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Le emozionanti odissee di William Kentridge

Michela Moro

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L’anima di Lia Rumma rimane napoletana, malgrado sia nata a Voghera e trascorra a Milano buona parte del suo tempo. È una delle grandi donne dell’arte contemporanea, presente sulla scena dal 1971, anno in cui ha aperto la galleria a Napoli con una mostra di Joseph Kosuth. Da allora, con discreto coraggio, dalla sua galleria sono passati i grandi nomi di Arte povera, Minimalismo, Land art e Arte concettuale e artisti come Alberto Burri, Donald Judd, Robert Longo, Gino De Dominicis, Michelangelo Pistoletto, Agostino Bonalumi, Giovanni Anselmo e Gilbert & George. Nel 1999 ha aperto un secondo spazio a Milano, nel cuore di Brera, e l’ha inaugurato con una personale di Enrico Castellani. Tra gli artisti della scuderia Rumma si annoverano anche Shirin Neshat, Anselm Kiefer, Marina Abramovic e Gilberto Zorio, solo per citarne alcuni.

Nel 2010 la galleria milanese si è spostata in via Stilicone, in un edificio di dimensioni museali dove gli artisti possono esporre con grande respiro e ambizione. In aprile lo spazio è occupato dalla mostra «Triumphs, Laments, and other Processions» di William Kentridge, che lavora con la galleria da molti anni. L’artista sudafricano opera con media diversi che convogliano sempre in un unico, stupefacente risultato. Racconta tribolazioni umane, epiche odissee, differenze sociali ancora insormontabili con una leggerezza di soluzioni estetiche impressionante. Il classico tratto a carboncino dei suoi disegni viene sovrapposto e ripetutamente cancellato nei film; nelle performance e negli spettacoli teatrali le scene sono semplici e gli strumenti musicali elementari, ma nonostante ciò i contenuti si caricano di emozionante complessità.

Il piano terra è occupato dall’installazione video a 8 canali «More Sweetly Play the Dance» del 2015, esposta lo scorso anno all’Eye Museum di Amsterdam, mentre i piani superiori sono dedicati alla serie «Triumphs and Laments»: incisioni e carboncini sulla linea delle opere esposte all’ultima Biennale di Venezia del 2015. 

Michela Moro, 06 aprile 2016 | © Riproduzione riservata

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