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Gianfranco Ferroni
Leggi i suoi articoliNel suo studio romano, a piazza Santi Apostoli, Elisabetta Catalano (1944-2015) esaminava a fondo i soggetti da ritrarre. Anche cinque ore, prima di trovare lo scatto giusto: una ricerca estenuante per togliere ai protagonisti dell’arte ogni aura, ambizione, ego. Con un occhio fotografico in grado di annullare ogni resistenza. Lo ricorda benissimo anche Pio Baldi, già numero uno del MaXXI, il museo che presenta la mostra «Elisabetta Catalano. Obiettivo sugli artisti», a cura di Laura Cherubini. «Elisabetta ha fotografato sempre personaggi protagonisti del mondo dell’arte e della cultura, creando una libera comunità del pensiero, con Leonardo Sciascia, Federico Fellini, Uto Ughi, perché lei diceva di essere sempre affascinata da chi traduceva in opera un pensiero», sottolinea Cherubini. Lavorò per «Vogue», «L’Espresso», sempre con la voglia «di spogliare il personaggio».
Tra i ritratti presenti al MaXXI, tra tutti spicca Enzo Cucchi, nella sua vertiginosa essenzialità, evocando l’immagine di un antico albero della campagna marchigiana. Ma davanti al suo obiettivo sono passati, tra gli altri, anche Carla Accardi, Alighiero Boetti, Francesco Clemente, Michelle Coudray, Gino De Dominicis, Luciano Fabro, H. H. Lim, Fabio Mauri, Eliseo Mattiacci, Marisa e Mario Merz, Michelangelo Pistoletto con Maria Pioppi, Maurizio Mochetti, Vettor Pisani, Remo Salvadori con Sally Benjamin, Mario Schifano e Lawrence Weiner. Storie di incontri e di curiosità: Cherubini ricorda «la storia della proficua collaborazione professionale tra Elisabetta Catalano e Fabio Mauri che inizia, agli albori degli anni Sessanta, nello studio di via dell’Oca, quello stesso in cui si riuniscono gli amici del cuore, quelli della Scuola di piazza del Popolo, dove arrivano gli artisti americani come De Kooning e dove ci si attarda in discussioni notturne. Mauri commissiona alla giovanissima fotografa, sua compagna di vita, la documentazione degli Schermi, quella serie di opere in cui Mauri fornisce la sua peculiare e avanzatissima versione del moncromo, forma estrema di azzeramento della pittura tipica di quegli anni, ma dall’artista declinata come spazio virtuale capace di ospitare ogni sorta di immagini e coniugata con il riferimento al cinema e alle proiezioni della mente. Elisabetta fotografa gli schermi allineati a terra. È questa la prima fase, quasi una preistoria, di una collaborazione che darà risultati di grande efficacia e bellezza in una serie di immagini fortemente iconiche».
Il focus è l’occasione per valorizzare il corpus di fotografie di Elisabetta Catalano acquisito grazie ai fondi provenienti dall’avviso pubblico Strategia Fotografia 2023, con sedici stampe tra vintage e moderne, nonché l’opportunità di dar vita a un omaggio al suo lavoro in coincidenza del decennale dalla scomparsa. E la recente acquisizione intende ora approfondire lo studio della sua attività, legato alla capacità di cogliere, attraverso il ritratto, l’immaginario della società artistica e culturale vissuta da lei stessa. Scatti permeati da una visione partecipata e condivisa dei processi creativi di figure diventate volti iconici del mondo a lei contemporaneo. La mostra, realizzata in collaborazione con l’Archivio Elisabetta Catalano, sarà visibile fino all’8 marzo 2026.
Maria e Michelangelo Pistoletto con levriero alla mostra «Vitalità del negativo», 1970 a Palazzo delle Esposizioni, Roma
Carla Accardi, Roma, 2000