Domenico Morelli, «La Cacciata dei Saraceni da Salerno», 1869

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Domenico Morelli, «La Cacciata dei Saraceni da Salerno», 1869

Ottocento napoletano: il maestro Morelli e il mecenate Vonwiller

Da Giacometti Old Master Paintings sono esposte  una quarantina di opere, tra disegni, acquerelli, dipinti e sculture, appartenute al collezionista che mise insieme la sua raffinata raccolta sotto la guida del pittore

Situata di fronte lo storico Palazzo Vonwiller, la galleria Giacometti Old Master Paintings ospita fino al 28 febbraio la mostra «Morelli e Vonwiller» che, con la curatela scientifica di Luisa Martorelli, ritesse, attraverso una selezione di 40 disegni, acquerelli, dipinti e sculture, appartenuti alla collezione Vonwiller, una significativa vicenda dell’arte scaturita dal rapporto tra il maestro napoletano, Domenico Morelli, con il suo principale mecenate, l’imprenditore e collezionista Giovanni Vonwiller (1821-98), figura di primo piano nella vita culturale della Napoli del secondo quarto dell’800. Smembrata e venduta all’asta a Parigi nel 1901, tre anni dopo la morte del mecenate e poco prima della morte di Morelli, la collezione rappresenta «una delle pagine aperte più prestigiose del collezionismo privato di Napoli e dell’Italia in età moderna», afferma la curatrice.

Stabilitosi a Napoli a metà dell’Ottocento, infatti, Vonwiller cominciò a collezionare sotto la guida di Morelli e a esporre in una sede aperta al pubblico, la Galleria Vonwiller, «i dipinti, le sculture e gli arredi della Nazione sognata e appena nata, in un confronto nuovo con le tendenze figurative europee e cosmopolite», chiarisce Umberto Giacometti.  

La mostra celebra il significativo ritorno a Napoli, grazie all’acquisto di Giacometti, del «Ritratto di Vonwiller», il noto dipinto che, realizzato da Morelli nel 1867, conserva la cornice originale realizzata dall’artigiano fiorentino Cheloni; e ripropone anche una selezione delle opere più celebri della sua collezione: «Del Morelli sono presenti “La Parisina”, “I Profughi di Aquileia”, “La caccia dei Saraceni da Salerno”, l’acquarello del “Bagno pompeiano” oltre a diversi disegni a china del maestro, come “Gli Iconoclasti”, “Le schiave del sultano che tornano dal bagno” (acquerello e disegno preparatorio), “Figure Orientali, Arabi e Odalische” che dialogano nel confronto con disegni e dipinti di Bernardo Celentano e degli allievi Edoardo Tofano, Paolo Vetri, Gustavo Nacciarone e Vincenzo Gemito. Una sala dedicata ai ritratti mette in evidenza una capziosa analisi introspettiva e psicologica dei protagonisti, segnando un processo evolutivo del genere-ritratto che lo vede acclamato a gran richiesta dal ceto medio emergente napoletano. In esposizione anche il bozzetto della storica raffigurazione “Cesare Borgia a Capua” (esposto alla celebre “Mostra Morelliana” del 1927) e la cera raffigurante il “Ritratto di Verdi” di Vincenzo Gemito, per un totale di quaranta opere circa», illustra Martorelli.

Domenico Morelli, «Ritratto di Vonwiller», 1867

Olga Scotto di Vettimo, 17 gennaio 2025 | © Riproduzione riservata

Ottocento napoletano: il maestro Morelli e il mecenate Vonwiller | Olga Scotto di Vettimo

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