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Alcune opere della collezione di Mauro De Iorio

Cortesia di Mauro De Iorio

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Alcune opere della collezione di Mauro De Iorio

Cortesia di Mauro De Iorio

Mauro De Iorio: «C’è un nesso tra la mia collezione e la mia interiorità»

Il medico e collezionista con sede a Verona e Trento ritrova nell’arte le immagini della sua memoria ed è convinto del «potere curativo» della creatività: alcune opere sono esposte nei suoi ambulatori

Elisa Carollo

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Con le sue circa 700 opere, la collezione De Iorio è ad oggi una delle raccolte di arte contemporanea più ingenti del Paese, sia per volume che per qualità. La selezione operata negli anni dall’appassionato radiologo e imprenditore sanitario Mauro De Iorio pare essere mossa innanzitutto da un profondo interesse umanistico e da un’attenzione nei confronti delle espressioni psicologiche ed emozionali dell’umano. De Iorio dichiara che il suo collezionare è guidato prima di tutto dalla ricerca di lavori ricchi di simbolismi e archetipi universali, capaci di risuonare con l’emisfero più inconscio presente in ognuno di noi. A questo si aggiunge una decisa sensibilità, che lo ha portato ad acquisire opere narrative, manifestazioni culturali estremamente varie che non contemplano limiti di medium e dimensioni, talora di qualità museale. 

Oggi la grande collezione è collocata fra gli spazi delle case di Trento e Verona oltre a essere in parte esposta all’interno degli ambulatori medici che De Iorio possiede nelle due città. Inoltre, mosso dalla volontà di contribuire alla scena artistica locale, dove il contemporaneo è ancora poco presente, e parimenti di condividere messaggi e simboli veicolati dalle attuali ricerche, di fronte all’ambulatorio di Verona ha creato uno spazio espositivo per presentare al pubblico, in forma più o meno permanente, parte della collezione

A «Il Giornale dell’Arte» ha raccontato la sua esperienza di collezionista che ama condividere con gli altri la sua passione.

Partiamo dall’inizio: nel collezionare c’è sempre un primo acquisto che «sblocca il timore» e libera una passione che si trasforma in una pratica. Qual è stata la sua prima acquisizione? 
«Orfeo» di Giulio Paolini, un’opera a cui sono ancora molto legato, che ho acquistato nel 2002 a Verona da Massimo Di Carlo (Galleria dello Scudo, Ndr).

Ha un’opera in collezione a cui è più affezionato? 
Difficile. Direi le opere di David Altmejd, Miriam Cahn, Ettore Spalletti e Giulio Paolini.

Dove acquista con maggiore frequenza e quali sono le sue principali fonti di informazione?
Acquisto principalmente presso le gallerie, e mi informo soprattutto online, tramite i social come Instagram.

Ha un archivio completo della collezione?
Certo, ho un archivio e per gestirlo uso un software appositamente concepito per le collezioni d’arte, Artshell.

Che cosa cerca in ogni opera? 
Un’opera mi deve coinvolgere ed emozionare e non necessariamente in senso positivo. 

Quali sono i temi predominanti nella sua raccolta? 
Direi che l’attrazione che provo nei confronti dell’opera al momento dell’acquisto deriva principalmente dalle emozioni che mi suscita. Non c’è un vero e proprio fil rouge che attraversa la collezione, ma sicuramente ci sono delle tematiche ricorrenti. Diciamo il corpo, il volto, la morte e l’identità.

Qual è l’opera che più si pente di non avere comprato?
Come ogni collezionista, ho dei pezzi che vorrei aggiungere alla collezione ma che non sono ancora riuscito ad acquistare: lavori di Jana Euler e di Michael Armitage, ad esempio, e alcuni di Sanya Kantarovsky, artista di cui possiedo un dipinto e un monotipo, ma di cui vorrei avere un nucleo più significativo di opere.

La sua raccolta comprende anche installazioni e sculture che hanno dimensioni impegnative. A quanto pare ha deciso di condividerla, prima negli spazi dei suoi centri medici, poi con il progetto di una fondazione dotata di uno spazio espositivo nell’ultimo studio medico che ha aperto a Verona. Come è arrivata questa decisione di renderla «pubblica»?
Mi è piaciuto pensare che il visitatore potesse portarsi a casa un po’ dell’emozione che ho provato io quando ho visto per la prima volta le mie opere, così come il piacere provato nel farle dialogare tra di loro nei diversi spazi che le contengono.

Molti medici, soprattutto nel passato, hanno amato l’arte e oggi l’arte è considerata una terapia.
Certamente l’arte ha un «potere curativo». Per un collezionista come me c’è un nesso evidente tra le opere da cui sono maggiormente affascinato e le immagini presenti nella mia memoria e nel mio inconscio. Quando trovi proiettate nelle ricerche degli artisti le immagini che sono dentro di te, questo ti permette di elaborarle, una sorta di autoanalisi.

Mauro De Iorio davanti a due opere della sua collezione. Cortesia di Mauro De Iorio

Elisa Carollo, 29 gennaio 2025 | © Riproduzione riservata

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Mauro De Iorio: «C’è un nesso tra la mia collezione e la mia interiorità» | Elisa Carollo

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