«Untitled» (1959) di Jannis Kounellis

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«Untitled» (1959) di Jannis Kounellis

Le carte sperimentali e introspettive di Kounellis

La settima personale da Sprovieri del pioniere dell’Arte Povera riporta alla luce alcuni lavori giovanili, incipit di una carriera in perenne evoluzione

Forme concentriche, frecce, lettere, lune, scarabocchi e macchie di colore. Tracce di grafite, acquerelli sfumati, tempera e slogan improvvisati. È un linguaggio sottile quello del giovane Jannis Kounellis (1936, Pireo-2017, Roma), artista greco naturalizzato italiano tra i più grandi fautori dell’Arte Povera teorizzata da Germano Celant (1940, Genova-2020, Milano). Codice curioso, a primo impatto ingenuo ma per nulla scontato, quello che contraddistingue le 12 opere realizzate tra il 1959 e 1963 raccolte in «Alfabeto, Early Works on Paper», settima mostra personale dell’autore multidisciplinare con la galleria londinese Sprovieri, in apertura il 16 gennaio (fino al 28 marzo).

Caratterizzati da gialli, rosa, verdi, e azzurri sgargianti, o appena accennati, i disegni su carta appesi al 23 di Heddon Street, ritraenti simboli d’uso comune estrapolati dal loro contesto originale e abbozzi di scene portuali ispirate al Paese di Kounellis, hanno l’aria misteriosa e ipnotizzante di un rebus mai risolto. Traendo spunto dalla segnaletica del paesaggio urbano, l’artista mette di fronte a una serie d’indizi che, invece di condurre verso una destinazione concreta, simboleggiano, al contempo, la sua attitudine alla sperimentazione e la sua dimensione interiore, parafrasi artistica della sua stessa vita.

Fu proprio con la creazione dei lavori presentati in questa mostra, a cavallo tra gli anni Cinquanta e gli anni Sessanta, che pose le basi di quella che sarebbe diventata la sua cifra stilistica su tela: sagome piene e scure su sfondi tenui, spesso rese a stencil per «eliminare le tracce della sua mano», per occultarne la presenza agli occhi di chi le guarda.

È questa linea sottile tra l’essere e l’assenza, tra l’umano e l’artificioso, ad animare le opere esposte da Sprovieri: il bu​​sto di un uomo, stilizzato come un’ombra nera completa di cappello e poi coperto da un velo di pittura grigio chiaro, si intravede ancora sotto le pennellate veloci e confuse di Kounellis in uno dei suoi «Untitled» (1959). Alla sua destra, la testa dello stesso motivo, ripetuta in maniera di poco più piccola, sfumata e priva di torso, diviene una delle tante astrazioni presenti, l’ennesima nota di colore. Altrove, i moli e le gru immortalati in «Piraeus» (1959) vanno a fondersi con le lettere e i tratti di matita che costellano la composizione, sostituendo il vero con l’immaginazione.

È in questo passaggio dal riconoscibile al simbolico che Kounellis manifesta la sua volontà di emanciparsi dalla rappresentazione standardizzata del quotidiano per raccontare l’essenza effimera, non catalogabile e in perenne mutamento del vivere: una missione questa che, a partire dal 1965, l’artista porterà avanti con qualsiasi mezzo a sua disposizione, dalla scultura e l’installazione multimediale alla performance art, in una carriera di oltre 55 anni all’insegna della poesia e della sovversione.

Gilda Bruno, 14 gennaio 2025 | © Riproduzione riservata

Le carte sperimentali e introspettive di Kounellis | Gilda Bruno

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