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Arianna Antoniutti
Leggi i suoi articoliUn corridoio lungo 186 metri che ospita una collezione di circa 3.600 iscrizioni romane: è la Galleria Lapidaria dei Musei Vaticani, una vera e propria biblioteca di pietra. Non aperta al pubblico per motivi di sicurezza, data la sua vicinanza agli appartamenti papali, il suo ricco patrimonio epigrafico è composto da lastre, cippi, urne, are, sarcofagi, giunti in Vaticano grazie a scavi, acquisti dei pontefici e donazioni di collezioni private. Le iscrizioni, in tufo, travertino, marmi bianchi e colorati, disposte nei due lati del corridoio, seguono una suddivisione tematica, a sinistra le iscrizioni pagane, a destra le cristiane. Sono ulteriormente organizzate in 48 pareti secondo il loro contenuto: la religione, gli imperatori, i consoli e magistrati, l’esercito, le professioni e i mestieri, la famiglia e la società, il cristianesimo, gli scavi di Ostia. La loro sistemazione si deve in gran parte all’abate Gaetano Marini coadiutore del prefetto dell’Archivio Vaticano dal 1772, prefetto dal 1798, primo Custode della Biblioteca Apostolica dal 1800. Questa preziosissima fonte di conoscenza del mondo antico e tardo-antico, che ci racconta la storia, le leggi, l’economia del popolo romano, ma anche la biografia e le occupazioni del singolo cittadino, è accessibile, come detto, ai soli studiosi, ma i visitatori dei Musei Vaticani possono vedere la magnifica infilata di iscrizioni attraverso il cancello settecentesco posto alla fine del Museo Chiaramonti.
La parete XLVII, dedicata a «Dii deaeque et sacrorum ministri», ovvero agli «Dei, dee e ministri del culto» è stata oggetto di un recente restauro, diretto dal Reparto Raccolte Epigrafiche ed eseguito dal Laboratorio restauro materiali lapidei, con la collaborazione del Gabinetto di ricerche scientifiche dei Musei Vaticani. Come ha commentato Rosanna Barbera, curatrice del Reparto, si è trattato di un intervento, condotto grazie a un cantiere pilota, che ha restituito leggibilità a lapidi annerite da secolari strati di polvere depositatisi sulle loro superfici, e a lapidi spesso ricoperte, lungo i margini, da sovrapposizioni di varia natura. «È stata ridata luce a una grande finestra sul passato, costituita dall’insieme delle 63 opere restaurate». Il restauro ha riguardato le fessurazioni sia delle iscrizioni sia degli intonaci, la rimozione di stuccature non più idonee, la pulitura delle iscrizioni, il risanamento dagli attacchi biologici, e infine la parete stessa, che è stata intonacata e tinteggiata. L’auspicio è che ora l’intervento conservativo possa proseguire sulle restanti pareti della Galleria Lapidaria, a partire dalla XLVIII, contenente iscrizioni cristiane datate.
La parete XLVII della Galleria Lapidaria
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