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Anna Aglietta
Leggi i suoi articoli«The Terror of War» è la fotografia che più di tutte rappresentò gli orrori della guerra del Vietnam, cambiando la percezione del mondo riguardo alla partecipazione degli Stati Uniti. E, secondo il documentario «The Stringer», presentato a fine gennaio al Sundance Film Festival, da oltre cinquant’anni il credito è attribuito al fotografo sbagliato.
È l’8 giugno 1972 (tre anni prima della fine del conflitto) e il villaggio di Trảng Bàng è appena stato bombardato dagli americani con il napalm: tra i numerosi locali che fuggono il bombardamento c’è Phan Thị Kim Phúc, una bambina di nove anni i cui vestiti sono completamente bruciati a causa dell’esplosione. Poche ore dopo, lo scatto che la ritrae mentre scappa nuda viene sviluppato negli uffici vietnamiti dell’agenzia di stampa Associated Press (Ap) ed è immediatamente inoltrato a New York, dove nasce un’icona. «Napalm Girl», come la fotografia è chiamata nella cultura popolare, diventa una delle immagini più riconoscibili del secolo.
A Nick Ut (pseudonimo di Huynh Cong Ut), il giovane fotografo vietnamita di Ap a cui è sempre stata attribuita la paternità dell’immagine, vengono assegnati diversi riconoscimenti internazionali, tra cui un Pulitzer Prize (1973), e un trampolino di lancio per una carriera internazionale da fotogiornalista che durò decenni. L’attribuzione dell’immagine non è mai stata messa in discussione fino a un paio di anni fa, quando Gary Knight, fotografo di guerra e cofondatore di VII Photo Foundation, ente dedicato alla protezione della libertà di stampa e alla formazione di giornalisti e fotografi, inizia a investigare una versione alternativa della storia. Il risultato delle ricerche di Knight e dei giornalisti Fiona Turner, Terri Lichstein e Lê Vân è presentato nel documentario «The Stringer» (2025), diretto da Bao Nguyen. In questo, a scattare la fotografia fu Nguyen Thành Nghe, un autista vietnamita che spesso collaborava con AP come «stringer», ovvero fornendo all’agenzia informazioni precise su vari avvenimenti e, occasionalmente, fotografie.
Alla base delle investigazioni c’è la confessione tardiva di Carl Robinson, all’epoca editore della fotografia presso l’ufficio di Ap di Saigon, il quale accusa Horst Faas, direttore della fotografia, di averlo obbligato a cambiare il credito dell’immagine, attribuendola a Nick Ut. Nei giorni precedenti alla première del film, Ap ha pubblicato un rapporto di 23 pagine in cui difende il proprio operato e afferma di non aver avuto accesso alle ricerche presentate da VII Photo. All’inizio del rapporto si legge che «nei sei mesi scorsi Ap ha condotto le proprie ricerche, che supportano la tesi storica che il fotografo era Ut. In assenza di nuove e convincenti prove, Ap non ha nessuna ragione di credere il contrario».
Entrambe le parti hanno diversi testimoni che difendono la propria tesi, un fatto non scontato visto che molte delle persone implicate (tra cui Faas) sono ormai mancate. Tra i personaggi principali, Nick Ut ha preferito non commentare, mentre Kim Phúc, che non ricorda nulla dell’attacco, ha difeso la versione ufficiale, ricordando come Ut avesse poi accompagnato sia lei che i fratelli in ospedale.
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