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Raffaella Roddolo
Leggi i suoi articoliLa chiesa di Santa Teresa d’Avila, gioiello barocco nel centro cittadino, torna a splendere dopo un lungo e complesso restauro filologico. Fu costruita nella seconda metà del Seicento dai Carmelitani scalzi con il contributo di Cristina di Francia, la Madama reale moglie di Vittorio Amedeo I di Savoia, che è sepolta nella prima cappella a destra su progetto attribuito ad Andrea Costaguta, mentre la facciata, ispirata a quella juvarriana di Santa Cristina, fu completata nel 1764 su probabile progetto di Carlo Filippo Aliberti, allievo di Benedetto Alfieri.
La chiesa custodisce opere di pregio, quali l’altare di Amedeo di Castellamonte nella cappella di San Giovanni, tele del Moncalvo, di Charles-Claude Dauphin e di Vittorio Amedeo Rapous, nonché due porte intarsiate da Pietro Piffetti, il più celebre ebanista piemontese.
Significativi interventi di manutenzione si sono succeduti sin dal Seicento poiché, a causa delle numerose infiltrazioni piovane, stucchi e affreschi furono da subito oggetto di degrado. Nel Settecento Juvarra ridisegnò il transetto e le due cappelle laterali all’altare maggiore (rifatto nel 1844 a causa di un cedimento strutturale). Negli anni Settanta dell’Ottocento Rodolfo Morgari, oltre a eseguire la decorazione di numerose volte, riplasmò gli stucchi dorati e le paraste dando unità di lettura all’edificio.
A seguito dei bombardamenti del 1943, che causarono gravissimi danni, il genio civile consolidò le parti strutturali, le pitture e le dorature stendendo strati incoerenti e colle viniliche. Si data al 1956 un ultimo intervento, dell’architetto Baraldo, nella cappella centrale sul lato sinistro, sostanzialmente ridisegnata.
L’obiettivo principale del recente restauro, preceduto da un lungo lavoro di ricerca storica iniziato nel 2009, è stato il ripristino dell’unitarietà acquisita nell’800, smantellando tutti i materiali incoerenti e mortificanti degli interventi del genio civile. L’intero progetto è stato finanziato dalla Compagnia di San Paolo per 2.550.000 euro suddivisi in tre lotti. Il primo lotto, riguardante presbiterio e cupola (1 milione di euro), ha compreso anche il rifacimento, a spese dei Carmelitani e del Comune, di tutta la copertura (250mila euro). Con il secondo lotto (850mila euro) si è intervenuti sulla navata e si è ritrovata la luminosità naturale con l’eliminazione delle coperture a falda inclinata delle cappelle laterali, che ostruivano per due terzi le grandi finestre a serliana, e con il recupero dei colori originali degli affreschi e dei decori tramite il descialbo di tante ridipinture scure. Per le cappelle laterali, terzo lotto di lavori (700mila euro) l’impegno è stato considerevole per le cattive condizioni di conservazione in particolare di quelle seicentesche.
Il restauro è stato pensato ad hoc per ogni cappella, ognuna con una storia differente, ma il cantiere è stato organizzato in contemporanea per poter coordinare il livello di intervento fra componenti architettoniche e decorative.
A tal fine, assai proficuo si è rivelato il lavoro di squadra tra storici dell’arte, architetti, restauratori e Soprintendenze. Sono partite intanto le ricerche dei finanziamenti per l’ultimo lotto, concernente le due cappelle juvarriane.