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Mario Schifano, «Casa», 1989 (particolare)

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Mario Schifano, «Casa», 1989 (particolare)

L’ultimo Schifano in mostra a Roma: la rinascita della pittura

Presso Tiber Art sono esposte opere realizzate tra gli anni ’80 e ’90 attorno a soggetti come ninfee, nature morte, palme e paesaggi inventati

Dal 28 marzo al 18 aprile, la Galleria Tiber Art di Roma presenta uno spaccato dell’ultima stagione dell’arte di Mario Schifano (1934-98), quella segnata dal ritorno alla pittura, stesa sulla tela con pennellate vorticose e densi impasti materici. «Ultimo colore» è il titolo di questa mostra, curata da Federico Papa e introdotta in catalogo da un testo critico di Guglielmo Gigliotti

Nello spazio espositivo ubicato nel cuore di Roma, in via di Parione, dodici tele degli anni ’80-’90 presentano così l’ultima fase di arte e di vita dell’artista romano, quella segnata dalla nostalgia per la pittura dipinta, all’insegna di un gusto neo-espressionista e neo-informale, in sintonia con quanto stavano facendo gli artisti della Transavanguardia italiana, dei Nuovi Selvaggi tedeschi e della Bad Painting americana. Nelle opere, percorse da colature, rapidi segni avvolgenti e ribollenti masse cromatiche, che fanno assomigliare le immagini a una tempesta gioiosa del colore, figurano i temi più amati dall’artista in questa fase ultimale di creatività: palme, case, alberi, ninfee, natura morte, paesaggi inventati

Scrive Gigliotti in catalogo: «Il torrente di pittura materica, stesa a gesti rapidi e convulsi, di questa stagione “ultima”, è un tuffo nella gioia infantile e selvaggia del libero dipingere. Un tuffo nel mare del colore, tra onde di verde, bianco e blu (le cromie più frequenti), che avvolgono e sostanziano case, oggetti, alberi e ninfee, rappresentando il tutto come scosso dal fremito della vita vibrante, dolorosa e felice, la vita di Mario Schifano». Mai come in questa stagione, per l’artista, che fu natura tormentata, l’arte incarna la funzione di nevrosi creativa, guidata da una grande energia esistenziale e da un horror vacui, che induceva l’artista a produrre molto e rapidamente. Scrive ancora Gigliotti: «La tempesta di colori, la grandine di segni, le voluttuose spire delle pennellate di questa stagione ultima-prima, esprimono anche il senso di una catastrofe rigenerativa. Schifano, accompagnato per tutta la vita da una innata propensione alla creazione e da una predisposizione all’autodistruzione, conosceva bene il potere curante di un impeto espressivo che si traduce in visione, in volo fantastico, in riscoperta stupefatta della magia dell’immagine».

Di grande poesia sono gli omaggi a Monet, con quadri in cui campeggiano ninfee bianco-lilla. Sono il manifesto di una storia dell’arte interiorizzata, entrata nel modo di vedere e dipingere le cose. Pochi sono infatti stati, come Schifano, animali pittorici e nature umane in cui l’arte è quasi un istinto.

Mario Schifano, «Ninfee», 1990-91

Gaspare Melchiorri, 24 marzo 2025 | © Riproduzione riservata

L’ultimo Schifano in mostra a Roma: la rinascita della pittura | Gaspare Melchiorri

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