La retrospettiva di Ljubov’ Sergeevna Popova (1889-1924) aperta fino al 27 febbraio nel Museo Ebraico e Centro della Tolleranza di Mosca (dal 17 al 19 febbraio presso la Galleria statale Tret’iakov e il Museo ebraico di Mosca si svolge una conferenza accademica internazionale a lei dedicata) rende l’omaggio dovuto a una delle star più brillanti dell’avanguardia russa. È vero che l’artista è già stata celebrata in precedenza, in autorevoli monografie come quelle dedicatele da Dmitrij Sarab’janov a Galart, Mosca, nel 1994, da Natal’ja Adaskina a Gordeev,3 Mosca nel 2011, e nelle mostre «L.S. Popova 1889-1924» alla Galleria Statale Tret’jakov di Mosca e al Museo Statale Russo di San Pietroburgo nel 1990 (a cura di N. Adaskina e D. Sarab’janov); «Liubov Popova» al MoMA di New York, e altre istituzioni, nel 1991-92 (a cura di Magdalena Dabrowski); «Rodcenko and Popova» alla Tate Modern di Londra e al Museo statale di arte contemporanea di Salonicco; al Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofia, Madrid, 2009-10 (a cura di Margarita Tupicyna); e ancora «Liubov Popova: Form, Color Space» al MOMus di Salonicco nel 2019 (a cura di Maria Tsantsanoglou, Natal’ja Adaskina e Andrej Sarab’janov).
Tuttavia, questa mostra, con il suo titolo accattivante «Ljubov’ Ljuba Sergeevna Popova Ljubočka» (il grande collezionista Georgij Kostaki si riferiva sempre a Popova come «Ljubočka»), è un’indagine ancora più completa e certamente più esaustiva sulle attività di Popova come pittrice, scenografa, designer di tessuti e teorica.
Dedicata alla memoria della defunta Irina Pronina, una delle principali studiose della vita e dell’opera di Popova, e con quasi 300 pezzi, la mostra racconta l’evoluzione della sua arte dai primi studi con Ivan Dudin, Konstantin Juon e Stanislav Żukovskij ai suoi viaggi in Francia e Italia nel 1910 e 1913-14 (si iscrisse ai corsi con Henri Le Fauconnier, Jean Metzinger e André Dunoyer de Segonzac), per esaminare poi la sua amicizia con Vladimir Tatlin, Aleksandr Vesnin e altri collaboratori dello studio moscovita noto come La Torre, e il suo coinvolgimento con il Cubismo francese e il Futurismo italiano. Altri momenti significativi del suo percorso artistico furono l’attiva partecipazione a mostre radicali come «Fante di quadri», «Tram V», «0.10», «Negozio», «5 x 5 = 25» e «Erste Russische Kunstausstellung», il viaggio a Samarcanda nel 1916, l’elaborazione del Suprematismo di Casimir Malevič nella sua personale interpretazione della pittura astratta, da lei definita «pittura architettonica», per volgere infine la sua attenzione alle arti applicate dalla tipografia al teatro, alla moda e ai tessuti. Infine, anche se, a causa delle attuali sanzioni, le opere delle collezioni occidentali non sono presenti, molte di loro sono riprodotte nel catalogo che rappresenta un contributo molto importante alla nostra comprensione non solo dell’artista Popova, ma anche dell’ambiente culturale in cui ha vissuto e creato.
A tal fine, i curatori principali della mostra, Liza Kazakova e Anna Medvedeva, con l’appoggio di Julija Kaptanovskaja, Irina Praksina e Andrej Sarab’janov, hanno effettuato ricerche in numerosi archivi e biblioteche pubbliche e private, nonché musei metropolitani e regionali, instaurando un’intensa corrispondenza con parenti anche lontani dell’artista, storici dell’arte e collezionisti di tutto il mondo. Il risultato è uno splendido monumento non solo all’arte di Popova, ma anche alle ricerche rigorose e approfondite di curatori, consulenti e autori coinvolti.
