Verifica le date inserite: la data di inizio deve precedere quella di fine
Carla Cerutti
Leggi i suoi articoliUno sguardo molto approfondito a quanto avviene dietro le quinte della poliedrica attività ormai più che trentennale del designer francese Emmanuel Babled (1967), è l’intento della monografia Babled. La main des autres recentemente pubblicata da 5 Continents Editions con testi di Angela Vettese e Veerle Devos. La sua produzione, intermedia tra pezzo unico e serie limitata, spazia da lampade a vasi, tavoli, sedute e mobili di vario genere e in vari materiali, dal vetro alla ceramica, dal marmo al legno, dal bronzo al plexiglas, in costante stretta collaborazione con artigiani altamente specializzati il cui apporto è, per lui, fondamentale. Da qui il titolo del volume: La main des autres.
Pur essendo partito dal design industriale, a Babled non interessa la produzione di massa, preferendo quella singolare, frutto di sperimentazioni anche ardite, affrontate con uno spirito ludico, come dichiara in una lunga intervista a chiusura del volume: «Quello che conta è la creazione, il piacere di giocare con i materiali, di sviluppare relazioni con gli artigiani e di potermi esprimere in maniera autentica. Quello che m’interessa è seguire il mio istinto creativo e dare vita alle mie idee».
Angela Vettese, che illustra le caratteristiche salienti della personalità e del lavoro di Babled in un ampio testo introduttivo, nel 2004 aveva invitato il designer a organizzare una mostra personale, «Toys», alla Fondazione Bevilacqua La Masa di Venezia, della quale era presidente, mostra che ha consacrato l’attività di Babled come disegnatore nel settore del vetro, dove già si cimentava da un decennio con importanti fornaci muranesi. Le abbiamo chiesto che cosa l’avesse spinta a fare tale scelta e perché, secondo lei, la mostra avesse avuto così tanto successo. «Conoscevo Babled da tempo, ci ha risposto, avevo già frequentato il suo studio di via Segantini a Milano. Tra i compiti statutari della Bevilacqua La Masa c'è anche il rendere conto delle arti cosiddette minori e a me è parso che Babled avesse già raggiunto una maturità importante nel campo del vetro. In particolare mi aveva interessato il suo lavoro sui materiali, per esempio la sperimentazione con paste colorate apparentemente impossibili da associare ma che lui era riuscito a fare convivere. Ci sono, infatti, paste che si dilatano più di altre e che, se messe all'interno di un uno strato di altro colore, esplodono: Babled trasformava questo errore tecnico in un modo curioso di creare forme imprevedibili. Sempre nel solco della sperimentazione, m’interessava la sua ricerca della dimensione massima sopportabile da un vaso soffiato. Infine era chiaro che non era un designer con la matita in mano ma che aveva guadagnato la fiducia dei mastri vetrai andando prestissimo alla mattina in fonderia e partecipando con loro alla realizzazione degli oggetti. Questo volere mettere le mani sulla pratica mi parve raro e promettente».
E nel mettere le mani sulla pratica Babled è passato indistintamente da lavorazioni costose, come quella del vetro o del plexiglas, a lavorazioni artigianali povere, come quelle in legno scolpito, rafia e cuoio da lui promosse in Tanzania dal 2021 a sostegno della produttività locale. Tutto ciò, e molto di più, è raccontato e ampiamente illustrato nella monografia, completa di un indice dettagliato delle opere pubblicate, che è stata presentata anche in edizione speciale e in serie limitata con una custodia, creata da Babled, in vetro soffiato e legno pregiato.
Babled. La main des autres
testi di Angela Vettese e Veerle Devos, edizione bilingue, inglese e francese, 336 pp., 800 ill. col., 5 Continents Editions, Milano 2024, € 80

La copertina del volume
Altri articoli dell'autore
Con l’80% dei lotti venduti e un incremento del 230% sulle stime iniziali, la vendita della maison italiana non poteva andare meglio. Si difende molto bene l’antagonista parigina con grandi nomi del design francese
Nell’asta di Parigi sono andate molto bene le opere firmate dagli italiani mentre a New York hanno brillato i vetri pregiati
L’istituto milanese, nel quale l’allievo e collaboratore di Gio Ponti, nonché vincitore del primo Compasso d’Oro, insegnò e fu preside della facoltà di Architettura, ospita la prima mostra esaustiva di tutto il suo operato, tra architettura, design e pittura
Ogni design e architetto che si rispetti ha progettato almeno una sedia, una poltrona o un divano. In un volume più di mille esempi progettati in Italia e all’estero dal 1934 al 1964