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Lavinia Trivulzio
Leggi i suoi articoliA Hollywood c’è un oggetto capace di valere più di un Basquiat, più di un Koons e più di certi Picasso finiti in asta negli ultimi anni. Un oggetto minuscolo, fragile, scintillante, nato nel 1939 e sopravvissuto a studi cinematografici, musei, furti rocamboleschi e leggende. Sono le scarpette rosse di The Wizard of Oz, indossate da Judy Garland e vendute da Heritage Auctions per 32 milioni di dollari a dicembre 2024: la cifra più alta mai pagata per un memorabilia hollywoodiano. Da quando è stato annunciato il risultato, il mercato dell’intrattenimento – e forse anche quello dell’arte – ha capito che qualcosa si è spostato. Una soglia è stata superata. E non c’è marcia indietro. Le scarpette rosse sono molto più di un accessorio di scena. Sono un talismano culturale. Le abbiamo viste sulle locandine, sulle tazze, in ogni citazione pop degli ultimi 80 anni; e anche chi non ha mai visto il film sa perfettamente cosa rappresentano. Sono l’infanzia, il viaggio, il desiderio di casa, la magia. E soprattutto sono l’immagine-simbolo della nascita del cinema come linguaggio globale.
Questa familiarità totale è il primo ingrediente del loro valore: non serve essere collezionisti per riconoscerle, e questo le rende parte di un immaginario condiviso da milioni di persone. Oggi ne esistono quattro paia certi. Quello venduto è forse il più “narrativo” di tutti. Negli anni 2000 faceva parte della collezione di Michael Shaw, che le prestava regolarmente ai musei. Nel 2005 furono rubate in piena notte dal Judy Garland Museum, un colpo da manuale. Dell’oggetto non si seppe più nulla per oltre dieci anni, fino al 2018, quando l’FBI le recuperò in una lunga operazione sotto copertura. Le scarpette tornarono così sotto i riflettori: non come un cimelio, ma come un personaggio vero e proprio, con una biografia rocambolesca degna di capitanare una saga.
La cifra è impressionante, ma non del tutto sorprendente. Negli ultimi anni il mercato dei memorabilia è completamente cambiato: è cresciuta una nuova generazione di collezionisti, abituata a cercare pezzi iconici più che opere d’arte tradizionali; i musei della cultura pop stanno moltiplicando le acquisizioni; e Hollywood stessa ha iniziato a valorizzare costumi e oggetti di scena come patrimonio storico. Il risultato? I memorabilia sono diventati reliquie laiche, capaci di competere con il mercato dell’arte contemporanea. Le scarpette rosse hanno semplicemente portato all’estremo questa trasformazione: sono perfette, riconoscibili, legate a un mito, rarissime e con una provenienza avventurosa. Un mix che nessuna opera d’arte può replicare allo stesso modo.
Il nuovo record non è solo una notizia di mercato. È un segnale culturale. Significa che gli oggetti del cinema non sono più considerati “souvenir” ma testimoni storici, capaci di incarnare epoche, estetiche, sogni collettivi. Le scarpette di Dorothy non sono state acquistate solo per quello che sono, ma per quello che rappresentano: l’idea che il cinema possa produrre icone tanto potenti da sfidare la storia dell’arte. E da oggi, per chi colleziona il mito, il traguardo dei 30 milioni non è più un tabù. È un punto di partenza. Che le scarpette rosse indossate da Judy Garland potessero fare un record era nell’aria. Ma 32 milioni di dollari erano difficili da immaginare persino per gli esperti di memorabilia hollywoodiani. Eppure il dato è lì, e racconta molto non solo del valore simbolico delle scarpette, ma anche del momento culturale in cui si trova The Wizard of Oz, tornato improvvisamente al centro dell’immaginario collettivo.
La ragione primaria del prezzo è la rarità. Dei numerosi modelli usati durante il set del 1939, oggi ne sopravvivono quattro paia completi e certificati. Nel mercato dei memorabilia, dove l’unicità è tutto, un numero così basso trasforma automaticamente l’oggetto in una sorta di reliquia moderna, paragonabile a un Rembrandt inedito o a un Cartier-Bresson ritrovato.
Chi compra queste scarpette compra la icona, non una copia.
Il paio venduto da Heritage Auctions aveva in più una storia irresistibile. Per anni appartenuto al collezionista Michael Shaw, venne rubato nel 2005 in un colpo notturno al Judy Garland Museum e ritrovato dall’FBI dopo 13 anni in una complessa operazione sotto copertura. Un oggetto che ha vissuto un “secondo film”: mistero, furto, mito, indagini federali.
Questo genere di narrazione aumenta il valore perché trasforma il memorabilia in una leggenda.
Le scarpette rosse non sono solo un costume cinematografico: sono uno dei simboli visivi più potenti del Novecento. Anche chi non ha mai visto il film sa perfettamente cosa rappresentano.
Questo livello di riconoscibilità planetaria è ciò che distingue i “super-memorabilia”: oggetti che parlano a tutti, non solo a cinefili o collezionisti.
Negli ultimi cinque anni il mercato dei memorabilia è stato “colonizzato” da una nuova categoria di acquirenti: gli investitori culturali, interessati a diversificare il loro portafoglio con pezzi iconici dal valore percepito altissimo e dalla disponibilità quasi nulla. Le scarpette di Judy Garland sono un bene rifugio emozionale: un oggetto che difficilmente perderà valore perché appartiene al mito.
La vendita da record non nasce nel vuoto. Da almeno un paio d’anni si registra un ritorno fortissimo di attenzione su The Wizard of Oz, con motivazioni culturali, sociali e industriali.
Il cinema contemporaneo è in piena fase di reboot, riletture, restauri.
E The Wizard of Oz è la pietra angolare del moderno “cinema del meraviglioso”:
il primo Technicolor indimenticabile, la struttura del viaggio iniziatico, la trasformazione della protagonista, la fusione tra effetti speciali e musical.
Rivedere Oz significa tornare alle origini del linguaggio cinematografico.
La nostalgia oggi è una delle forze più potenti nella cultura pop. Streaming, merchandising, mostre immersive e musei della cultura visuale hanno riacceso il desiderio per i grandi miti del Novecento.
Oz ha tutto ciò che serve a una nostalgia di massa: un’estetica riconoscibile, una colonna sonora leggendaria, un cast entrato nella storia, un messaggio universale (“There’s no place like home”). Biografie, mostre, libri sulla sua vita, documentari, nuovi studi: la figura di Garland vive un rinnovato interesse, legata ai temi contemporanei della fragilità, della pressione dell’industria e dell’identità.
E le scarpette – simbolo di Judy, ma anche della Hollywood dei grandi studi – incarnano perfettamente questo ritorno.
Musei dedicati a costumi e oggetti di scena (Los Angeles, New York, Londra, Parigi, Seul) hanno innescato un effetto domino di attenzione. Gli oggetti del cinema vengono conservati, esposti, studiati. Sono entrati pienamente nella categoria dei beni culturali e non soltanto dei “souvenir”. Il clamoroso ritrovamento dell’FBI nel 2018 ha riacceso il mito, seguito da mostre, podcast, docuserie, articoli. La loro vendita non fa che completare una narrazione lunga vent’anni, culminata con il record.
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