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Miti e dèi transatlantici

40 sculture per un omaggio a Mascherini

Francesco Bordin

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La mostra «Mascherini e Padova», a Palazzo Zuckermann dal 5 maggio al 30 luglio, prende spunto dalle molteplici relazioni che legarono lo scultore (nato a Udine nel 1906 e morto a Padova nel 1983, ma triestino d’adozione) alla città veneta, a partire dalla giovanile partecipazione alla V Esposizione d’Arte delle Venezie del 1927, quando è inviato dal Sindacato, assieme al cinquantenne scultore Ruggero Rovan e a un nutrito gruppo di pittori, a rappresentare l’italianità di Trieste e della Venezia Giulia da poco annesse all’Italia.
 
Negli anni Trenta Mascherini partecipa a Padova alle prime mostre trivenete e nel 1939 è invitato da Gio Ponti (con cui aveva già lavorato nel 1931 per l’arredamento della nave «Victoria») a contribuire alla ristrutturazione del Rettorato dell’Università patavina con splendidi esempi di piccola plastica: Minerva e Apollo, i maniglioni bronzei per la porta del senato accademico, e il Crocifisso per la stanza del rettore.


Negli anni Quaranta espone alla neonata Galleria Le Tre Venezie, cenacolo di artisti e intellettuali, instaurando un sodalizio con l’artista padovano dello smalto Paolo De Poli; avranno in comune l’esperienza artistica sulle navi passeggeri, che diventeranno presto «da crociera». Dal 1931 al 1966 Mascherini realizza opere scultoree per l’arredamento di oltre ventiquattro navi. Nel 1957 i tentativi di collaborazione artistica tra Mascherini e De Poli arrivano a buon fine con il «Grande Gallo», scultura monumentale in rame sbalzato e smaltato multicolore, realizzata da De Poli su modello del «Gallo» (1951) di Mascherini; quest’ultimo, curiosamente, andrà ad abbellire la piscina coperta di prima classe della nave «Angelina Lauro».


Assiduo partecipante negli anni Cinquanta e Sessanta delle Biennali di Arte Triveneta e dei Concorsi Internazionali del Bronzetto, è ripetutamente membro delle commissioni giudicatrici contribuendo all’affermazione delle rassegne padovane, tra i cui fautori c’è anche il critico Umbro Apollonio, amico dello scultore e anch’egli triestino. L’infatuazione generazionale per Arturo Martini, scoperto da Mascherini alla I Quadriennale di Roma del 1931, è all’origine dell’equivoco avvenuto al IV Concorso Internazionale del Bronzetto del 1961: l’opera «Caino» (1936) viene erroneamente attribuita a Martini con il titolo di «Paura». Mascherini scompare nel febbraio 1983 proprio a Padova, dove coltivava molteplici amicizie. E quest’anno il Comune di Padova ha deciso di celebrarlo con una rassegna organizzata dal settore Musei e Biblioteche e corredata da un catalogo scientifico (Skira). In esposizione una quarantina di bronzi e bronzetti dal 1925 al 1974, scelti dai curatori tra le collezioni dell’artista e di alcuni privati del territorio. 


La mostra è anche l’occasione per rivedere opere come «Danzatrice» (1951) e «Amazzone» (1956), recentemente tornate in Italia dopo più di mezzo secolo di permanenza presso importanti collezioni straniere.
 

Francesco Bordin, 02 maggio 2017 | © Riproduzione riservata

Miti e dèi transatlantici | Francesco Bordin

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