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Davide Hockney, «Christopher Isherwood and Don Bachardy», 1968

Christie’s

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Davide Hockney, «Christopher Isherwood and Don Bachardy», 1968

Christie’s

L’ultimo, e milionario, «douple portrait» di David Hockney disponibile sul mercato è in asta da Christie’s

«Christopher Isherwood and Don Bachardy», all'incanto a novembre, a New York, è un'opera museale il cui valore si avvicina ai più grandi capolavori del pittore mai venduti

Davide Landoni

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Nel sole dorato della California del 1968, David Hockney dipinge un momento di quiete apparente. Una quiete che cela una forza destinata a farsi icona. In un salotto di Santa Monica, tra persiane semiaperte, libri impilati e una ciotola di frutta, siedono due uomini. Sono lo scrittore Christopher Isherwood e l’artista Don Bachardy. I loro corpi sono vicini, ma lontano dallo sfiorarsi. Le loro pose misurate, i volti intensi. Non si guardano, eppure tutto parla di un’intimità profonda, non ostentata ma nemmeno nascosta. Un sentimento sottile che il pittore inglese ha infuso in «Christopher Isherwood and Don Bachardy». Uno dei primi ritratti doppi dell'autore, e ad oggi l’ultimo (della serie di sette opere) ancora in mani private. Lo sa bene Christie's e lo sanno bene i suoi collezionisti, pronti a darsi appuntamento nella «20th Century Evening Sale» di novembre, a New York, quando il quadro sarà venduto.

Dipinto all’apice della rivoluzione culturale degli anni Sessanta, l’opera segna una svolta formale e personale per Hockney. Le dimensioni monumentali (oltre due metri per tre) non schiacciano, ma esaltano la delicatezza della scena. Isherwood siede composto, elegante, lo sguardo perso altrove; Bachardy lo fissa, diretto, sicuro. Entrambi sono ritratti con precisione quasi fotografica. Ma è nella relazione invisibile tra i due, come detto, che Hockney costruisce la vera tensione. E poi c'è la luce limpida e tagliente della California, che avvolge la stanza e i corpi come un velo narrativo. Sotto di essa una dichiarazione silenziosa ma potente: il ritratto di una coppia omosessuale in un’epoca in cui l'immagine non era affatto scontata. La scelta di rappresentare la loro relazione senza filtri né drammi, in un contesto domestico e sereno, è forse l’aspetto più radicale dell’opera. Hockney non grida, non denuncia. Semplicemente mostra.

«Un momento nel tempo immortalato per sempre dal pittore più importante dei nostri tempi», ha scritto Sir Norman Rosenthal, curatore della mostra «David Hockney 25», esposta alla Fondation Louis Vuitton di Parigi l'anno scorso. Un'occasione che ha rappresentato solo l'ultima di una serie di importanti mostra a cui il dipinto ha preso parte negli anni, dal LACMA di Los Angeles al Centre Pompidou di Parigi, passando per la Tate Britain e il Metropolitan di New York. A rafforzarne il già elevato valore artistico e sociale, c’è poi la rarità dell'opera. I ritratti doppi di Hockney sono infatti solo sette. Quattro appartengono a collezioni museali, due sono già stati protagonisti, eccome, sul mercato privato. «Portrait of an Artist (Pool with Two Figures)» è stato venduto per oltre 90 milioni di dollari, ed «Henry Geldzahler and Christopher Scott» per quasi 50. 

L’opera si candida dunque tra gli highlight assoluti dell'autunno d'aste, come ovviamente della stessa «20th Century Evening Sale». Nello stesso catalogo troviamo anche altri lavori significativi, tutti ovviamente dei grandi autori Novecento. Da Andy Warhol, presente con un iconico ritratto serigrafico, a Joan Mitchell, rappresentata da una tela carica di energia cromatica. E ancora un'intima composizione di Lucian Freud, una scultura di Alexander Calder e un rarefatto paesaggio di Edward Hopper. Tutte splendide opere che ritroviamo idealmente appese in un salotto, quel salotto di Santa Monica che guida l'asta e i suoi lotti. «Christopher Isherwood and Don Bachardy», a cinquant'anni da quel pomeriggio sul divano in cui venne dipinto, è più potente ed eloquente che mai.

Davide Hockney, «Christopher Isherwood and Don Bachardy», 1968

Davide Landoni, 22 settembre 2025 | © Riproduzione riservata

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