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Il razzo Saturn V numero SA-506 viene lanciato dal Kennedy Space Center, in Florida, segnando l’inizio della missione di allunaggio dell’Apollo 11, 1969. Dal progetto «Depravity’s Rainbow» di Lewis Bush

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Il razzo Saturn V numero SA-506 viene lanciato dal Kennedy Space Center, in Florida, segnando l’inizio della missione di allunaggio dell’Apollo 11, 1969. Dal progetto «Depravity’s Rainbow» di Lewis Bush

Ottant’anni fa il primo missile nello spazio: una storia oscura e dimenticata

Con il progetto «Depravity’s Rainbow» Lewis Bush fa luce su un evento storico che ha influenzato il nostro modo di concepire l’esplorazione spaziale

Nell’immaginario comune, se si pensa al primo satellite inviato nello spazio probabilmente viene in mente lo Sputnik, lanciato dall’Unione Sovietica nel 1957. In realtà, il primo missile a uscire dall’atmosfera terrestre non è stato uno strumento «pacifico», bensì un’arma distruttiva, costruita da detenuti in un campo di concentramento sotterraneo, un razzo destinato a prolungare la sopravvivenza del Reich nazista annientando i civili di città come Londra, Anversa e Parigi. Quel razzo, noto come V-2 (per Vergeltungswaffe 2, o Arma di rappresaglia 2) fece il suo primo volo di successo esattamente ottant’anni fa, il 3 ottobre 1942.

Il suo ingegnere capo, un aristocratico tedesco di nome Werner von Braun, ossessionato sin da bambino dai viaggi nello spazio, a soli vent’anni venne messo a capo di un importante programma di sviluppo di missili finanziato dal governo nazista (paragonabile per portata al Progetto Manhattan per lo sviluppo della prima bomba atomica). Questo programma produsse il razzo V-2, che nel 1944 iniziò a piovere sulle città liberate in tutta Europa. Dopo la guerra, von Braun fu reclutato per continuare il suo lavoro negli Stati Uniti, venne assunto alla NASA e nel 1969 realizzò il sogno della sua vita: il missile Saturno V, che aveva progettato, contribuì a far atterrare tre uomini sulla Luna.
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Come lui, molti altri specialisti tedeschi dopo la guerra furono ingaggiati dagli Stati Uniti e altre nazioni alleate per usufruire dei notevoli progressi tecnici sviluppati dalla Germania nazista. Nonostante ciò, von Braun e i suoi colleghi non furono mai chiamati a rispondere del loro ruolo di complici e spettatori del nazismo e per questo motivo la conoscenza che portarono con sé fu spesso macchiata dalla natura non etica della sua scoperta.

A supporto di questa storia ci sono alcune fotografie d’archivio che documentano i progetti dei razzi V-2 e Saturn V, provenienti da piattaforme online e collezioni di varie dimensioni, tra cui la British Interplanetary Society e gli Archivi Nazionali del Regno Unito. Quest’ultimi, in particolare, conservano un’ampia documentazione prodotta durante le interviste condotte con von Braun dagli ufficiali dei servizi segreti britannici alla fine della guerra, così come i disegni originali dei razzi V-2, alcuni dei quali realizzati in cianotipia.

Inoltre, a differenza dei luoghi legati alla missione lunare Apollo della NASA, i siti storici che sono stati fondamentali per lo sviluppo del razzo V-2 sono oggi per lo più dimenticati e sconosciuti. Mentre molti avranno sentito parlare di Cape Canaveral o del Johnson Space Centre, non si può dire lo stesso per Mittelwerke, Peenemünde o Kummersdorf, anche se questi posti hanno avuto un ruolo altrettanto importante nei nostri viaggi verso le stelle. Questi luoghi, molti dei quali abbandonati, ricoperti di vegetazione e disseminati di bombe inesplose, sono per me una metafora del modo in cui dimentichiamo la storia oscura su cui si fonda gran parte del progresso moderno, e sono anche un promemoria dei pericoli legati all’oblio di questi eventi.
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Perché questa storia è importante? Ancora oggi, dopo ottant’anni, il razzo V-2 e l’uomo che lo progettò continuano a esercitare una profonda influenza sul modo in cui concepiamo l’esplorazione spaziale. Il contesto in cui quel razzo è stato sviluppato, un mix di imperialismo europeo, conflitto globale e genocidio razzista, può insegnarci molto sui nostri tentativi di raggiungere (e forse anche occupare, un giorno) altri mondi.

Oggi ci troviamo di fronte a un pianeta profondamente in crisi, e tra le possibili soluzioni c’è chi dice che dovremmo guardare a un futuro altrove. La storia di Von Braun e i razzi che ha costruito sono un monito: è importante raccontarla, soprattutto mostrandone la documentazione fotografica, per ricordarci che rischiamo di commettere nello spazio gli stessi errori che abbiamo già commesso qui sulla Terra. Anche se non possiamo cambiare il passato, possiamo imparare da esso, ma solo a patto di affrontare pienamente i torti commessi.

Lewis Bush è un fotografo e ricercatore. È direttore del Master Photojournalism and Documentary Photography presso il London College of Communication, University of the Arts, Londra, e dottorando presso la London School of Economics, dipartimento di Media and Communications, dove sta conducendo una ricerca sull’impatto dell'intelligenza artificiale sul fotogiornalismo. Negli ultimi quattro anni ha lavorato a un progetto, intitolato «Depravity’s Rainbow»sulla storia dei razzi V-2 e Saturn V, che presto diventerà anche un libro. Il progetto comprende fotografie d’archivio e immagini scattate dall’autore.

Un ufficiale di polizia britannico ispeziona i resti di un motore V-2 dopo un attacco missilistico su Londra, 1944. Dal progetto «Depravity’s Rainbow» di Lewis Bush

Kummersdorf, Brandeburgo Germania. Von Braun riceve un finanziamento dall’esercito tedesco per sviluppare razzi più grandi, trasferendosi in un poligono a sud di Berlino. Continua a lavorare allo sviluppo di razzi militari anche dopo l’ascesa al potere dei nazisti nel 1933 © Lewis Bush, dal progetto «Depravity’s Rainbow»

Lewis Bush, 03 ottobre 2022 | © Riproduzione riservata

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