e Gianluca Tagliamonte, alcuni anni fa, hanno recuperato documenti d’archivio che indicano come il giovane Schifano avesse lavorato per più di dieci anni all’interno del Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia a Roma: vi era stato assunto l’1 luglio del 1951 come salariato temporaneo con mansione di restauratore; poi quale operaio salariato permanente con mansione di lucidatore di disegni. Nel frattempo, aveva iniziato a partecipare a mostre collettive presso alcune importanti gallerie romane, bolognesi e milanesi. Il 2 febbraio 1962, presentò le dimissioni: aveva 28 anni.
Il confronto giornaliero con l’arte e l’artigianato artistico etrusco della giovinezza tornò ad affiorare in alcuni cicli pittorici, scaturiti da commissioni specifiche, esposti stabilmente nel museo pescarese. Un’occasione di confronto venne offerta al pittore nel 1991, quando gli fu affidata la realizzazione di una serie di tele nell’ambito di un progetto promosso dal Consiglio regionale del Lazio, dal Comune di Tarquinia e dall’allora Soprintendenza Archeologica dell’Etruria Meridionale. L’attenzione dell’artista si concentrò su alcuni vasi, su un carrello bruciaprofumi in bronzo, ma soprattutto su alcune testimonianze della pittura tarquiniese e su una di quella ceretana. Tra le tombe tarquiniesi che scelse di reinterpretare sei erano state scoperte nell’800, ma ben quattro (Tomba delle Olimpiadi, Tomba Cardarelli, Tomba Bartoccini, Tomba dei Giocolieri) durante gli anni del suo lavoro presso il Museo di Villa Giulia a conferma dell’importanza di quell’esperienza. Una, la Tomba delle Pantere, fu rinvenuta nel 1968, quando Schifano aveva lasciato già l’impiego.
Una nuova occasione per misurarsi con il mondo etrusco venne qualche anno più tardi e, stavolta, l’attenzione cadde sulla scultura. In particolare sulle statue note come Matres Matutae rinvenute presso il santuario in località Fondo Patturelli e conservate nel Museo Provinciale Campano di Capua. Il ciclo, composto da 18 opere (15 a smalto e acrilico su tela, 130x160 cm; tre a tecnica mista su cartoncino, 70x100 cm) e dieci disegni a carboncino su carta (70x100 cm), venne commissionato all’artista dal manager Domenico Tulino con finalità filantropiche. Quadri e disegni furono realizzati tra novembre 1995 e giugno 1996. Ispirazione di questo ciclo pittorico sono le statue conservate a Capua, che aveva voluto vedere di persona e fotografare, e contemporaneamente la novità del suo misurarsi con temi legati alla maternità e all’infanzia: il pittore solo dieci anni prima, quando aveva superato i 50 anni, era divenuto padre per la prima volta. Non si deve dimenticare che la prima occasione per riallacciare un dialogo con l’arte etrusca fu l’accettazione da parte dell’artista della proposta di dipingere in pubblico un quadro dalle dimensioni rilevanti nella notte del 16 maggio 1985, a Firenze, in piazza della Santissima Annunziata, avente per tema la celebre statua in bronzo della Chimera rinvenuta ad Arezzo. La tela (4x10 m) è conservata presso una collezione privata ed è stata esposta a Rovereto.

Mario Schifano, «Tomba delle Leonesse», 1991, proprietà Fondazione Pescarabruzzo (particolare)
Altri articoli dell'autore
In sei sedi del Parco Archeologico del Colosseo il culto della dea e la sua fortuna nei secoli
Il ricordo dell’etruscologo, allievo di Mauro Cristofani e studioso di epigrafia e produzione artigianale e artistica
Alla Fondazione Luigi Rovati di Milano l’influsso esercitato dalla cultura etrusca sull’arte italiana del secolo passato: Campigli vi trovò «un mondo di serenità», mentre Arturo Martini e Marino Marini continuarono «da dove loro si sono fermati»
Con l’etruscologo Giuseppe M. Della Fina scaviamo nelle pagine di un romanzo o di un racconto e tra i versi di una poesia alla ricerca di oggetti di un passato lontano (per comprenderne il significato e il valore che perdurano nel tempo)