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«Do you stay in the Barbie world?» (2023), di Cristiano Pintaldi (particolare)

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«Do you stay in the Barbie world?» (2023), di Cristiano Pintaldi (particolare)

Pintaldi ci interroga

L’artista romano, noto per i suoi quadri che emulano la grana dell’immagine televisiva e digitale, riflette sulla realtà e sulle sue possibili dimensioni

Guglielmo Gigliotti

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Cristiano Pintaldi torna sulla scena romana con una mostra presso Mucciaccia Gallery, aperta dal 22 febbraio al 20 aprile. Il titolo della mostra, che presenta circa trenta opere, recenti e no, racchiude emblematicamente la poetica volutamente ambigua, tra realtà e finzione, dell’artista romano: «We are here. Do you stay in the Barbie world?».

Sono oltre trent’anni che Pintaldi propone, con originalità, la sua visione delle cose. Una visione fondata sul metodo e il progetto. In teoria sembra tutto semplice, ma i risvolti sono di grande complessità, oltre che di cocente attualità. Il metodo: accostare brevi e regolari tratti di colore rosso, verde, blu. Tutto qua. E fare ciò con procedura quasi monacale e maniacale, come un mantra visivo, alla stregua di un novello Seurat, per migliaia di volte ad ogni opera, ottenendo differenze di tono solo sulla base della stratificazione, controllatissima, di colore all’aerografo.

Il fine è quello di «fare il verso» alla pixelatura dell’immagine televisiva e digitale, ma con un’applicazione artigianale d’altri tempi. Ne sortisce una meditazione sull’essenza dell’immagine, che all’autore si svela nell’insieme solo a lavoro compiuto, perché la procedura esecutiva prevede prima il tratteggio dei rossi, poi dei verdi, poi dei blu. La riflessione si estende poi su altre dimensioni liminari, annullando i confini tra reale e virtuale, stupore e riflessione, menzogna e verità.

Pintaldi non giudica, lui manifesta solo il problema. Il presunto problema è la nostra realtà, ed essa è troppo sfaccettata e profonda per racchiuderla in un giudizio. Secondo Pintaldi funzione dell’arte non è spiegare, ma dispiegare. «Ecco, così siamo noi, sembra dire il pittore, e questo è il nostro modo di percepire il mondo». Quale mondo? Quello descritto da Cristiano Pintaldi ha le fattezze popolari dei programmi televisivi, dei film cult, dei cartoni animati oppure dei capolavori di Kubrick, senza soluzione di continuità.

Su tutto aleggia l’intrigante enigma degli alieni, secondo la personale passione dell’artista per i mondi «altri» degli extraterrestri, e per le loro possibili interferenze con il mondo che conosciamo. La prima parte del titolo della mostra, «We are here», tratto da un’opera in mostra, fa riferimento a una presenza aliena che si presenta con queste parole.

La scritta «Majestic 12» campeggia invece sulla celebre immagine di John Fitzgerald Kennedy nell’istante prima di essere ucciso. La sigla è il nome della presunta organizzazione segreta statunitense, responsabile dell’occultamento al pubblico dominio di informazioni riguardanti i contatti tra terrestri ed extraterrestri. Dov’è la vera realtà?

Esiste, o siamo immersi in una sola grande fantastica illusione? «Do you stay in the Barbie world?», chiede un’altra opera in mostra: l’immagine è tratta dal recente film Barbie, con la protagonista che ci guarda con un sorriso smaccato, seducente e inquietante. La realizzazione dell’opera, tratto per tratto, ha comportato settimane di lavoro, e alla fine l’esito è un’immagine che dubita di sé stessa.

«Do you stay in the Barbie world?» (2023), di Cristiano Pintaldi (particolare)

«Untitled» (2022), di Cristiano Pintaldi

Guglielmo Gigliotti, 19 febbraio 2024 | © Riproduzione riservata

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