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Una veduta del Grand Egyptian Museum a Giza

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Una veduta del Grand Egyptian Museum a Giza

Nel nuovo Museo Egizio. Grande, anzi grandissimo. Faraonico

Bufale archeologiche • Scavi clandestini nella malarcheologia di Dario Del Bufalo, architetto pentito

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Dario del Bufalo

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Sono appena tornato dal Cairo dove ho tenuto una conferenza allo Ypo sui marmi e sulle cave egiziani e ho finalmente visitato il nuovo Grand Egyptian Museum, situato a Giza a pochi metri dalle famose piramidi, il museo archeologico più grande del mondo. L’apertura di questa enorme struttura è stata rimandata per ben 16 anni, partita con un progetto di uno studio d’architettura irlandese nel 2003 con data di fine lavori prevista nel 2009. Finanziata da banche giapponesi per un miliardo di dollari americani, si spera verranno restituiti dall’amministrazione egiziana in diversi decenni, con una stima d’introiti di biglietteria di circa 50 milioni di dollari l’anno. Possibile? 

Un progetto faraonico, è proprio il caso di dire, poggiato su un’area di 50 ettari, pari a 80 campi da calcio, con un accesso diretto dall’autostrada, un vasto parcheggio, una biglietteria con 12 sportelli e 20 tornelli di accesso, spazi interni alti 80 metri, colossali strutture di metallo, vetrate gigantesche, piazzali sconfinati. Il tutto dieci volte più grande del più grande dei centri commerciali italiani... perché paragonarlo a un centro commerciale? Non lo so, ma è la prima cosa che mi è venuta in mente pensando a questi spazi e a queste architetture che nulla hanno a che fare con l’Egitto e con i musei d’arte, bensì con il commercio del turismo internazionale mainstream da egittomania. Sembra un’enorme macchina da soldi dove le aree commerciali, i coffee shop e i bookshop per ora sono più grandi delle aree espositive. Forse è anche per questo grande coinvolgimento economico che la gestione del museo e la direzione dei lavori da ultimare sono state ora assegnate ai militari con a capo il colonnello delle Forze armate egiziane, il maggiore generale Atef Moftah

Ormai in Egitto è quasi tutto sotto il controllo militare per «ragioni di sicurezza» e di corruzione? Ma i militari leveranno le tende come previsto a progetto ultimato? Conoscendo un po’ il Paese credo che passeranno molti decenni prima che questo possa avvenire. Dal punto di vista strettamente museografico, ci sono molte cose che non funzionano. Hanno già posizionato molte sculture di marmo sull’enorme scalone centrale che è sovrastato da uno spazio infinito, con altezze di più di 40 metri e le grandi sculture che un tempo campeggiavano nelle aule ottocentesche del vecchio museo di piazza Tahrir, ora sembrano piccole e orrendamente illuminate solo dal basso, visto che i soffitti sono troppo alti per ospitare dei fari che da 40 metri di distanza non potrebbero dare una luce adeguata. Basti vedere il risultato ridicolo di luce sulla colossale e meravigliosa testa-ritratto di Akhenaton illuminata dal basso, sembra un pupazzo della Disney. Zahi Hawass, segretario generale del Consiglio supremo delle antichità egizie ed ex ministro del Turismo, ha detto: «La nostra archeologia è stata sempre nelle mani di stranieri, ora con questo nuovo centro, sarà solo nelle nostre mani». Credo che il problema sarà proprio questo. 

Che peccato che il vecchio museo nella piazza Tahrir sarà svuotato delle migliori collezioni e rimarrà come testimone del bel tempo che fu, quando Il Cairo e Alessandria erano città multietniche e cosmopolite, le vetrine erano di legno con i vetri soffiati, la luce a incandescenza dava ancora di più il senso di mistero e fissava l’epoca delle grandi scoperte nella Valle dei Re a cavallo tra Otto e Novecento, un po’ di polvere e odore di cera non guastavano. Per poco ancora, si può notare la perfetta illuminazione delle sculture come nelle due teste greco-romane. Le vetrine si stanno svuotando nei lunghi corridoi al primo piano, c’è aria di dismissione nel vecchio e fascinoso museo, amato da Agatha Christie e da tutti noi nati a metà del secolo scorso.

Per info o per segnalazioni: bufalearcheologiche@gmail.com

Dario del Bufalo, 30 ottobre 2024 | © Riproduzione riservata

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