Guglielmo Gigliotti
Leggi i suoi articoliLuca Beatrice, prima di essere, da fine 2023, presidente della Fondazione La Quadriennale di Roma, e di essere stato curatore del Padiglione Italia della Biennale del 2009, nonché autore di numerosi libri, è un uomo di destra. «Sì, sono di destra, ed è questo che ha suscitato le polemiche attorno all’idea di dedicare una sezione della prossima edizione della Quadriennale del 2025 alla Quadriennale del 1935. Sono attacchi politici, che non hanno a che fare con l’arte e la sua conoscenza. Io sono di destra, e quando la destra è al governo, vengo preso in considerazione dalle istituzioni pubbliche, esattamente come tanti miei colleghi di sinistra vengono prescelti in momenti in cui al governo c’è la sinistra».
La Quadriennale del 1935 fu inaugurata da Mussolini…
La Quadriennale del ’35, la seconda della sua storia, è stata anche la più bella della sua storia. Lo dicono Elena Pontiggia e Carlo Fabrizio Carli in un libro Electa del 2006, La Grande Quadriennale 1935. La cura della sezione su questa Quadriennale storica è di Walter Guadagnini, uomo assolutamente di sinistra. Come di sinistra sono proprio la Pontiggia o Fabio Benzi, che tanto hanno scritto dell’appuntamento del ’35, per non dire di Enrico Crispolti, mio maestro alla Scuola di Specializzazione di Siena, che tra le tante cose che mi ha insegnato, e di cui faccio sempre tesoro, c’è la libertà di pensiero. Lui trattava il realista Guttuso come lo spazialista Fontana, artisti comunisti e artisti fascisti o che vissero durante il fascismo.
Un articolo uscito recentemente su «la Repubblica» fa riferimento ai futuristi che esposero alla Quadriennale del ’35. Ma la loro presenza si limitò a una sala, e infatti noi porteremo circa 30 opere di Scipione, de Chirico, Severini, Marini, Mafai, Donghi, Martini, Cagli, Carrà, Broglio, Licini, Regina, Fini, Levi, Cagnaccio di San Pietro e altri. Molti di questi sono stati trattati nella mostra «Roma 1934», del 1986, alla Galleria civica di Modena, a cura di Giuseppe Appella e Fabrizio D’Amico, quest’ultimo firma a sua volta di «Repubblica». Bella coincidenza. Noi, nella prossima Quadriennale, presenteremo opere d’arte realizzate durante il fascismo, non opere fasciste. E se questa mostra fosse stata fatta in un altro momento politico del paese, sarebbe passata inosservata.
Sarà una Quadriennale «fantastica»?
Sì, nel senso però del verbo, che è un invito a riscoprire la potenza del simbolico e la forza dell’immaginazione, che è soprattutto dentro di noi.
Lei è un torinese a Roma: Roma è bellissima e difficile, o bellissima e impossibile?
Nulla è impossibile. Impossibile, semmai, è vivere in certe province dell’America profonda. È una grande fortuna nascere a Roma, e confrontarsi con queste bellezze. E poi c’è l’ironia, e il sarcasmo del romano, che sono straordinari. Io lo so bene, perché a Roma ci ho vissuto tutti gli anni ’90, qui mi sono sposato con la mia prima moglie, Cristiana Perrella, qui è nata mia figlia Giulia, che è romana in tutto. Sto proprio pensando di trovare di nuovo casa a Roma, la Quadriennale sarà molto impegnativa, ed è meglio starle vicino.
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