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Jean-Honoré Fragonard, «L’altalena», 1767, Londra, Wallace Collection (particolare)

Foto tratta da Wikipedia

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Jean-Honoré Fragonard, «L’altalena», 1767, Londra, Wallace Collection (particolare)

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L’eclettica e versatile Rosalind Savill tra tradizione e innovazione

L’esempio dell’ex direttrice della Wallace Collection, nonché socia dell’Accademia Britannica per le pubblicazioni sulla ceramica, è un buon pretesto per riflettere sull’attuale tendenza a preferire figure manageriali ai vertici dei musei

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David Ekserdjian

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Il 27 dicembre scorso all’età di 73 anni è scomparsa Dame Rosalind Savill F.B.A. (1951-2024), direttrice della Wallace Collection a Londra dal 1992 al 2011. Nel Regno Unito il titolo di «Dame» è l’equivalente femminile di «Sir» e rappresenta un grandissimo onore. Le iniziali F.B.A. invece, stanno per Fellow of the British Academy (Socia dell’Accademia Britannica) per le sue autorevoli pubblicazioni sulla ceramica

La distanza fra la fine della gloriosa carriera di Savill, «Ros» per gli innumerevoli amici, e i suoi esordi fu immensa. Si era laureata non a Oxford, Cambridge o al Courtauld Institute, bensì alla University of Leeds. E, secondo Wikipedia, prima di entrare umilmente nel dipartimento di ceramiche del Victoria & Albert Museum nel 1973, il suo primo incarico nel museo fu quello di cassiera della mensa. Comunque sia, solo un anno dopo, nel 1974, Ros si trasferisce alla Wallace facendo anche qui la gavetta, ma già nel 1978 diventa assistente del direttore. Il punto forte della collezione della Wallace è il patrimonio di dipinti ma forse ancora di più i mobili e le arti decorative del Settecento francese che non hanno paragoni se non a Parigi. Ros si è dedicata con sforzo e dedizione per un decennio ai tre monumentali tomi del catalogo completo delle porcellane di Sèvres della Wallace, la cui pubblicazione risale al 1988. La sua passione per Sèvres è durata una vita e nel 2022 ha pubblicato Everyday Rococo: Madame de Pompadour and Sèvres Porcelain in non meno di 1.211 pagine in due volumi.  

Quando nel 1992 si cercava un successore al direttore John Ingamells, i meriti della sua assistente erano ben noti, ma bisogna ricordare che all’epoca la scelta di una donna, per di più con una figlia piccola e non sposata, rappresentava un salto nel buio. Come direttrice del museo, Ros ha saputo risvegliare in maniera trionfale la Wallace, una vera bella addormentata nel bosco, mantenendo sempre un certo rigore. Ha trasformato l’allestimento riorganizzando le opere e abbellendo gli ambienti con sete opulenti. Ha presentato mostre audaci su temi contemporanei, resistendo alla richiesta di uno degli artisti scelti, Lucian Freud, di ritrarla nuda. Nel 2000, l’anno del centenario dell’apertura del museo, il cortile, mai prima accessibile, veniva coperto con un tetto di vetro e si inaugurava al suo interno un ristorante. La combinazione di più doti ha permesso a Ros Savill di raggiungere due incarichi professionali in maniera singolare e davvero unica nella sua invidiabile capacità di dirigere un museo e al tempo stesso di continuare a pubblicare, attività al giorno d’oggi non così scontata. 

Con la sua morte, rimangono tra i Fellows della British Academy tre altri ex direttori di grandi musei: Sir Christopher White, alla guida  dell’Ashmolean Museum di Oxford dal 1985 al 1997, Sir David Wilson, direttore del British Museum dal 1977 al 1992 e Sir Nicholas Penny alla National Gallery dal 2008 al 2015, ma non sembra molto probabile che avranno successori. È importante anche sottolineare il fatto che l’estinzione di questa specie non si limita al mio Paese, ma è praticamente universale. Perché?

La ragione fondamentale è che ai giorni nostri le persone che scelgono i nuovi direttori dei musei d’arte, in Gran Bretagna e negli Stati Uniti i trustee, ma altrove direttamente i ministri del Governo, non tengono assolutamente in considerazione l’idea che la conoscenza approfondita della storia dell’arte sia basilare e strettamente necessaria per un tale ruolo. Sono invece alla ricerca di manager in grado di amministrare i musei, capaci di raccogliere fondi e di convincere il grande pubblico a visitarli. 

Oggi l’ossessione per il business si traduce nel trattare il museo come se fosse l’equivalente culturale di un McDonald’s, con le dovute differenze. Non sembrano capire che le uniche persone desiderose di finanziare i musei sono appassionati d’arte e che in questo contesto gli esperti che hanno dedicato la loro vita all’arte hanno un vantaggio enorme nei confronti dei funzionari: sono nati per convertire il mondo all’amore dell’arte. Oggi, senza fare nomi, vi sono molte persone che prima di diventare direttori di grandi musei pubblicavano seriamente, ma che poi hanno abbandonato la penna o il pc. Si può anche sperare in un loro ritorno allo studio quando saranno in pensione, ma in questo momento sono convinti di non avere tempo per cose del genere essendo forse sotto pressione più dei loro predecessori e avendo così perso la voglia di scrivere. 

Comunque sia, dovrebbero riflettere sull’esempio offerto da Pierre Rosenberg (1936), presidente e direttore del Louvre dal 1994 al 2001, e inoltre dal 1995 membro dell’Académie française. Durante la direzione del più grande museo del pianeta sono emerse più di 100 sue pubblicazioni. Sarebbe forse una consolazione per i direttori che non scrivono più immaginare che le loro produzioni siano solo piccole prefazioni a cataloghi di mostre e recensioni insignificanti, ma in verità Rosenberg non ha mai smesso di servire la disciplina della storia dell’arte al più alto livello. In particolare, nel 1996 con Louis-Antoine Prat ha pubblicato il catalogo ragionato dei disegni di Watteau in tre enormi volumi. Rosenberg era, ed è tuttora, un vero fenomeno e il suo merito principale è la dedizione all’erudizione (anche se fosse costretto ad alzarsi prima dell’alba per scrivere). Essendo di natura ottimista, spero che un bel giorno lui, Ros e gli altri direttori studiosi sopramenzionati avranno dei successori, ma, come si dice in inglese, «I’m not holding my breath» (non trattengo il fiato) ovvero non ci conto. 

David Ekserdjian, 13 febbraio 2025 | © Riproduzione riservata

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