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Marx, vampiri e parcelle

Federico Florian

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«Il capitale è lavoro morto, che si ravviva, come un vampiro, soltanto succhiando lavoro vivo e più vive quanto più ne succhia», sosteneva Karl Marx. Metafora, questa del capitale come licantropo che si nutre di plusvalore operaio, straordinariamente al passo con il contemporaneo trend vampiresco, lanciato da serie tv ultrapop quali «Twilight» e «Vampire Diaries».

Se il discorso sul capitale, in questi ultimi anni, informa gran parte della critica d’arte (basti pensare alla lettura dal vivo dell’opera di Marx nell’Arena dell’attuale Biennale di Venezia), tale riflessione, a ben vedere, pare animata da un certo dark humour.

L’artista tedesco e londinese d’azione Lawrence Lek ha da poco prodotto l’ultimo capitolo della sua saga di «three-dimensional essays», come lui stesso li definisce, intitolata «Bonus Levels». Si tratta di software a metà tra videogame e animazioni, scaricabili sul proprio pc dal sito www.bonuslevels.net.
In «Unreal Estate», nono e ultimo episodio della serie, noi spettatori siamo i proprietari di una prestigiosa tenuta: la Burlington House, ovvero la sede della Royal Academy di Londra, ricostruita su un atollo del Pacifico. Lo scopo del gioco è quello di diventare «il padrone perfetto»: la voce dell’agente immobiliare (che parla in mandarino con sottotitoli in inglese) ci espone un decalogo di regole da seguire ai fini di una corretta amministrazione della proprietà, il cui pomposo stile palladiano tradisce tendenze monarchico-capitaliste.

Tra i suggerimenti, «gestire la servitù come una corporazione», «trattare le domestiche con distacco», «installare un cinema privato con schermo gigante per poter guardare “Stalker” per la centesima volta».

Lek si serve della simulazione virtuale come critica istituzionale: il suo umor nero anticapitalista nasconde una seria disapprovazione nei confronti della relazione tra arte, potere e investimento finanziario (di cui la Royal Academy diviene l’allegoria). 

Per restare in tema arte-lavoro-capitalismo, l’organizzazione newyorkese W.A.G.E. (Working Artists and Greater Economy), la cui missione consiste nel regolare i compensi agli artisti da parte delle istituzioni non profit, ha recentemente lanciato sul proprio sito un «calcolatore online dei compensi».

La parcella minima che spetterebbe a un artista che tiene una mostra personale, ad esempio, viene fissata a poco più di mille dollari per piccoli spazi come Apexart, a 10mila dollari per grandi istituzioni come la Dia Foundation o il Guggenheim Museum di New York. Per ora soddisfano questi requisiti minimi soltanto 15 spazi americani, ufficialmente certificati W.A.G.E. (nessuna traccia delle grandi istituzioni).

Interessante scoprire gli sviluppi futuri della battaglia. Nella speranza che W.A.G.E. non diventi acronimo di Without Any Given Emolument (Nessun Compenso Corrisposto). 

Federico Florian, 12 ottobre 2015 | © Riproduzione riservata

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