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«Les Distractions de Dagobert» (1945) di Leonora Carrington

Cortesia di Sotheby’s

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«Les Distractions de Dagobert» (1945) di Leonora Carrington

Cortesia di Sotheby’s

Moderno e contemporaneo a NY: incassi oltre il miliardo

Nelle vendite di stagione da Sotheby’s e Christie’s, big fermi al minimo. Deludono Bacon e Fontana, successo della Carrington e di Salvo

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Alberto Fiz

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Il primo verdetto per la Biennale 2024 è stato un flop, almeno sotto il martello. Jeffrey Gibson, l’artista indigeno che in Laguna rappresenta gli Stati Uniti, è rimasto a bocca asciutta. «Always After Now», un manichino in legno, tessuti e cristalli di quarzo, non ha trovato alcun apprezzamento da parte dei collezionisti che il 13 maggio hanno affollato la sede in Upper East Side di Sotheby’s per assistere alla vendita inaugurale della stagione newyorkese. Gibson, con poche frecce al suo arco, era destinato a ritoccare il suo primato che resiste dal 2015. Invece la sua creazione non ha nemmeno sfiorato la richiesta, peraltro non esosa, di 150-200mila dollari ed è tornata al proprietario iniziale. 

Rimanendo in clima veneziano, è andata molto meglio a Leonora Carrington, l’ispiratrice dell’edizione 2022 della Biennale curata da Cecilia Alemani con il suo racconto per bambini Il latte dei sogni. La raffinata pittrice surrealista ha trionfato con «Les Distractions de Dagobert», un dipinto visionario che rimanda alla tradizione iconografica medievale. Ad acquistarlo è stato l’imprenditore Eduardo Costantini, fondatore del Malba, il Museo di Arte Latinoamericana di Buenos Aires, per 28,5 milioni di dollari, il doppio rispetto alle previsioni iniziali e ben dieci volte al di sopra del suo precedente primato che risaliva al 2014 quando da Sotheby’s a New York «The temptation of St. Anthony» non aveva superato i 2,7 milioni di dollari. In un solo balzo Leonora ha persino bissato Max Ernst, il suo vate, maestro e amante che aveva sempre occultato la sua arte conducendola verso la depressione. L’opera della pittrice e scrittrice britannica (1917-2011) era uno dei pochi capolavori imperdibili delle aste newyorkesi che sono state caratterizzate da un’offerta globalmente modesta dove sono mancati gli affidamenti da parte dei grandi collezionisti, com’era accaduto nel recente passato con la raccolta Macklowe

La sfida tra Sotheby’s e Christie’s è finita con un sostanziale pareggio e un fatturato globale di poco superiore al miliardo di dollari per le aste principali. Lo scarso entusiasmo ha coinvolto in particolare gli artisti top del dopoguerra che spesso hanno ottenuto prezzi vicino alle stime minime, rischiando di far cadere l’asticella se non fossero stati protetti dalle garanzie o dalle «irrevocable bid» (offerte irrevocabili). Il 14 maggio da Christie’s è accaduto persino che venisse ritirato «Event» di Brice Marden (è attualmente sparito dal sito) garantito direttamente dalla casa d’asta che, a quanto pare, ha preferito pagare il suo cliente evitando la competizione. Lo storico dipinto del pittore americano scomparso in agosto all’età di 84 anni sembrava una blue chip da primato e, non a caso, è stato proposto con spavalderia prima dell’asta a 30-50 milioni di dollari. Nessuno, tuttavia, ha risposto all’appello, costringendo la major a un gesto estremo che non ha impedito di mandare in ansia l’acquirente che il 10 luglio 2020 da Christie’s a New York aveva pagato un’opera simile 30,9 milioni di dollari. 

Il mercato cinico punta molto sull’«effetto cordoglio» (del resto è noto che muoiono sempre i migliori...) e il 13 maggio Sotheby’s ha scelto d’inserire nella propria asta «Ifafa I», una storica struttura metallica di Frank Stella, passato a miglior vita il 4 maggio scorso alla soglia degli 88 anni. Anche in questo caso però l’accoglienza postuma non è stata trionfale e l’opera ha cambiato proprietario per 15,3 milioni di dollari, a un soffio dalla stima minima. Da Sotheby’s la maggiore delusione è giunta da «Portrait of George Dyer Crouching» di Francis Bacon, che ritrae il suo amante appollaiato sull’orlo del baratro in un capolavoro drammatico che porta alle estreme conseguenze il cubismo di Pablo Picasso. Nonostante ciò, l’opera, rimasta per oltre mezzo secolo nella medesima collezione, si è trovata di fronte a un pubblico gelido e dopo una breve competizione ha chiuso la gara a 22 milioni di dollari, che con i diritti porta la cifra a 27,7 milioni, inferiore alla stima minima di 30 milioni e lontana anni luce dalle previsioni massime attestate a 50 milioni. 

