Veduta della mostra «Una ricerca polivalente. Esperienze dal Centro Video Arte di Ferrara» al MAMbo

Foto di Ornella De Carlo

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Veduta della mostra «Una ricerca polivalente. Esperienze dal Centro Video Arte di Ferrara» al MAMbo

Foto di Ornella De Carlo

L’esperienza del Centro Video Arte di Ferrara

A cinquant’anni dalla fondazione, il MAMbo rende omaggio al centro di ricerca che per un ventennio è stato fondamentale punto di produzione e promozione della Video arte internazionale

È una bella storia di pionieri e avanguardisti quella raccontata dal MAMbo - Museo d’Arte Moderna di Bologna nella mostra «Una ricerca polivalente. Esperienze dal Centro Video Arte di Ferrara», allestita fino al 13 ottobre nella Project Room del museo, lo spazio dedicato ad approfondimenti sulle situazioni che hanno avuto un ruolo fondamentale nella storia della cultura contemporanea nella regione Emilia-Romagna. Quella del Centro Video Arte, nato tra il 1973 e il 1974 come espansione delle Gallerie Civiche d’Arte Moderna a Palazzo dei Diamanti di Ferrara e per un ventennio punto di produzione, aggregazione e promozione della Video arte internazionale, è una storia iniziata cinquant’anni fa e, benché purtroppo conclusa con la chiusura dell’istituzione alla fine degli anni Novanta, per molti aspetti è ancora vitale, non solo nella memoria di quanti ne hanno seguito le attività ma anche, e soprattutto, nell’operatività di autori che ancora lavorano sulle linee di sperimentazione tracciate in quel contesto negli anni dei loro esordi.

Tra questi, tre artisti italiani che l’istituzione ferrarese ha lanciato sulla scena internazionale, Maurizio Camerani (Ferrara, 1951), Enzo Minarelli (Cento, 1951) e Fabrizio Plessi (Reggio Emilia, 1940), proposti come protagonisti di questa piccola mostra dossier, nella quale ciascuno espone una propria opera significativa degli anni Ottanta-Novanta accanto a una serie di proiezioni che invece documentano in maniera più corale (con una selezione di video di Federica Marangoni, Giuseppe Chiari, Claudio Ambrosini, Claudio Cintoli e Sylvano Bussotti) quella che fu la precoce attenzione del Centro per la performance, ambito di ricerca particolarmente caro a Lola Bonora (Ferrara, 1935).

Attrice, critica e curatrice, fondatrice dell’istituzione che ha diretto fino al 1996 avvalendosi di un’equipe tecnica di rara specializzazione, composta da Carlo Ansaloni e Giovanni Grandi, e del sostegno di Franco Farina, allora direttore dei musei ferraresi, Lola Bonora è stata l’anima e l’icona dello spazio di ricerca, che ha guidato avviando progetti coraggiosi e innovativi, «una figura importantissima che, se avesse operato in un contesto meno provinciale, ora sarebbe certamente riconosciuta come la personalità di maggior spicco internazionale nell’ambito della cultura video», ha sottolineato Fabrizio Plessi, considerato uno dei pionieri della video-scultura a livello mondiale, legato da una stretta collaborazione con il Centro fin dalla produzione delle sue prime video-opere monocanale, tra le quali l’originale «Acquabiografico» (1973-74, visibile al MAMbo nella sezione permanente sulla Performance).

Oltre alla storica collaborazione con Plessi, che in mostra espone «Le Stanze», una serie di 35 disegni progettuali realizzati tra il 1988 e il 1992, rappresentativi della sua peculiare ricerca nell’ambito della combinazione di materiali prettamente scultorei e tecnologia, il Centro Video Arte ha operato anche nell’ambito della Poesia visuale, attraverso una lunga collaborazione con Enzo Minarelli, in mostra con «La Bandiera», una provocatoria video-scultura del 1989 composta da tre monitor che riproducono elettronicamente il Tricolore generando un’ironica interferenza con suoni e parole. Ed è una grande video-scultura in cui interagiscono materiali tangibili con suoni e immagini contenuti nei monitor anche l’opera di Maurizio Camerani «Vista dal Basso», una rigorosa torre piramidale di ferro sulla quale si inerpicano scale rese impraticabili da lastre di vetro, per rendere inarrivabile e suggestiva la visione di paesaggi elettronici; l’opera, realizzata alla fine degli anni Ottanta, è entrata nella collezione permanente del MAMbo per volontà dell’artista, che l’ha donata in occasione della mostra, per sottolineare il suo legame con il Centro Video Arte, con il quale anche ha avuto una proficua collaborazione. 

E nello spirito di una collaborazione rinsaldata si pone anche la proposta delle curatrici della mostra che, come ha sottolineato Uliana Zanetti, responsabile del patrimonio del MAMbo, vuole riaprire percorsi di sinergie sull’asse del contemporaneo tra Bologna e Ferrara già in passato sperimentate e che, come ha affermato Chiara Vorrasi, conservatrice responsabile delle Gallerie ferraresi, «esplora l’opportunità di rivitalizzare il prezioso patrimonio dell’archivio di videotape del Centro Video Arte in quanto, dopo il restauro finanziato dalla Fondazione Pianori ed eseguito dall’Università di Udine negli scorsi anni, esso offre la possibilità di disporre di un ampio patrimonio documentario su una prolifica attività sperimentale, che ha visto il coinvolgimento di numerosissimi autori internazionali».

Valeria Tassinari, 02 luglio 2024 | © Riproduzione riservata

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