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Luca Scarlini
Leggi i suoi articoliIl verbo di Adolf Loos (1870-1933) è quello che è stato eternato nella formula, celeberrima, «ornamento è delitto». Il suo radicalismo in architettura, non poteva evitare di confrontarsi anche con la costruzione dell’abito, in tutta la sua potenza di seduzione, in tutta l’enorme complessità dei suoi significati. Di questo trattano i suoi numerosi interventi sulla «Neue Freie Presse» e su altre testate viennesi di inizio Novecento, che ora Skira manda opportunamente per la prima volta in libreria in Italia con il titolo collettivo Come ci si veste.
Niente sfugge all’occhio aguzzo dello scrittore, noto per la sua vis polemica: la sua penna si occupa dei gilet, stabilendo se essi debbano essere mantenuti o abbandonati, delle calzature per raccontare come nelle diverse epoche, andare a cavallo o a piedi abbia suscitato mutazioni radicali nel corpo umano. Nell’articolo I cappelli da uomo sbeffeggia i fabbricanti berlinesi che industriosamente si danno a consultazioni per decidere se sia opportuno rialzare i cilindri, convinti di influenzare il mercato internazionale che ignora le loro intenzioni.
Se il fashion maschile gli pare comunque di capitale importanza, tutto ciò che concerne l’ornamento femminile lo mette in difficoltà, fa scattare reazioni iperboliche. Il testo in materia parla esplicitamente di: «Orrendo capitolo della storia della civiltà!» e passa poi in rassegna vari anatemi, con toni che non stonerebbero nella tremenda pièce di Witold Gombrowicz Operetta, in cui la creazione di abiti diventa l’origine della fine del mondo.
Come ci si veste, di Adolf Loos, traduzione di Ludovica Vigevano, 92 pp., Skira, Milano 2016 € 14,00

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