Image

Verifica le date inserite: la data di inizio deve precedere quella di fine

Mona Hatoum, «Shift», 2012

© Mona Hatoum. Courtesy Galleria Continua, San Gimignano / Beijing / Les Moulins / Habana. Photo: Ela Bialkowska

Image

Mona Hatoum, «Shift», 2012

© Mona Hatoum. Courtesy Galleria Continua, San Gimignano / Beijing / Les Moulins / Habana. Photo: Ela Bialkowska

Mona Hatoum invita a guardare dietro le apparenze

Nel Museo Nivola di Orani opere storiche accanto a lavori recenti realizzati durante la residenza dell’artista in Sardegna

Mona Hatoum è nata a Beirut, in Libano, da una famiglia palestinese, ma vive a Londra dal 1975, quando lo scoppio della guerra civile libanese le impedì di fare ritorno nel suo Paese. Poi anche Berlino è diventata una «sua» città. Oggi l’artista, dopo una serie di residenze in Sardegna, dov’è stata per la prima volta lo scorso anno, è protagonista della mostra «Behind the Seen», allestita dal 4 ottobre al 2 marzo 2026 al Museo Nivola di Orani, in provincia di Nuoro. «Per quanto influenzata dalla sua esperienza personale e dalle sue vicende biografiche, spiega Giuliana Altea, curatrice dell’esposizione insieme ad Antonella Camarda e Luca Cheri, Mona Hatoum non vede nell’arte uno strumento di denuncia politica, ma piuttosto un mezzo per affrontare temi di valore e significato universali». 

Per la storia che ha vissuto, la mobilità, lo spostamento, hanno un posto importante nel suo lavoro; il suo rapporto con il luogo, inquieto e instabile, riflette una condizione tipica della contemporaneità. Altrettanto cruciali per il nostro tempo sono altre tematiche alla base del suo operare. «La dimensione del corpo, per esempio, prosegue la curatrice, vi riveste un ruolo centrale: i primi interventi performativi degli anni Ottanta esplorano direttamente la relazione tra corpo femminile, spazio urbano e dispositivi di sorveglianza. In seguito, il corpo scompare dalla scena, lasciando il posto a tracce, impronte od oggetti simbolici del confinamento: gabbie, letti, reti e schermi ospedalieri diventano metafore spaziali della sua assenza-presenza, evocando una soggettività vulnerabile, esposta al controllo». Scompare il corpo in senso letterale, ma non la corporeità, che continua a essere chiamata in causa nella relazione che gli spettatori sono portati a instaurare con lo spazio e con gli oggetti, attraverso un senso di minaccia e inquietudine, evocato anche dall’uso di materiali come il filo spinato, il ferro, il vetro, l’acciaio. 

Sono i temi che ritroviamo nella mostra di Orani, composta da un nucleo di opere storiche, o comunque preesistenti, accanto ad altre recenti che sono invece il risultato della residenza dell’artista in Sardegna. «Hatoum ama lavorare sulla base di soggiorni che le permettono di calarsi nelle realtà locali nelle quali è chiamata a intervenire, racconta ancora Altea. Da un lato, lontana dalle pressioni esercitate su di lei da città come Londra o Berlino, trova in queste esperienze un’occasione di concentrazione e riflessione più profonda, dall’altro ne trae stimoli diretti per la sua ricerca. In Sardegna, ha lavorato con gli artigiani del posto, agganciandosi a un tessuto produttivo locale artigianale ancora oggi molto ricco». Dal paese di Bitti provengono, per esempio, delle gabbie in ceramica, realizzate con il laboratorio artigiano Terra Pintada, utilizzate per le sue sculture: «Se l’oggetto di per sé possiede connotazioni negative, di confinamento e reclusione, spiega Altea, la tecnica con cui è stato realizzato richiama rassicuranti associazioni con l’ambiente domestico. Hatoum ama rendere inquietante ciò che è familiare, e al tempo stesso rende preziosi e seducenti oggetti di per sé carichi di minaccia». Tutti aspetti sviluppati nella mostra di Orani, il cui titolo, «Behind the Seen», propone un gioco di parole, alludendo sia al significato di «visto» (seen) ma anche di «scena» (scene). L’invito è di guardare dietro le apparenze, verso gli spazi nascosti dell’esperienza umana, la memoria, il trauma, l’identità e il desiderio di resistenza.

Mona Hatoum, «Cage-à-Deux», 2002. © Mona Hatoum. Courtesy White Cube. Photo: Hugo Glendinning

Camilla Bertoni, 27 settembre 2025 | © Riproduzione riservata

Mona Hatoum invita a guardare dietro le apparenze | Camilla Bertoni

Mona Hatoum invita a guardare dietro le apparenze | Camilla Bertoni