Carole Blumenfeld
Leggi i suoi articoliStorica dell’arte contemporanea, docente all’Università di Strasburgo, critica d’arte e curatrice, Valérie Da Costa lavora da anni sull’arte italiana della seconda metà del Novecento. Il suo metodo di ricerca consiste nel lavoro sugli archivi, spesso inediti, e nel confronto costante tra le fonti e le opere.
Dopo aver molto lavorato sull’arte francese degli anni Cinquanta (Germaine Richier, Jean Dubuffet), nel 2008 per la prima volta ha pubblicato nel catalogo della mostra «Traces du sacré» (Centre Pompidou, Parigi) un saggio sul sacro nell’opera di Lucio Fontana; soggetto complesso e parallelo alle riflessioni dell’artista sullo Spazialismo che attraversa l’opera di Fontana dalle ceramiche dei primi anni Cinquanta ai dipinti della serie «La Fine di Dio» (1963-64).
Nel 2013 la Da Costa ha pubblicato la prima antologia in francese degli Écrits de Lucio Fontana, argomento che non era mai stato studiato in Italia. La studiosa ha realizzato una vera e propria indagine per rintracciare i testi. La Fondazione Lucio Fontana, certo, conserva i manifesti dello Spazialismo, ma non ha tutti gli altri scritti dell’artista, che sono dispersi. Fontana scriveva regolarmente, sul proprio lavoro e su quello di artisti più giovani che amava molto (Piero Manzoni, Jef Verheyen, Paolo Scheggi, Yves Klein…) e che sosteneva acquistandone le prime opere.
La Da Costa, che analizza e contestualizza ciascun testo da lei tradotto in francese, spiega brillantemente che Fontana non è solo l’autore dei manifesti dello Spazialismo che d’altronde, salvo il Manifesto tecnico dello Spazialismo (1951), sono testi collettivi. Nel saggio introduttivo (Fontana: lo spazio infinito dell’arte) la studiosa dimostra anche come le parole di Fontana sull’arte americana, l’introduzione dei buchi e dei tagli come nuovi concetti dello spazio del quadro siano essenziali e incredibilmente stimolanti per capire il ruolo dell’arte italiana negli anni Sessanta a fronte del dominio dell’arte americana.
Un procedimento simile è alla base anche dell’ultimo libro della Da Costa, in uscita questo mese: Pino Pascali: retour à la Méditerranée. Frutto di una preziosa collaborazione con la Fondazione-Museo Pino Pascali di Polignano a Mare, che ha messo a disposizione tutto l’archivio dell’artista, è un lavoro che probabilmente farà epoca. La Da Costa ha utilizzato questi materiali inediti e documenti conservati in archivi privati a Roma per aggirare le problematiche entro le quali Pascali è stato per troppo tempo costretto nella storiografia; gli Appunti scritti da Pascali per la sua mostra alla Galleria Sperone di Torino nel 1966, per esempio, mai pubblicati mentre l’artista era in vita, cambiano completamente l’interpretazione delle «Armi».
O Lo Spettatore, scritto per la prima mostra di Pascali all’Attico di Sargentini a Roma nel 1966 e pubblicato dopo la sua morte, testo nel quale Pascali scrive in modo molto poetico il carattere scenografico della mostra così come lui l’aveva concepita, in particolare esponendo le «finte sculture», le sculture smaterializzate in stoffa bianca, che sono un mezzo per lui di ricostruire un mondo tra realtà e fantasia.
La Da Costa analizza l’opera di Pascali in funzione di temi quali la temporalità della scultura, la messa in scena di sé, la scultura come arte ambientale, l’attaccamento al Mediterraneo o ancora l’importanza dell’antropologia come chiave di lettura del suo lavoro. Basandosi sulle parole dell’artista, ma anche sui documenti familiari, sottolinea l’attaccamento di Pascali alla Puglia, sua regione natale e così importante nella sua opera. Inoltre, grazie a un’audace concezione della riflessione di Pascali sullo spazio espositivo e sulla scultura, la Da Costa supera brillantemente il collegamento di Pascali all’Arte povera inserendolo, come Fontana (sorprendentemente i due artisti sono morti ad alcuni giorni di distanza nel settembre 1968, dopo avere esposto insieme a Foligno), in una storia dell’arte italiana e internazionale ben più ampia di quanto generalmente accada.
La facilità di scrittura della Da Costa e la cura editoriale del volume, con un corredo di splendide fotografie, non mancheranno di appassionare i lettori facendo loro scoprire o riscoprire un periodo ricchissimo.
Écrits de Lucio Fontana (Manifestes, textes, entretiens), a cura di Valérie Da Costa, 408 pp., ill. b/n, Les presses du réel, Digione 2013, € 26,00
Pino Pascali: retour à la Méditerranée, di Valérie Da Costa, 308 pp., ill. col. e b/n, Les presses du réel, Digione 2015, € 34,00

© Luca Patella, SKMP2, 1968 © Courtesy of Centro Sperimentale di Cinematografia-Cineteca Nazionale
Altri articoli dell'autore
Una vita da antiquario sulle due sponde dell'Atlantico: intervista con il presidente fondatore del Salon du Dessin che nel 2027 festeggerà i 50 anni della galleria Didier Aaron
Nelle sale del Castello l’abbondanza di forme e la profusione di materiali preziosi evidenziano il tratto del grande maestro del mobile francese del Settecento
Lo storico dell’arte francese, già direttore del Dipartimento di pittura del Louvre, ripercorre i momenti salienti della sua carriera. Tra i suoi primi incarichi: far la guardia alla Gioconda...
Secondo il grande studioso della storia della cultura, in un futuro in cui i problemi di sopravvivenza si faranno sempre più pressanti, le collezioni pubbliche potrebbero non essere più una priorità degli Stati e degli stessi visitatori