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Amoako Boafo, «Hands Up», 2018, venduto da Christie’s Hong Kong per 3,4 milioni di dollari (particolare)

Cortesia di Christie’s

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Amoako Boafo, «Hands Up», 2018, venduto da Christie’s Hong Kong per 3,4 milioni di dollari (particolare)

Cortesia di Christie’s

L’eterna ascesa dell’arte contemporanea africana nel mercato

Fiere, tra cui la nuovissima Africa Basel, mostre e personalità alla guida delle più importanti manifestazioni culturali contribuiscono a creare variegate narrazioni del continente più giovane del mondo

Erica Roccella

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Nel 2021 l’opera «Hands Up» del pittore ghanese Amoako Boafo schizzava dritta al record di 3,4 milioni di dollari (oltre 10 volte la sua stima). Qualcuno la definì una bolla, qualcuno il giusto riallineamento al suo valore. Quattro anni più tardi è ancora un momento cruciale per il mercato dell’arte contemporanea africana. Vedi l’espansione di l-54 Contemporary African Art Fair, di casa a Londra (nei giorni di Frieze), a New York e Marrakech. Pietra miliare è anche Akaa-Also Known As Africa, durante la Paris Art Week di ottobre, in compagnia di Art X Lagos in Nigeria e Investec Cape Town Art Fair in Sudafrica. Accade nel 2025 che a Basilea, a giugno, nella settimana del colosso Art Basel, farà il suo debutto una nuova fiera, Africa Basel, che vuole approfondire la ricerca degli artisti afrodiscendenti. «Credo fermamente che la sostenibilità a lungo termine dell’arte contemporanea africana dipenda da qualcosa di più del semplice clamore del mercato», spiega a «Il Giornale dell’Arte» Benjamin Füglister, al timone della fiera insieme a Sven Eisenhut-Hug. «Richiede un supporto istituzionale costante, l’impegno dei collezionisti e un dialogo artistico significativo». A proposito della mission: «Ciò di cui c’è bisogno ora è una struttura più forte e sostenibile che garantisca che questo progresso continui, non solo per il momento presente, ma per le generazioni a venire. Africa Basel vuole collegare i mercati, promuovere le connessioni e assicurare che l’arte africana sia veramente apprezzata». Il tutto nell’anno in cui Koyo Kouoh è stata nominata curatrice della Biennale di Venezia per il 2026 e Naomi Beckwith direttrice artistica di documenta 16. Vedi alla voce: riverberi internazionali. 

Julie Mehretu, «Walkers With the Dawn and Morning», 2008, venduto da Sotheby’s New York per 10,7 milioni di dollari. Cortesia di Sotheby’s

Si stringono in un abbraccio strategico i player del mercato, valorizzano le narrazioni artistiche, sociali e politiche dell’Africa (e della sua diaspora). Complici le grandi mostre come «The Time is Always Now. Artists Reframe the Black Figure» alla National Portrait Gallery di Londra (nel 2024); complice il lavoro di istituzioni come il Museum of African Contemporary Art Al Maaden di Marrakech o lo Zeitz Mocaa di Cape Town, che nel 2022-23 metteva in scena la monumentale «When We See Us: A Century of Black Figuration in Painting» (che nel 2024 migrava al Kunstmuseum Basel). Di riflesso, i risultati delle aste: il 2022 è stato l’annus mirabilis per gli artisti afrodiscendenti moderni e contemporanei, con un totale di 197 milioni di dollari (scenderà a 113,4 nel 2023 e poi a 77,2 nel 2024, al passo con l’andamento del mercato globale; adesso si spera in un buon repulisti dei vari trend speculativi). 

Così Sotheby’s, a marzo 2024, tornava dopo 4 anni con una vendita in presenza, Modern & Contemporary African Art, ma già dal 2025, secondo alcune fonti, le opere moderne e contemporanee africane convergeranno nei cataloghi di arte del XX e del XXI secolo, senza distinzioni di provenienza (e qui, la domanda: ha senso, in generale, creare un contenitore per le opere di artisti afrodiscendenti? Il rischio di discriminazione involontaria potrebbe essere dietro l’angolo). Sempre da Sotheby’s, nel 2023, Julie Mehretu veniva incoronata artista vivente di origine africana più quotata al mondo, prima con un «Untitled» (2011) da 9,3 milioni di dollari e poi con «Walkers With the Dawn and Morning» (2008) che ha toccato il tetto di 10,7 milioni, scalzando il traguardo di Marlene Dumas con «The Visitor», 6,3 milioni di dollari da Sotheby’s nel 2008. «C’è un interesse costante e crescente per l’arte africana contemporanea», conferma Helene Love-Allotey, responsabile del Dipartimento Modern and Contemporary African Art di Bonhams. «Abbiamo visto risultati particolarmente forti per William Kentridge, Marlene Dumas, Billie Zangewa e Igshaan Adams. C’è domanda anche per i lavori degli anni ’50 e ’60 di artisti del continente, di Ben Enwonwu, Yusuf Grillo, Sydney Kumalo, Gerard Sekoto e Ladi Kwali, che hanno superato le loro stime». 

Intanto, il 2025 accoglierà nuove mostre importanti per l’arte africana, da «Paris Noir» al Centre Pompidou di Parigi (dal 19 marzo) a «Nigerian Modernism» alla Tate Modern di Londra (dal 9 ottobre). A Reggio Emilia, la Collezione Maramotti ha inaugurato il 9 marzo «Black Mirror» di Roméo Mivekannin e sempre il 2025 ha in serbo l’apertura del Museum of West African Art in Nigeria. Black Art Matters, ma la strada è ancora lunga. E disseminata di facili ipocrisie.

Njideka Akunyili Crosby, «Bush Babies», 2017, venduto da Sotheby’s New York per 3,4 milioni di dollari. Cortesia di Sotheby’s

Erica Roccella, 21 marzo 2025 | © Riproduzione riservata

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