Verifica le date inserite: la data di inizio deve precedere quella di fine
Carolina Sandretto
Leggi i suoi articoliARTICOLI CORRELATI
Apre oggi, 13 giugno, al Centre Pompidou la grande personale di Wolfgang Tillmans. Intitolata «Niente ci preparava-Tutto ci preparava» si svolge nello spazio di 6mila mq della Bibliothèque Publique d’Information-Bpi e sarà aperta fino al 22 settembre. Sarà l’ultima mostra prima della chiusura per ristrutturazione del Pompidou, che si protrarrà per cinque anni. Natura, società, ma anche architettura e storie personali s’intersecano e dialogano con lo spazio pensato da Renzo Piano e Richard Rogers facendoci entrare da subito nel mondo del fotografo tedesco (Remscheid, 1968).
Il titolo della mostra è nato nel 2023 quando Tillmans fu ufficialmente invitato a Parigi. «La frase incapsula lo stato di sospensione tra il desiderio di pianificare e di essere preparati che noi tutti abbiamo nella vita e la realizzazione che le cose sono sempre diverse da come ce le aspettiamo», spiega l’artista. In questo momento di sospensione Tillmans ci invita a perderci con lui in un universo formato dalle sue costellazioni di immagini. I temi trattati sono quelli che caratterizzano il suo lavoro: la natura e il nostro rapporto con essa, la tecnologia, l’architettura e l’abitare umano. Florian Ebener, curatore capo della sezione fotografia del museo parigino e della mostra, sostiene che questa occasione «è da intendersi come un universo che si apre davanti a noi e non solo una monografica». Tra i temi anche l’uso del medium fotografico senza la macchina stessa, con la macchina fotocopiatrice o direttamente in camera oscura. Inoltre, l’artista ha capito, e voluto, un dialogo con lo spazio circostante, facendoci vedere in questo il suo rapporto con la politica, la religione e la scena tecno anni ’90, la musica e la moda.
Wolfgang Tillmans è un fotografo che interroga il suo medium e sperimenta i limiti della macchina fotografica. La mostra si apre con «Sound of Liquid», un paesaggio tropicale lussureggiante dove si vedono migliaia di gocce di pioggia cadere. Questa fotografia, dichiara Tillmans, è stata la prima alla quale ha pensato come apertura della mostra perché rappresenta una sfida tecnica che lui si è posto: «Posso fotografare la pioggia?». Il risultato ottenuto parla in modo poetico della tecnica ed è un chiaro esempio della dualità artistica che il suo autore rappresenta nel mondo della fotografia. Tillmans sviluppa un discorso nel quale le immagini sono poetiche ma parlano anche della tecnologia e delle opportunità che questa ci può dare. «Tutte le immagini alle pareti, spiega, sono basate sull'uso della carta ma i processi usati per farle sono molto diversi». Nel caso delle gigantesche opere «Panorama, Right e Panorama, Left», infatti, è molto chiaro il desiderio di produrre risultati potenti a partire da mezzi semplici. Qui l’artista usa fogli di carta lucida che piega e posa sul vetro di una fotocopiatrice; durante la scansione la loro tridimensionalità crea linee ombreggiate lungo certi bordi. Sono immagini «performative» che implicano gesti brevi da parte dell’artista durante la loro creazione.

Wolfgang Tillmans, «Panorama right, Panorama Left» 2006-24; «Army Moscow» 2005. © Wolfgang Tillmans. Courtesy Galerie Buchholz, Galerie Chantal Crousel, Paris, Maureen Paley, London, David Zwirner, New York.
L’artista ha integrato nelle sue opere lo spazio della biblioteca ed è entrato in dialogo con il progetto originale di Piano e Rogers. Ha deciso di tenere alcune parti della moquette che era stata posata negli anni ’80, sotto la quale però appaiono ancora le tracce di quella precedente, degli anni ’70. In questo pavimento Tillmans ha individuato un circuito stampato e ne ha considerato il rapporto di interrogazione con la tecnologia per aprire un dialogo. I pezzi di moquette colorata vengono quindi ad ancorare le opere di Tillmans e a dare un senso di continuità e di rafforzamento delle sue visioni, come nel caso dell’opera «Memorial for the Victims of Organized Religions II», 2024, dove le linee viola del pavimento sembrano raggiungere le 48 foto, dal blu al nero, esposte in due file. Creata per la prima volta nel 2006 a Washington D.C. quest’opera ricorda come il lavoro di Tillmans esplori anche i temi politici del mondo di oggi.
Un altro elemento che il fotografo tedesco ha voluto usare per dialogare con lo spazio sono i tavoli della biblioteca. L’artista li ha trasformati inserendovi le sue opere. Alcuni parlano di musica o di moda, presentando i suoi lavori con i magazine per i quali ha collaborato, ma anche di politica, religione e umanità. In un tavolo uno specchio riflette i tubi blu che compongono il soffitto del Centre Pompidou; un altro contiene una fotografia di una rosa rampicante retroilluminata; molti altri sono stati usati per contenere libri. In uno, infine, ha installato il suo celebre lavoro «Concorde» del 1997.
Ci sono molti video all’interno della mostra: montati nei computer della biblioteca, si possono guardare come se si studiasse. È presente anche «Book for Architects», il video ideato nel 2014 per la Biennale di Architettura di Rem Koolhaas. «Sono cosciente che l’architettura è un’espressione di desiderio di ambizione e di speranza, oltre che dei molteplici bisogni dell’essere umano», dice Tillmans. In questa proiezione di 450 immagini ci sono fotografie di case e spazi comuni provenienti da tutto il mondo che Tillmans include dando una vista della diversità di soluzioni strutturali che descrivono la vita degli esseri umani.
Uno degli elementi fondanti del lavoro del fotografo sono le fotocopie e il mondo delle «zine» (piccole pubblicazioni indipendenti, Ndr). Queste si ritrovano come elementi tecnici ma anche come opere su carta in diverse stanze della mostra. Non poteva quindi mancare l’accesso per i visitatori alla stanza delle fotocopiatrici della biblioteca, dove creare un proprio lavoro originale.
Nella vasta costellazione del mondo di Tillmans ci sono anche moltissimi pezzi sonori. A volte sono solo rumori ritmici, a volte l’artista parla di idee che ha avuto o che vorrebbe realizzare. Sono presenti nel percorso e ricordano allo spettatore come «le mie mostre non siano mai da vedere in maniera lineare. Non sono come delle frasi compiute, certo hanno delle grammatiche simili, delle lingue simili ma delle connessioni diverse, che possono essere anche viste anche come confini e separazioni». Sempre all’insegna del qui ed ora.

Wolfgang Tillmans, «Oeuvres pour la soiree Blutsturz au Gront, Hamburg», 1988; «Moonlight in earth light», 2015. © Wolfgang Tillmans. Courtesy Galerie Buchholz, Galerie Chantal Crousel, Paris, Maureen Paley, London, David Zwirner, New York.