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Una foto nella Manica Lunga con Helmut Newton al centro con i pantaloni bianchi

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Una foto nella Manica Lunga con Helmut Newton al centro con i pantaloni bianchi

Il primato del Castello di Rivoli nel restauro contemporaneo

Aperto per restauri • Diagnosi sul restauro da restaurare di Giorgio Bonsanti, già professore all’Università di Firenze

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Giorgio Bonsanti

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Lo scorso numero di «Il Giornale dell’Arte» era avviluppato in una sovracoperta di quattro pagine dedicata al 40mo anno di vita del Castello di Rivoli, oggi scenografico Museo di Arte contemporanea nei pressi di Torino. Sotto il titolo di «Album dei ricordi» potevate trovare un elenco anno per anno, dal 1984 a oggi, delle principali iniziative intraprese dal museo. Ero corso subito a controllare l’annata 1987, presagendo però che forse non avrei trovato quanto cercavo (come avvenne); né lo trovavo nel 2012. Non andavo cercando mostre, esposizioni o eventi del genere; ma due convegni, il primo dei quali riveste l’onere, di non poca responsabilità, di essere stato in assoluto il primo convegno sul restauro dell’arte contemporanea tenuto in Italia. Altri ne seguirono, a Ferrara, Prato, Venezia, Roma e via via; ma la prima volta che restauratori, storici, critici e artisti si trovarono a discutere fra loro di restauro del contemporaneo fu proprio quella. 

È dunque al 1987 che possiamo far risalire la nascita ufficiale di questo ambito di studi e di interventi; e coloro che vi parteciparono (io c’ero di mia iniziativa, perché interessato all’argomento, anche se non investito del compito di presentare un contributo) sentivano di assistere a un momento fondante. Il convegno era stato promosso e organizzato da due persone: il restauratore torinese Antonio Rava, che da allora si è accreditato come uno dei più giustamente conosciuti nel restauro del contemporaneo (ma non solo: per esempio, ha restaurato il «Dio Padre» di Giotto nella Cappella degli Scrovegni a Padova), e la critica e storica modenese Maria Cristina Mundici, all’epoca curatrice del museo e all’occasione sostituta del direttore di Rivoli Rudi Fuchs. Purtroppo non uscirono gli Atti, anche se alcuni degli interventi furono pubblicati qua e là secondo l’iniziativa dei singoli autori; ma anche questa circostanza fu una delle ragioni che indusse i benemeriti Rava e Mundici a riproporre a un quarto di secolo di distanza un altro convegno sull’argomento, sempre a Rivoli, grazie all’interessamento della direttrice Beatrice Merz

Nel 2012 si trattò dunque di un’occasione stupenda per verificare come si fosse evoluto in quel periodo il restauro del contemporaneo, tanto che il convegno, e poi gli Atti pubblicati l’anno successivo, comprendenti anche i contributi del 1987, furono intitolati Cosa cambia. Perché il restauro del contemporaneo, dal 1987 a oggi, è stato un cambiamento continuo, man mano che si moltiplicavano le applicazioni e che, tenuto conto delle continue innovazioni tecniche ma non risultando giudizioso né produttivo proporre una teoria specifica per il contemporaneo, si estraevano, discutevano e diffondevano linee di condotta e comportamenti metodologici partendo dai «casi studio» discussi nel mondo. Alcuni argomenti trattati nel primo convegno non sono più attuali (per esempio, se e quanto la teoria di Cesare Brandi sia applicabile anche al contemporaneo; ovviamente, un po’ sì e un po’ no); altri si sono un po’ arenati (per noi italiani, in linea di principio l’autore di un’opera non può restaurarla, non spetta a lui; ma in altri Paesi è diverso). 

Oggi ci si interroga (che cosa significa? Che cosa si fa?) sul restauro dell’Arte concettuale, della Video arte, sul valore dei «reenactment». E, in particolare, è venuta prepotentemente alla ribalta la questione dell’intenzione dell’artista: poterla accertare, in base a documentazioni o addirittura a testimonianze rilasciate dall’autore stesso, può indirizzare le scelte in un restauro, ma non è detto che la volontà dell’artista sia da seguire in tutto e per tutto. Ciò che conta è che gli interventi che si compiono vengano resi noti e descritti nei vari mezzi di divulgazione disponibili. Un po’ come nella giurisprudenza anglosassone, ci si avvia verso una situazione in cui la soluzione può scaturire proprio dal confronto con casi analoghi, cui ispirarsi ma anche, se del caso, da contestare. Oggi si pone indubbiamente un’attenzione molto maggiore alla conservazione preventiva e alle necessità di manutenzione; come anche, e qui gli sviluppi futuri sono davvero difficilmente immaginabili fin d’ora, alle necessità imposte dalla salvaguardia dell’ambiente, inteso nel suo significato più comprensivo, in rapporto con il restauro del singolo oggetto. Sempre più il restauro si conferma come progetto a largo raggio, che precede, ingloba e indirizza verso il futuro il manufatto specifico cui si applica l’azione di conservazione. Anche per tutto quanto ho succintamente ricordato, dunque, è bello rivolgere al Castello di Rivoli un grato pensiero. 

Giorgio Bonsanti, 09 gennaio 2025 | © Riproduzione riservata

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