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Una veduta di una delle sale del Grand Egyptian Museum di Giza

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Una veduta di una delle sale del Grand Egyptian Museum di Giza

L’esodo del tesoro di Tut, dal (rimpianto) museo del Cairo a quello di Giza

Il Criptico d’arte • Il complesso nuovo è, vien facile e banale la battuta, faraonico: quasi 500mila metri quadrati complessivi

Il 20 ottobre è arrivato, e con esso  il probabile esodo definitivo del Tesoro di Tutankhamon dal vecchio museo di piazza Tahrir al Cairo al nuovo Gem, il Grand Egyptian Museum di Giza. Una processione di settimane dal centro della città, attuata con grande dispendio di mezzi e persone, per trasferire gli oltre 5mila reperti del corredo funebre nella nuova sede, una struttura colossale in rapporto visivo con la piramide di Cheope. 

Il complesso nuovo è, vien facile e banale la battuta, faraonico: quasi 500mila metri quadrati complessivi, statue colossali sia al coperto che all’aperto, secondo un progetto articolatissimo concepito da Heneghan Peng Architects, che ha tentato di ribadire la sacralità dell’area con segni che elidano almeno in parte la percezione di un ambiente smisurato che, inevitabilmente, ti porta a pensare al monumentalismo di una superstazione ferroviaria o di un mall di lusso. 

Di mio, sono uno che rimpiangerà il Museo di piazza Tahrir di Auguste Mariette, comprese le vetrine di legno sempre un po’ sporche, i reperti affastellati e i vecchi cartellini manoscritti, ma è sicuramente un retaggio generazionale: anche perché senza un monopattino, ormai, percorrere i 100mila oggetti del Gem è impresa che travalica largamente le mie possibilità fisiche. Però tutto insieme, il Tesoro di Tutankhamon non l’ho visto mai. Tant’è. Ciò che mi affascina di più è il trasloco, che immagino, al di là dei supertecnicismi in campo, come un’interminabile processione dotata di un’intensa sacralità, quasi un’ulteriore cerimonia funebre replicata dopo quella che 33 secoli fa e rotti a Tebe collocò il faraone nella sua dimora definitiva rimasta inviolata sino al 1922, quando Howard Carter la scoprì. Il trasporto riguarda anche i 110 kg d’oro lavorato che fanno parte del corredo e le cautele sono di necessità vieppiù aumentate visto che proprio una restauratrice del museo si è da poco rubata un bracciale aureo del faraone Amenemope, venuto tre secoli dopo Tutankhamon, e l’ha venduto per farlo fondere, proprio come il «cesso» di Cattelan, intascando giusto qualche migliaio di dollari. Roba da matti, ma questo è lo specchio dell’Egitto di oggi, in cui quando sei povero lo sei a un livello che noi neppure immaginiamo, e magari ti frega poco della miliardata spesa per il Gem e della rivendicazione che i tuoi antenati sono stati pressoché i primi della storia. Prima della Grecia, prima di Roma, prima anche di Gesù Cristo...

Flaminio Gualdoni, 05 novembre 2025 | © Riproduzione riservata

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