Di particolare interesse, riflesso sia nelle sezioni documentarie della mostra sia nei saggi del catalogo, è la centralità della biografia di Ljubov’ Popova, che mette in luce nuovi elementi e informazioni sulla sua genealogia, la sua infanzia e adolescenza, sul fratello (il filosofo Pavel Popov), sul suo matrimonio con lo storico dell’architettura Boris fon Eding e la nascita del loro figlio. Un’attenzione speciale è dedicata all’amicizia con Vera Muchina e Natal’ja Udal’cova, e naturalmente con le altre Amazzoni dell’avanguardia. La sua risposta come artista alla Rivoluzione d’Ottobre si manifestò nell’agit-design e nell’insegnamento nelle nuove istituzioni artistiche quali Svomas/Vchutemas, Inchuk e negli Studi Teatrali Superiori Statali e infine nel suo sostegno senza compromessi al linguaggio costruttivista, in tutti i suoi progetti, fossero questi copertine di libri, porcellane, tessuti o scenografie.
Sia la mostra sia il catalogo dimostrano che, come Alexandra Exter, El Lissitzky e Aleksandr Rodčenko, Popova possedeva il raro dono di pensare sia in termini di due sia di tre dimensioni. Il suo desiderio di introdurre lo spazio come elemento creativo nella sua arte, incoraggiato dall’amicizia con Muchina e Tatlin, era già evidente nel 1915 nella serie di nature morte e dipinti che sottotitolò «pittura plastica», ben rappresentati in questa sede, così come nei suoi occasionali «rilievi» dello stesso periodo.
La mostra sottolinea anche l’interesse dell’artista per le relazioni spaziali sequenziali incapsulate nella grafica e nelle incisioni su linoleum del 1920-21, dove spesso imponeva una griglia di linee contrastanti sopra un complesso di piani di colore, un concetto che usò con grande successo nel design per tessuti del 1923-24. In effetti, la particolare sezione dedicata ai tessuti e ai disegni degli abiti di Popova offre una sorprendente anticipazione dell’Arte cinetica e dell’Op-art dei decenni a venire, e gli organizzatori hanno fatto bene a enfatizzarlo non solo attraverso gli schizzi e i prototipi stessi, ma anche nello spazio conclusivo, dove un apparato dinamico srotola strisce di stoffa basate sui disegni di Popova come in una fabbrica tessile.
La logica conseguenza dell’interesse di Popova per lo spazio fu la creazione di scenografie dei primi anni Venti, nelle quali si rivelò come una dei pochi autentici costruttivisti del teatro russo, per l’economia dei mezzi, l’austerità dell’organizzazione e per la sottile combinazione di forma reale e spazio reale. I progetti di scenografie per «Le Cocu Magnifique» e «Terra in subbuglio», inclusi nella mostra, hanno segnato l’apice della sua ricerca volta a risolvere la dicotomia tra superficie e spazio e a transitare agevolmente dallo spazio pittorico allo spazio reale.
Con i loro saggi in catalogo gli autori hanno reso un servizio prezioso, offrendo nuove prospettive sulle capacità creative di Popova, sul suo status familiare nel contesto sociale e infine sul suo debito verso il Modernismo internazionale. Evgenija Andreeva che ne ha studiato la famiglia, Ljubov’ Četveruchina che ha analizzato gli archivi, Liza Kazakova e Igor’ Smekalov che ce ne offrono una biografia per certi aspetti inedita, Dar’ja Kolpašnikova che si è occupata di «iconografia grafica», Anna Medvedeva della carriera artistica e Andrej Sarab’janov di vita e opera, meritano i nostri complimenti per la chiarezza, la precisione e l’entusiasmo con cui hanno descritto, analizzato e discusso la personalità e l’attività sottilmente stratificata di Ljubočka, la prima «amazonka» e faro dell’avanguardia russa.
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Una veduta della mostra «Ljubov’ Ljuba Sergeevna Popova Ljubočka» al Museo Ebraico e Centro della Tolleranza di Mosca