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Charles Le Brun, «Sconfitta dell’esercito spagnolo o disfatta di Marsin»

© Isabelle Bideau - Manufactures nationales

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Charles Le Brun, «Sconfitta dell’esercito spagnolo o disfatta di Marsin»

© Isabelle Bideau - Manufactures nationales

L’arte dell’arazzo 2.0 in chiave danese

Dopo l’esposizione al Grand Palais, nel 2028 le 16 opere orneranno le sale della Danza e dei Cavalieri del Koldinghus, il castello reale di Kolding in Danimarca

L’arte dell’arazzo è ancora viva. L’antica tecnica incontra il linguaggio visivo contemporaneo in una collaborazione inedita, stretta nel 2018, tra gli storici laboratori tessili francesi, le Manufactures des Gobelins, de Beauvais e d’Aubusson, la New Carlsberg Foundation di Copenaghen, in Danimarca, e quattro artisti danesi, Bjørn Nørgaard, Tal R, Alexander Tovborg e Kirstine Roepstorff. Da questo incontro sono nati 16 arazzi, quattro di grandi dimensioni (3x6 m) e 12 verticali entrefenêtre (1x3 m). Solo uno, su disegno di Kirstine Roepstorff, per la ricchezza dei dettagli e la complessità del disegno, è ancora in corso di lavorazione, a Beauvais. Gli altri sono tutti ora esposti nella mostra «Arazzi reali» al Grand Palais (galleria 7) di Parigi dall’11 giugno al 10 agosto, curata da Maria Gadegaard, conservatrice della Royal Danish Collection, insieme al collega delle Manufactures nationales-Sèvres & Mobilier national, Emmanuel Pénicaut

Dopo Parigi, le opere raggiungeranno la Danimarca per ornare, a partire dal 2028, le due sale della Danza e dei Cavalieri del Koldinghus, il castello reale di Kolding, la cui costruzione risale all’XII e XIII secolo. 

Le scene rappresentate sugli arazzi si ispirano alla storia del castello: «Gli artisti, ai quali è stata data totale libertà di creazione, hanno interpretato un tema legato al Koldinghus, in un’evocazione più o meno realista o simbolica: la fortezza che difende il confine (Kirstine Roepstorff), il castello reale (Alexander Tovborg), le rovine (Tal R) e la ricostruzione (Bjørn Nørgaard)», hanno spiegato i curatori in una nota diffusa dal Grand Palais. Gli arazzi, realizzati usando le stesse tecniche usate alla fine del Seicento, sono presentati insieme ai cartoni preparatori e ad approfondimenti sul percorso personale dei quattro artisti, figure maggiori della scena artistica danese contemporanea, e sulle scelte stilistiche e tematiche che li hanno orientati nella realizzazione delle opere. 

La mostra crea soprattutto una passerella tra passato e presente, tra tradizione artigianale e arte contemporanea. Lungo il percorso, diviso in sei capitoli, sono esposti anche arazzi antichi, tra cui, in particolare, quattro sezioni della serie «L’Histoire du roi», celebre arazzo, in 14 pezzi, tessuto in lana, seta e fili d’oro, realizzato tra il 1665 e il 1681 alla Manufacture des Gobelins su progetto di Charles Le Brun, primo pittore del re, all’epoca direttore dell’istituzione, in cui si raccontano episodi delle vita di Luigi XIV. È considerato uno degli arazzi più preziosi delle collezioni nazionali francesi. La mostra ritorna anche sulla storia delle manifatture reali francesi, i Gobelins, a Parigi, e Beauvais, nel nord, fondate alla fine del Seicento da Jean-Baptiste Colbert, per volere di Luigi XIV, dove si producevano oggetti e arredi di lusso per la nobiltà o come regali diplomatici (nel 1935-37 le due istituzioni sono state accorpate, insieme al Mobilier national, in un unico ente). 

Una veduta del cartone di Kirstine Roepstorff, «Axle Times». © Pierre Bureau, Manufactures nationales - Sèvres et Limoges

Luana De Micco, 11 giugno 2025 | © Riproduzione riservata

L’arte dell’arazzo 2.0 in chiave danese | Luana De Micco

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