Image

Verifica le date inserite: la data di inizio deve precedere quella di fine

Cristina Iglesias, «Passatges. Corredor Suspendido», Barcellona, La Pedrera

Image

Cristina Iglesias, «Passatges. Corredor Suspendido», Barcellona, La Pedrera

Ogni opera di Cristina Iglesias trasforma la percezione dell’ambiente

La Pedrera ospita la prima monografica a Barcellona di una delle delle scultrici contemporanee più importanti della scena internazionale: 40 opere realizzate negli ultimi vent’anni 

La Fundació Catalunya inaugura la stagione de La Pedrera con la prima monografica a Barcellona di Cristina Iglesias (San Sebastián, 1956), una delle rappresentanti di maggior rilievo della scultura contemporanea internazionale. La rassegna, aperta dal 9 ottobre al 25 gennaio 2026, riunisce 40 opere realizzate negli ultimi vent’anni. Il titolo della mostra, «Passatges», allude alle forme labirintiche di installazioni pensate per essere attraversate, che convertono lo spazio espositivo in un paesaggio in continua evoluzione. Più che un insieme di opere la mostra, curata da James Lingwood con la stretta collaborazione dell’artista, si presenta come un’unica grande installazione immersiva e transitabile, che crea un dialogo dinamico tra gli spazi fluidi dell’architettura di Gaudí e i volumi chiusi e aperti dell’universo scultoreo di Iglesias. Il percorso si chiude con un video su una delle sue opere pubbliche più affascinanti, «Hondalea», una scultura che riproduce i flutti marini all’interno di un vecchio faro sull’isola di Santa Clara. 

Sebbene non sia una retrospettiva, la mostra alla Pedrera copre più di vent’anni della sua intensa carriera ed è la prima personale a Barcellona. Quali sono state le linee guida per la scelta delle opere e del percorso? 
Non ho voluto fare una rassegna cronologica, ma piuttosto proporre un percorso che collegasse opere esistenti con lavori nuovi, creando un dialogo tra di loro e con lo spazio di Gaudí. È un viaggio che attraversa una successione di paesaggi in cui il visitatore può immergersi. 

Ha creato un’opera appositamente per questa mostra, «Foresta Minerale», che dialoga con lo spazio affascinante ma difficile di Gaudí…
«Foresta Minerale» nasce proprio dalla sfida che suppone uno spazio con tanta personalità come La Pedrera. È un’opera che combina elementi vegetali e minerali, che sembrano fossilizzati nella pietra o nella sabbia e che si integra, creando una risonanza, con il carattere fluido e organico dell’edificio e in particolare con le sue colonne. La sensazione della foresta implica un senso di smarrimento. Il visitatore può percepirlo, mentre gli può sembrare di essere in un mondo che è allo stesso tempo naturale e artificiale. 

«Passatges» è una successione di opere transitabili. Il dialogo con l’ambiente è una caratteristica distintiva del suo lavoro. Come genera la relazione tra l’opera, il luogo e lo spettatore? 
Per me, il luogo non è mai neutrale. Tanto nello spazio pubblico come in un museo o anche in uno spazio domestico, mi interessa come un’opera può trasformare la percezione dell’ambiente e come quell’ambiente, a sua volta, influisca nella percezione dell’opera. Penso ai percorsi, al modo in cui lo spettatore entra e si muove, a come si produce l’esperienza di trovarsi all’interno o di fronte all’opera. È una relazione dinamica, che si completa solo con lo sguardo e la presenza dell’altro. 

Preferisce lavorare in una sala espositiva o in uno spazio pubblico? 
Sono esperienze molto diverse. In uno spazio pubblico, l’opera si confronta con il tempo, le condizioni meteorologiche e la vita quotidiana delle persone: è una responsabilità enorme. Credo che lavorare in spazi pubblici mi abbia esposto ad altre dimensioni, non solo alla scala. Creare un luogo intimo in uno spazio pubblico è una sfida. In un museo, in una galleria o in uno spazio più domestico, d’altra parte, si può generare un’esperienza più controllata e concentrata. Credo che entrambi gli ambienti si arricchiscano a vicenda e che io abbia bisogno di muovermi tra i due. 

