Image

Verifica le date inserite: la data di inizio deve precedere quella di fine

Marino Marini, «Pomona», 1944 (particolare)

Courtesy of Fondazione Marino Marini, Pistoia

Image

Marino Marini, «Pomona», 1944 (particolare)

Courtesy of Fondazione Marino Marini, Pistoia

Nel tempo interiore di Marino Marini inquietudine e sofferenza non si placano

Oltre 100 opere distribuite tra la Galleria Comunale d’Arte Moderna e Contemporanea e la Fortezza Medicea tratteggiano un ritratto esaustivo dell’artista pistoiese dagli anni Dieci ai Sessanta

Sono Alberto Fiz e Moira Chiavarini i curatori della mostra «Marino Marini. In dialogo con l’uomo» che dal 4 luglio al 2 novembre è allestita negli spazi della Galleria Comunale d’Arte Moderna e Contemporanea e della Fortezza Medicea, dai suggestivi ambienti in pietra e laterizio situati in posizione apicale rispetto al centro storico. Il coordinamento scientifico è di Alessandro Sarteanesi, mentre produzione e organizzazione si devono a Comune e Fondazione Guido d’Arezzo su progetto dell’associazione culturale Le Nuove Stanze e Magonza, che pubblica il catalogo. 

Oltre 100 opere provenienti dal museo fiorentino e dalla fondazione pistoiese a lui dedicati tratteggiano un esaustivo ritratto dell’arte di Marino Marini dagli anni Dieci ai Sessanta. La Galleria in particolare ne accoglie le opere di formato più piccolo, mentre alle grandi sculture e alle opere monumentali sono dedicati i vasti spazi della Fortezza. «La doppia mostra proposta ad Arezzo, afferma Fiz, stupisce per l’attualità di un grande maestro che sottopone la forma a continue verifiche, compiendo una rivoluzione che si sviluppa attraverso una precisa consapevolezza della storia e dell’uomo. La sua è la capacità di cogliere un tempo interiore in cui inquietudine e sofferenza non si placano. Ad Arezzo approfondiamo il suo linguaggio nelle fasi salienti, dall’elaborazione di forme e figure mitiche e armoniose, al passaggio verso una crescente tensione stilistica e formale». 

Insieme ai «Cavalieri», esemplari di un’indagine in cui si scontrano forze opposte fisiche e psicologiche, la mostra presenta i «Miracoli», in cui l’equilibrio perfetto creato in precedenza dall’artista si sfalda, così come avviene per serie quali «I Gridi» e «I Guerrieri». Non mancano le celebri «Pomone», i «Giocolieri» e le «Ballerine». «Un aspetto distintivo della mostra alla Galleria Comunale, organizzata tematicamente in modo da mettere in relazione dialettica pittura e scultura, è la stretta relazione con l’antico, precisano i curatori. La Galleria si trova infatti accanto alla Chiesa di San Francesco che ospita le “Storie della Vera Croce” di Piero della Francesca, ed è significativo sottolineare i rapporti tra le figure di Marino e quelle del grande artista rinascimentale. In tal senso va evidenziata la presenza del dipinto “Le vergini” del 1916 del Museo Marino Marini o la “Zuffa di Cavalieri” del 1927 circa, ora agli Uffizi, che evocano le celebri composizioni della Cappella Bacci. Esponiamo anche per la prima volta, accanto ad alcune sculture arcaiche di Marino, le sculture ellenistiche in terracotta rinvenute durante gli scavi della Catona ad Arezzo (che l’artista vide pubblicate nel 1920 sulla rivista “Dedalo”) provenienti dal Museo Archeologico Nazionale Gaio Cilnio Mecenate». 

Affascinanti parallelismi tra pittura e scultura accostano ad esempio in Galleria opere come il dipinto «Orfeo» del 1956 e la scultura «L’Angelo della Città» del 1949-50, trovando forse la loro più significativa espressione nella sala dedicata ai «Gridi» e in quella delle «Pomone», soggetto che Marino ha definito come «la prima vera forma mia. Quei nudi rigogliosi sono nati dal confronto tra ciò che portavo dentro come un seme della mia naturale cultura e ciò che ho potuto vedere fuori di casa». «Accanto al teatro, dove spicca “Il giocoliere”, bronzo del 1939, un altro specifico ambito di ricerca è dedicato al ritratto, affermano ancora Fiz e Chiavarini. Marino ne ha realizzati poco meno di 150 e si possono leggere emblematicamente come princìpi intorno ai quali si sviluppa l’indagine sull’uomo. Tra le opere in mostra spiccano gli omaggi a Carlo Carrà, Filippo de Pisis, Massimo Campigli, Germaine Richier, Marc Chagall e Jean Arp, collocati accanto a quello di Igor Stravinskij, del suo mercante Curt Valentin e di Marina, moglie e musa del maestro pistoiese». Alla Fortezza Medicea protagonista è invece la sola scultura, esaltata da «Pomone», «Danzatrici», «Giocolieri» e «Cavalieri». Particolarmente emblematico è il «Miracolo» del 1952 in cui «l’idea parte fino a distruggersi» e «la scultura vuole andare in cielo, vuole bucare la crosta terrestre o vuole addirittura andare nella stratosfera», come scrive lo stesso artista, testimoniando quel progressivo affrancamento dalla figuratività, tipico dell’ultima fase della carriera del maestro, che lo proietterà all’apice della potenza espressiva.

Marino Marini, «Le vergini», 1916. Courtesy of Museo Marino Marini, Firenze

Marino Marini, «Miracolo (Composizione)», 1956-57. Courtesy of Fondazione Marino Marini, Pistoia

Elena Franzoia, 04 giugno 2025 | © Riproduzione riservata

Nel tempo interiore di Marino Marini inquietudine e sofferenza non si placano | Elena Franzoia

Nel tempo interiore di Marino Marini inquietudine e sofferenza non si placano | Elena Franzoia