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Maria Cristina Crespo
Leggi i suoi articoliDurante una vacanza trascorsa pigramente in piena emergenza siccità, mancanza d’aria e sole implacabile in una pianura padana deserta, in un bellissimo relais ricavato da un chiostro che pare il set della Grande Bellezza, con i tavoli e le tovaglie sparecchiate dal vento, abbandonate, segno di passati ricevimenti sotto climi migliori, mi pareva di sentire le note della colonna sonora di Arvo Part. Soltanto a colazione ho avuto a fianco un tavolo di tedeschi. Eravamo gli unici clienti.
E alla Rocca di Soragna, alla visita guidata delle 17, ci siamo trovati in tre a percorrere le stanze deserte riccamente decorate, una dentro l’altra, seguendo l’ottima guida…quanti capolavori! Alcuni li riconosco, erano stampati sulle tessere del FAI, gli affreschi incorniciati da stucchi con trompe l’oeil di piante in primo piano, ritratti in cornici barocche doratissime, insiemi decorativi dal XVI al XVIII secolo rimasti intatti, con le proprie originali stoffe da parati, gli intagli, i fregi, le suppellettili. Tanti gli artisti che si sono succeduti, dai manieristi, agli scenografi Galli da Bibbiena all’alfiere del neoclassicismo Appiani.
E non poteva mancare, come in ogni residenza aristocratica che si rispetti, la sala con le imprese degli avi, la Grande Galleria affrescata dai Bibbiena attorno al 1696 con le gesta degli avi. Erano stati capitani di ventura, i Meli Lupi, e poi si erano distinti nella Battaglia di Lepanto, qui ricordata incorniciata da stucchi raffiguranti i turchi. E poi c’è una buffa scena, l’artista la ricostruisce cercando di dare importanza al protagonista, nientemeno che l’imperatore in persona. Osservo e vedo un grande tavolo ovale bianco con a sinistra seduto Carlo V.
L’imperatore è solo e pregusta le vivande che stanno per porgergli i servitori. All’estrema destra, seduto a un tavolinetto sempre ovale, c’è Giampaolo Meli. E’un grandissimo onore pranzare con l’imperatore, tanto da essere immortalato nell’affresco, seppure a un tavolo più piccolo, e anche con un volatile più piccolo come pasto; all’imperatore stanno offrendo quello che sembra un tacchino, all’ospite un piattino con dentro forse una piccola quaglia; Carlo V ha di fronte una torta farcita, il Meli un piccolo panino, per rispetto delle distanze. Un tavolo ovale bianco con un imperatore che vi siede da solo: una scena già vista, potremmo dire molto attuale. C’è qualcosa che in Europa non abbiamo già visto?
La storia racconta che Carlo V, dovendosi recare a Bologna per essere incoronato Imperatore da Papa Clemente VII, si ferma a Soragna per dirimere una diatriba in corso relativa alla successione a Diofebo I Lupi, morto nel 1514. Grazie all’incontro con l’Imperatore, Giampaolo Meli, nato nel 1508, ottenne in feudo i possedimenti, il titolo nobiliare dei Lupi e la possibilità di aggiungervi il proprio cognome. Da allora sullo stemma di famiglia venne aggiunta l'Aquila Bicipite della casa d’Asburgo.
Quello che colpisce è in che modo i Bibbiena abbiano espresso la distanza tra i due personaggi e nello stesso tempo l’onore che ne derivò per la prestigiosa famiglia, che sembra solo apparentemente esprimere una modestia di maniera ma che in realtà sta ostentando l’amicizia con un imperatore. Niente che somigli agli attuali ricevimenti ai due capi di bianchi tavoli ovali…
L’amica Severi mi ricorda la diffusa usanza di pranzare in questo modo tra due «diversamente potenti», come nel caso dello storico pranzo del 1668 della Regina Cristina di Svezia con papa Clemente IX nel palazzo del Quirinale a Roma, sotto un baldacchino-palcoscenico con numerosi spettatori ad ammirarne le portate e l’allestimento sontuoso, lui naturalmente seduto ad un tavolo più grande. Fu immortalato in una stampa d’epoca e raccontato in un manoscritto conservato alla Biblioteca Casanatense, in cui Antonio degli Effetti descrive tutte le portate dei menù e tutto il contorno, apparecchiato per coinvolgere i cinque sensi.

L'affresco dei Bibbiena raffigurante il banchetto tra Carlo V e Giampaolo Meli