Cristina Iglesias, «Passatges. Bosque mineral», Barcellona, La Pedrera

Da più importanza all’esperienza sensoriale o all’interpretazione intellettuale dell’opera? 
Sono dimensioni intrecciate e l’una influenza l’altra. Sono molto interessata all’esperienza fisica e sensoriale: come suona, come si muove, persino come odora. È anche un’esperienza molto psicologica, ma non è separata da una lettura più profonda, simbolica e intellettuale. Ci sono molteplici livelli di interpretazione. Non è necessario comprendere il geroglifico perché l’opera abbia senso. 

Che ruolo giocano i materiali nel suo processo creativo e come si è evoluto il suo modo di relazionarsi con lo spazio e i materiali in questi vent’anni? 
I materiali sono fondamentali; non sono solo un supporto, ma parte del linguaggio dell’opera. Nel corso degli anni ho lavorato con resine, cemento, acqua, arazzi, bronzo, alabastro... Ogni materiale apporta le sue caratteristiche: la sua malleabilità, la sua resistenza, la sua luce, la sua trasparenza o il suo riflesso... Sono anche interessata a come i materiali interagiscono con il passare del tempo e a come si trasformano. 

In quest’epoca di esplosione digitale, il suo lavoro continua a promuovere la materialità e la fisicità. Qual è il suo rapporto con gli strumenti digitali? 
Gli strumenti digitali sono indubbiamente parte del processo, soprattutto nelle fasi di progettazione e produzione, ma non sostituiscono mai la fisicità dell’opera. Mi interessano come dispositivi che permettono di immaginare strutture complesse o di esplorare possibilità, ma l’essenziale rimane l’esperienza fisica e tangibile. D’altra parte, fin dall’inizio, ho realizzato brevi video e filmati sul mio lavoro e anche le fotografie degli spazi e il modo in cui in seguito li disegno e manipolo sono talvolta legati al mondo digitale. 

La natura ha una presenza importante nel suo lavoro. Desiderio di riconnettersi con la natura o rivendicazione ecologica?
La natura è sempre stata presente nel mio lavoro, non come illustrazione ma come forma di riflessione e ispirazione. Mi interessa come il naturale e l’artificiale si intersecano e si contaminano a vicenda. Credo che il lavoro di oggi abbia inevitabilmente una dimensione ecologica, perché ci costringe a riflettere sul nostro rapporto con il pianeta e con ciò che distruggiamo o preserviamo. 

Dopo aver esposto nei principali musei del mondo, ricevuto premi e prestigiose commissioni internazionali per opere pubbliche, c’è un obiettivo che non ha ancora raggiunto?
Ogni progetto è una nuova sfida, un territorio inesplorato. Ciò che mi spinge è la possibilità di continuare a esplorare, a creare spazi di esperienza e di sorprendermi nel processo. 

Qual è, secondo lei, il ruolo degli artisti nella società contemporanea? 
Credo che gli artisti abbiano la capacità di aprire spazi di riflessione e immaginazione in un mondo saturo di immagini e messaggi, a volte oscuri. Il nostro ruolo non è quello di fornire risposte, ma di proporre altri modi di vedere, sentire e pensare. In questo senso, l’arte può essere un luogo di resistenza e di speranza.

Cristina Iglesias nella mostra «Passatges», Barcellona, La Pedrera

Roberta Bosco, 04 ottobre 2025 | © Riproduzione riservata

Ogni opera di Cristina Iglesias trasforma la percezione dell’ambiente | Roberta Bosco

Ogni opera di Cristina Iglesias trasforma la percezione dell’ambiente | Roberta Bosco