«Portrait of George Dyer Crouching» (1966) di Francis Bacon. Cortesia di Sotheby’s

Non ha brillato nemmeno Lucio Fontana, sebbene ci fosse molta attesa per la sua seducente «Fine di Dio» gialla proveniente dall’importante collezione Rachofsky di Dallas,  specializzata in arte italiana con ben 800 lavori. La valutazione proposta da Sotheby’s è stata di 20-30 milioni di dollari, con la cifra massima che corrisponde al record di un’altra «Fine di Dio», anche questa gialla, venduta da Christie’s a New York il 10 novembre 2015 per 29,2 milioni di dollari. Quell’anno il «made in Italy» raggiunse il suo massimo livello di espansione internazionale con prezzi che per la formazione guidata dal maestro spazialista (ne fanno parte Enrico Castellani, Piero Manzoni, Paolo Scheggi, Agostino Bonalumi) non si ripeteranno più. Oggi la situazione appare radicalmente cambiata e la «Fine di Dio» si è dovuta accontentare di un’aggiudicazione pari a 22,9 milioni di dollari che la colloca comunque al terzo posto nella speciale classifica legata alle forme ovali più contese della storia dell’arte. 

Se sempre da Sotheby’s «Untitled», l’opera a quattro mani realizzata da Andy Warhol con Jean-Michel Basquiat, ha totalizzato 19,4 milioni di dollari, il prezzo più alto raggiunto dalla serie dei dipinti in collaborazione, da Christie’s il celebre graffitista è apparso lontano dalle sue performance più spettacolari. Il suo «Popeye» in versione italiana con la scritta «Braccio di Ferro» mescolata a un’altra infinità di segnali, era stato proposto con una stima a richiesta che nascondeva un prezzo vicino ai 40 milioni di dollari. Il 14 maggio invece è stato aggiudicato per 32 milioni di dollari

Nella stessa giornata, ma questa volta da Phillips, andava in scena un altro dipinto di Basquiat tra i suoi più caratteristici. Proveniva dalla collezione dell’editore e antropologo Francesco Pellizzi, scomparso nel 2023 a 83 anni. La casa d’aste aveva ipotizzato un incasso superiore ai 50 milioni di dollari (la stima era di 40-60 milioni) ma ha dovuto ridurre le aspettative in una gara che si è chiusa a 40,2 milioni.

Sul fronte dei classici i «Covoni» di Claude Monet hanno ottenuto il 15 maggio da Sotheby’s 34,8 milioni di dollari, mentre il giorno dopo da Christie’s «Coin de jardin avec papillon» di Vincent van Gogh è uscito dal purgatorio e dopo il clamoroso invenduto del 2018, quando era comparso senza paracadute da Christie’s a New York, è stato ripresentato dalla major che questa volta è riuscita a portare a compimento l’operazione ottenendo 33,2 milioni di dollari

Tra i pochi italiani in gara una «Natura morta» di Giorgio Morandi è stata aggiudicata il 15 maggio da Sotheby’s per 1,1 milioni di dollari rispettando le previsioni. Dieci anni fa la stessa opera, da Christie’s a Londra, aveva cambiato proprietario per 362mila sterline (450mila euro). Questo significa un incremento soddisfacente del 12% annuo. Certo, nulla a che vedere con le performance recenti di Salvo, diventato nell’ultimo biennio il più conteso tra gli italiani (insieme ad Alighiero Boetti), che nel 2025 sarà consacrato da un’antologica alla Pinacoteca Agnelli di Torino. Intanto il 15 maggio da Sotheby’s «Senza titolo», un suo paesaggio caramelloso con alberi giganteschi e case colorate senza finestre, è passato da una stima di 40-60mila dollari a un prezzo finale di 406mila dollari. In questi tempi grami è un miracolo il boom di Salvo. Finché dura.

«The Italian Version of Popeye has no Pork in his Diet» (1982) di Jean-Michel Basquiat. Cortesia di Christie’s Images Ltd. 2024

Alberto Fiz, 10 giugno 2024 | © Riproduzione riservata

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