«In silence» (2002-24) di Chiharu Shiota

Foto: Sunhi Mang. Cortesia del Mori Art Museum, Tokyo. © Adagp, Paris, 2024

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«In silence» (2002-24) di Chiharu Shiota

Foto: Sunhi Mang. Cortesia del Mori Art Museum, Tokyo. © Adagp, Paris, 2024

Le metafore magnetiche di Chiharu Shiota

La retrospettiva al Grand Palais raggruppa sette grandi opere dell’artista giapponese, che il prossimo anno saranno allestite al Mao di Torino

Sospesa al soffitto sopra la grande scalinata del Grand Palais, appena parzialmente riaperto dopo il lungo restauro (nell’attesa della riapertura completa nel giugno 2025), l’installazione monumentale «Where are we going» (2017-24), composta da barche racchiuse in un intreccio di fili bianchi che fanno pensare alle ali di un angelo, accoglie i visitatori. È l’ingresso della grande retrospettiva su Chiharu Shiota, realizzata con il Mori Art Museum di Tokyo, che il Grand Palais accoglie dall’11 dicembre al 19 marzo 2025, dopo le tappe in Corea del Sud, Australia e Cina, e prima che la mostra raggiunga il Mao-Museo d’Arte Orientale di Torino dall’ottobre 2025 all’estate 2026.

L’artista giapponese, nata a Osaka nel 1972, è celebre per le sue installazioni emotive e immersive caratterizzate dall’uso dei fili di lana, soprattutto rossi e neri: per l’artista, ha spiegato la curatrice Mami Kataoka, direttrice del Mori Art Museum, «le sue installazioni tentacolari sono una metafora di tutti i tipi di legami, il flusso sanguigno, i legami di sangue o le relazioni territoriali, ma custodiscono anche una forza magnetica latente, capace di liberare un ampio ventaglio di potenzialità immaginative». Chiharu Shiota, dopo aver studiato la pittura a Kyoto, si è trasferita in Germania nel 1997 per seguire gli insegnamenti di Marina Abramović, pioniera della performance, e Rebecca Horn. Una delle sue opere più note è «The Key in the Hand», presentata alla Biennale di Venezia nel 2015, composta da una rete di metallo intrecciata e più di 50mila chiavi, donate da persone di tutto il mondo.

Nella mostra parigina sono esposte sette grandi installazioni, tra cui la suggestiva «In Silence» (2002-24), ispirata, come spesso nell’opera di Shiota, al proprio vissuto, in questo caso all’incendio della casa dei vicini quando aveva nove anni: un pianoforte bruciato e delle sedie vuote, prese in un intreccio di fili neri, compongono l’opera, che vuole far riflettere sull’assenza. «Quando studiavo pittura, avevo l’impressione che tutto ciò che creavo fosse già stato fatto. Non c’era emozione, ha spiegato l’artista. Arrivando in Germania, aspiravo ad avere uno spazio tutto mio. Un giorno ho preso del filo e ho iniziato a tessere una ragnatela intorno al mio corpo e al mio letto. Stavo creando un quadro tridimensionale e uno specchio dei miei sentimenti. Finalmente avevo trovato il mio materiale». Oltre alle installazioni sono esposte a Parigi anche sculture, fotografie, disegni, video di passate performance e documenti di archivio.

Dopo che le è stato diagnosticato un cancro, nel 2005, Chiharu Shiota ha cominciato a disegnare: «Per me la pittura era solo tecnica, ma dopo la diagnosi ho voluto dipingere i miei sentimenti. Le mie installazioni di fili di solito vengono gettate via dopo la mostra, esistono solo nella memoria dello spettatore. Quando il cancro è tornato, ho pensato a che cosa sarebbe rimasto del mio corpo e per questo ho voluto lavorare con materiali che sarebbero rimasti anche dopo».

«Where are we going» (2017-24) di Chiharu Shiota. Foto: Kioku Keizo. Cortesia della foto Mori Art Museum, Tokyo. © Adagp, Paris, 2024

Luana De Micco, 09 dicembre 2024 | © Riproduzione riservata

Le metafore magnetiche di Chiharu Shiota | Luana De Micco

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