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Arianna Antoniutti
Leggi i suoi articoliPromosso dal Gruppo Apollo e realizzato dall’osservatorio di Nomisma in collaborazione con Intesa Sanpaolo, il rapporto illustrato il 27 marzo a Palazzo Wedekind fotografa lo stato del mercato dell’arte in Italia basandosi su dati relativi al 2023 e prospettando scenari futuri. La presentazione del report, alla presenza di Stefano Lucchini, Group Chief Institutional Affairs and External Communication Officer Intesa Sanpaolo, ha visto gli interventi di Alessandro Giuli, ministro della Cultura, Roberto Marti, presidente della Commissione Cultura del Senato della Repubblica, e Federico Mollicone, presidente della Commissione Cultura della Camera dei deputati. «L’applicazione della direttiva europea che ha portato, in Francia e in Germania, alla riduzione dell’Iva sull’importazione di opere d’arte, e sulle cessioni di oggetti d’arte, di antiquariato e da collezione (attualmente al 22% in Italia, a fronte del 5,5% della Francia e del 7% della Germania, Ndr), ha detto Alessandra di Castro, presidente del Gruppo Apollo, in apertura dei lavori, ha creato un forte squilibrio. Da qui l’urgenza di intervenire». Nel corso del suo intervento, il ministro Alessandro Giuli ha annunciato che il Governo a breve agirà in tal senso.

Courtesy Nomisma
«L’industria dell’arte italiana è in grado di generare un indotto complessivo di circa 4 miliardi di euro, ma nonostante questo, siamo ancora lontani dal suo pieno potenziale, ha proseguito Alessandra Di Castro, e il Rapporto Nomisma fa comprendere questo stato di fragilità». I dati del report sono stati illustrati, nel dettaglio, da Roberta Gabrielli, responsabile marketing, Business processes e communication di Nomisma. È una vera e propria selezione naturale quella che ha portato, dal 2019 al 2023, alla riduzione delle imprese nel mondo dell’arte, con un – 1%, ad esempio, del fatturato netto per le case d’asta. Allo stesso modo, negli ultimi tredici anni, è diminuito il numero di gallerie d’arte, a causa di una combinazione di fattori economici, sociali e tecnologici. A fronte di questi dati allarmanti, il rapporto analizza il positivo impatto socioeconomico dell’arte, in termini di impatto diretto, indiretto e aggiunto. Un elemento molto rilevante è l’effetto moltiplicatore fissato a 2,8: per ogni euro di giro d’affari nel mercato dell’arte, si generano complessivamente 2,8 euro. Anche l’analisi Nomisma non può che soffermarsi sulla problematica dell’Iva: valutando la competitività dell’Italia, a parità di margine, con gli altri operatori europei. Un caso concreto: per la vendita di un’opera d’arte del costo di 1 milione di euro, il prezzo in Italia, rispetto alla Francia, è più alto di circa 164mila euro. Nomisma va anche oltre, e prospetta scenari economici svantaggiosi nel caso della mancata riduzione dell’Iva: minore competitività e appeal a livello internazionale; rischio di vedere compromesse le collaborazioni internazionali; rischio di compromettere il patrimonio culturale delle gallerie di produzione (gli artisti italiani potrebbero decidere di rivolgersi direttamente all’estero); rischio di diminuzione delle vendite. A parità di qualità dell’opera, i clienti tenderanno ad acquistare nel Paese in cui il prezzo complessivo è inferiore. E infine, effetto «waterfall» sulla filiera: le ricadute non sono solo economiche, ma anche culturali che incidono sul sistema museale e delle accademie.
Se invece, come annuncia Giuli, l’Iva sarà abbassata, questi saranno i vantaggi conseguenti: «Qualora l’Italia decidesse di adeguare l’Iva sulle transazioni al 5%, leggiamo nello studio, nel 2027 al termine del triennio, il fatturato complessivo generato da gallerie, antiquari e case d’asta crescerebbe sino a raggiungere circa 1,5 miliardi di euro, con un effetto complessivo sull’economia italiana di 4,2 miliardi di euro. Nell’ipotesi di Iva al 10% la crescita del mercato sarebbe inferiore, ma comunque sostenuta, pari a 1,3 miliardi di euro, con un effetto moltiplicativo complessivo pari a 3,5 miliardi di euro».

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Quali i costi per l’auspicata manovra?
Secondo le stime Nomisma, 10 milioni di euro in caso di riduzione dell’Iva al 5%, e 3,5 milioni di euro in caso di riduzione al 10%. «Questa cifra, ha commentato Alessandra Di Castro, sarebbe sufficiente per mettere in atto una risposta puntuale e incisiva rispetto all’azione francese e tedesca. L’impatto sulle casse dello stato sarebbe poi ribaltato dalla ripresa del mercato, con benefici per il fisco. Per secoli l’Italia è stata la maggiore promotrice culturale del mondo. Siamo assolutamente certi che la buona politica saprà guidarci in questo nuovo Rinascimento». Al termine della presentazione del report, sono seguiti due panel: «Circolazione delle opere, tassazione e competitività UE» (con Alessandro Amorese, Commissione Cultura Camera dei Deputati; Alessandra Cerasi, Fondazione Cerasi; Sirio Ortolani, presidente Angamc; Antonella Crippa, Art Advisory and Fair Coordinator Intesa Sanpaolo; Sonia Farsetti, presidente associazione nazionale case d’asta) e «I protagonisti del mercato» (con Alvise Di Canossa, presidente Logistica Arte; Fabrizio Pedrazzini, presidente federazione italiana mercanti d’arte; Nicola Ricciardi, direttore Miart; Pepi Marchetti Franchi, vicepresidente Italics, Italo Carli, Art insurance Executive Arte Generali Italia).

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