L’Hamburger Bahnhof, evocato dal direttore Sam Bardaouil come «un luogo dove le ombre della storia indugiano», si erge come un muto testimone delle trasformazioni di Berlino. Fondato come stazione ferroviaria nel 1848, fu chiuso nel 1884, incapace di sostenere l’espansione rapida della città, e successivamente riaperto come museo nel 1906. Nonostante una quasi totale distruzione durante la Seconda guerra mondiale, i resti delle vecchie ferrovie, usate per le deportazioni, permangono come moniti di atrocità attorno all’edificio. Salvato dalla demolizione da parte di privati nel 2022, l’Hamburger Bahnhof oggi incarna la responsabilità storica sentita dai direttori Sam Bardaouil e Till Fellrath, che, grati alla città di Berlino e ai suoi contribuenti, vedono nell’arte contemporanea un mezzo per ripensare le complessità insite nella società odierna.
In questo spirito, le Rieckhallen (un ex magazzino ferroviario che ora costituisce l’ala ovest del museo adibita a mostre temporanee) riaprono dopo 16 mesi di chiusura, ospitando dal 6 settembre al 18 maggio 2025 «Keep Walking», la prima personale in un museo tedesco dell’afroamericano Mark Bradford (Los Angeles, 1961). Gli ampi spazi della mostra ospitano oltre due decenni di opere (dipinti e sculture) che, con incisività, affrontano la discriminazione razziale e di genere, e le profonde ferite causate dalle disparità socioeconomiche vissute da Bradford e dalle sue comunità. South Los Angeles, il quartiere natio dell’artista, emerge come corpo sofferente e agitato, segnato dalla stigmatizzazione. È in questo contesto che Bradford sviluppa una tecnica distintiva, manipolando le tele con strati di carta, creando superfici scolpite, incollate o strappate. Queste superfici diventano matrici visive di oppressione e, al contempo, manifesti di resistenza.
In «Pinocchio is on Fire», ad esempio, le stampe di notizie oscurate si trasformano in pannelli neri che esprimono l’opacità della sessualità maschile nera e le difficoltà di accettazione della comunità gay. Nella serie delle «End Papers», invece, l’uso di sottili carte usa e getta, impiegate nei saloni di bellezza per proteggere i capelli dal calore e decisive per il trattamento del capello nero, riflette il passato lavorativo di Bradford accanto alla madre. Bradford utilizza colori complessi e materiali di scarto recuperati dall’ambiente urbano di Los Angeles: fatture stradali, manifesti e avvisi partecipano alle piccole economie informali del quartiere. Con i segni e i simboli della cultura popolare nera, l’artista trascende ogni specificità, elevando il discorso a un piano universale e collettivo, e questo approccio è evidente fin dalla prima sala, dove la serie «Train Timetables» esplora il tema del movimento incessante dei corpi nella storia, accostando la Grande Migrazione afroamericana all’Olocausto.