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Giorgio Bonsanti
Leggi i suoi articoliDedicata alla scultura la quinta edizione del Convegno internazionale delle Cattedrali
La V edizione del Convegno internazionale delle Cattedrali Europee tenutosi a Pisa a metà ottobre era dedicato al patrimonio scultoreo; i quattro precedenti: generalista, manutenzione e conservazione programmata, vetrate, pitture.
Certo se c’è un elemento identitario delle Cattedrali nei tempi lunghi delle loro costruzioni è proprio la decorazione plastica, esterna e interna. Il Duomo di Milano, come ricordato da Francesco Canali, contiene tremiladuecento sculture e settecento rilievi, e si continua a realizzarne di nuove… mille ad Amiens, duemilatrecento a Reims, descritta come la «Cathédrale idéale», «Monument des monuments» da Isabelle Pallot-Frossard nella sua magistrale ricostruzione della storia conservativa della chiesa.
In effetti, nel lessico vernacolare fiorentino si usava caratterizzare un oggetto qualsiasi (persona, cosa) che impiegasse troppo tempo ad assolvere a un suo compito dicendo che era «lungo come l’Opera del Duomo»; tipicamente, la costruzione di una grande Cattedrale è una «never ending story». In particolare, l’argomento riguarda le decorazioni plastiche esterne, siano figure a tutto tondo, rilievi o elementi architettonici figurati come i mostri-doccioni delle Cattedrali gotiche.
In alcuni casi, al degrado procurato dagli elementi naturali si è aggiunta l’opera dell’uomo: a Reims ad esempio i bombardamenti e le cannonate dei tedeschi nel primo anno della Grande Guerra.
Quali criteri seguire quanto alle problematiche di conservazione/restauro/sostituzione; e poi, quale sostituzione? Rifacimenti della statua com’era prima del danno? Calchi e riproposizione oggettiva di come si presenta adesso? Invenzione ex novo (con risultati in alcuni casi addirittura parodistici, come nelle scelte assunte a York e illustrate dal presidente della Cathedral Architect Association Andrew Arrol)? O magari farne del tutto a meno?
Le necessità diverse, in alcuni casi conflittuali, sono state elencate da Etienne Poncelet che parlava della Cattedrale di Amiens: il monumento come documento di cui conservare l’autenticità; però il monumento è di tutti e come tale dovrebbe mantenere la leggibilità delle sculture; il monumento è un «conservatoire des savoirs». In effetti a Milano gli scalpellini e tagliapietra sono ancor oggi una ventina e se si continua con le statue nuove a sostituire quelle ricoverate, occorrerà presto ingrandire il bellissimo Museo dell’Opera milanese, da poco ristrutturato.
Come si vede, gli argomenti di discussione non sarebbero mancati ed è un peccato che la struttura del Convegno, in cui in un amalgama non sempre efficace convivevano interventi di storia d’arte, altri sui restauri di singole opere d’arte, altri, i più riusciti, di storia della conservazione dei monumenti (oltre a quelli francesi menzionati, Burgos, Siviglia, Parma e la Ghirlandina di Modena), non abbia favorito un confronto sul campo più approfondito fra le diverse tradizioni nazionali.
Rimane nella memoria l’appello di Auguste Rodin in Les Cathédrales de France (1913): «Ne restaurez plus!».
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