Un’opera di Arnaldo Pomodoro nell’allestimento della mostra «SalvArti. Dalle confische alle collezioni pubbliche» a Palazzo Reale di Milano

© Emanuele Antonio Minerva ‐ Ministero della Cultura

Image

Un’opera di Arnaldo Pomodoro nell’allestimento della mostra «SalvArti. Dalle confische alle collezioni pubbliche» a Palazzo Reale di Milano

© Emanuele Antonio Minerva ‐ Ministero della Cultura

L’arte confiscata alla criminalità a Palazzo Reale

Dopo Roma e prima di Reggio Calabria, sono esposte a Milano le opere sequestrate a due esponenti della malavita organizzata: Gennaro Mokbel e Gioacchino Campolo

Non è solo una mostra d’arte, ma è innanzitutto «un’operazione di civiltà e di cultura della legalità», spiega Tommaso Sacchi, assessore alla Cultura di Milano, nel presentare «SalvArti. Dalle confische alle collezioni pubbliche» che, all’interno del progetto «Arte per la cultura della legalità», si tiene a Palazzo Reale dal 3 dicembre al 26 gennaio 2025. «È in primo luogo un progetto etico e civile», aggiunge Domenico Piraina, direttore Cultura del Comune di Milano, perché le opere esposte sono state confiscate a due esponenti della criminalità organizzata: Gennaro Mokbel, legato a Mafia Capitale, condannato per riciclaggio nell’inchiesta Telecom Sparkle e Fastweb (che vide invece assolti tutti i manager delle due società), proprietario di una galleria d’arte in via Margutta che organizzava anche televendite, e Gioacchino Campolo, il «re del videopoker», colluso con la ’ndrangheta. Entrambi appassionati di arte? Forse, ma entrambi, sicuramente, ben più interessati al riciclaggio di denaro sporco attraverso le opere d’arte e alla diversificazione degli investimenti oltre che all’«imbellettamento» sociale e all’ostentazione di potere. 

Esporle a Milano (dopo l’anteprima a Roma, al Museo Hendrick Christian Andersen, e prima della tappa finale, dal prossimo febbraio, al Palazzo della Cultura di Reggio Calabria), e proprio durante il «Festival dei Beni confiscati alle mafie», spiega Lamberto Bertolè, assessore milanese al Welfare «ha un importante significato sociale in una città dove finalmente l’esistenza delle infiltrazioni mafiose non viene più negata». 

Una mostra per le scuole soprattutto, si augurano gli organizzatori (Direzione generale Musei-MiC; Anbsc-Agenzia Nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata; Comune di Milano-Direzione Cultura; Città Metropolitana di Reggio), ma anche per chi nutra una maliziosa curiosità sui gusti di questi «collezionisti» che, al di là degli ottimi nomi degli artisti (Carrà, de Chirico, Sironi, Campigli, Fontana, Dalí, Schifano, Baj, Rotella, Cucchi, Chia, Paladino, Arnaldo Pomodoro, e poi Warhol, Rauschenberg, Haring, molti dei quali presenti con carte e multipli), avevano in casa, salvo alcune eccezioni, opere senza infamia e senza lode, cui si aggiungevano anche falsi spudorati. Dopo la mostra, quelle eccezioni saranno destinate a importanti musei italiani, restituendo così alla collettività e al patrimonio dello Stato beni illecitamente accumulati e lungamente detenuti da gruppi della malavita organizzata. 

Una veduta della mostra «SalvArti. Dalle confische alle collezioni pubbliche» a Palazzo Reale di Milano. © Emanuele Antonio Minerva ‐ Ministero della Cultura

Ada Masoero, 02 dicembre 2024 | © Riproduzione riservata

L’arte confiscata alla criminalità a Palazzo Reale | Ada Masoero

L’arte confiscata alla criminalità a Palazzo Reale | Ada Masoero