Laura Lombardi
Leggi i suoi articoliSi aprirà il 28 settembre la sempre attesa Biaf (fino al 6 ottobre), La Biennale Internazionale dell’Antiquariato di Firenze, mostra di lungo corso (è stata fondata nel 1953 dall'antiquario Luigi Bellini) che quest’anno giunge alla sua trentatreesima edizione. Dagli anni Duemila, complice anche la straordinaria cornice di Palazzo Corsini, la Biaf si è consolidata tra le fiere del genere più rilevanti a livello internazionale come testimonia quest’anno il netto aumento di galleristi provenienti dall’estero. Tra le 80 gallerie selezionate, 14 espongono per la prima volta e, tra queste, troviamo molte straniere oppure italiane con sede fuori dai confini nazionali: ci sono Colnaghi (Londra, Madrid, Bruxelles, New York), e sempre da Londra Agnews, Lullo Pampoulides, Flavio Gianassi FG Fine Art, Dickinson, Benappi Fine Art, Burzio, Richard Saltoun (che ha uno spazio anche a Roma), mentre da Ginevra Rob Smeets Old Master Paintings; in totale 13 gallerie estere, incluse quelle già presenti nelle precedenti edizioni. Un segnale decisamente importante sulla scia della grande mostra internazionale Tefaf di Maastricht, tanto più che ora l’offerta si allarga al contemporaneo, alla fine degli anni ’90 del XX secolo. Alle gallerie sopra citate si aggiungono le «new entry» italiane: da Firenze la Roberto Ducci Gallery e Gallori Turchi Antichità e poi Ceci Antichità da Serramazzoni (Mo), Raffaello Pernici da Rosignano Marittimo (Li), Renzo Moroni da Roma e Reve Art da Bologna.
Il segretario generale della biennale fiorentina, Fabrizio Moretti, esprime la sua soddisfazione per «aver portato avanti un progetto di eccellenza, come confermato dalle adesioni straordinarie, che assicura una selezione delle opere da esporre affidata a un vetting sempre molto ferreo. Motivo di vanto è anche avere tra gli sponsor, oltre all’Ente Cassa di Risparmio di Firenze e alla Camera di Commercio, la maison Gucci, uno dei marchi più prestigiosi della moda che unisce il suo nome a una manifestazione come quella di Palazzo Corsini. Un progetto che, ci tengo a sottolinearlo, è una vera e propria esperienza, nella cornice del palazzo seicentesco con l’allestimento sobrio e non impattante di Matteo Corvino, che vedrà svolgersi in contemporanea anche la Florence Art Week nei vari luoghi della città, con mostre il cui volano sarà appunto la Biennale».
Uguale soddisfazione esprime Bruno Botticelli, presidente dell’Associazione Antiquari d’Italia: «L’edizione del 2024 conferma come la Biaf sia un faro per quanto riguarda la proposta e gli studi del prodotto artistico del nostro Paese. Io credo che l’Italia debba essere fiera del primato di questa mostra mercato che ha come primo obiettivo la valorizzazione del percorso artistico e della nostra storia». Condivide l’entusiasmo Riccardo Bacarelli, vicepresidente della Biaf e segretario generale dell’Associazione Antiquari d’Italia (festeggia quest’anno i 101 anni della ditta di famiglia, rallegrandosi dell’ingresso nell’attività del figlio Lapo), che sulle opere esposte alla prossima Biaf dice: «Tra le più notevoli ci saranno una scultura in gesso policromo di Ambrogio Borghi (1848-87), “La chioma di Berenice”, e due ritratti ideali all’antica, terrecotte policrome di Giuseppe Piamontini (Firenze, 1663-1744) e Giovacchino Fortini (Settignano, 1670-Firenze, 1736), pubblicate rispettivamente nelle monografie di Sandro Bellesi e di Mara Visonà e Bellesi».
Carlo Orsi (Milano) ribadisce quanto la Biaf sia l’«appuntamento più atteso in campo mondiale per l’arte italiana» e alla domanda se vi sia qualche possibile difetto, non ha dubbi: «Non riguarda certo la Biaf, bensì la tassazione delle opere, in cui perdiamo molta competitività rispetto, ad esempio, ai francesi che tassano le opere d’arte al 5%, noi al 22%: credo sia una questione che il nostro governo dovrebbe porsi». Viene alla mente l’aneddoto di Brancusi che fu tassato alla frontiera, alla fine degli anni Venti, perché un doganiere non riconobbe che «L’oiseau» era un’opera d’arte e classificò la scultura come un utensile da cucina, soggetto a tassazione a differenza dell’arte, che allora poteva passare l’oceano «tax free»! Concorde su questo argomento anche il gallerista Maurizio Canesso che ha appena celebrato i trent’anni di attività e partecipa alla biennale con due opere notevoli: una «Madonna col Bambino» di Agnolo Bronzino, straordinaria testimonianza di un cruciale momento della carriera dell’artista, in cui la lezione del Pontormo è ancora vivida ma già si intravedono i caratteri della pittura cristallina della maturità del pittore, e il «Lamento di Aminta» di Bartolomeo Cavarozzi (Viterbo, 1587-Roma, 1625), opera notificata, considerata la più bella versione dell’artista di quel soggetto.
Paragoni tra la Biennale di Firenze e Tefaf Maastricht? «Non li farei: sono due momenti entrambi molto prestigiosi ma si tratta di entità diverse (Maastricht tra l’altro è annuale). La Biennale di Firenze è una mostra preziosissima e ha conquistato un posto nel mercato internazionale di grande rilievo». Ma il mercato antiquario regge rispetto a quello dell’arte contemporanea? «L’arte contemporanea ha molta produzione e grande visibilità grazie a tante proposte e appuntamenti diversi. Tuttavia, l’arte antica, quella di alto livello, regge benissimo e per le opere importanti il mercato non è mai stato così florido come in questo momento», chiosa infine Canesso.
L’affermazione della Biaf a livello internazionale è avvenuta nonostante l’Italia abbia in materia di libera circolazione dei beni culturali leggi molto restrittive rispetto a quelle di altri Paesi europei: lo strumento della notifica, applicabile alle opere conservate sul territorio nazionale, non provenienti dall’estero (che possono godere invece, quando esposte nel nostro Paese, della «temporanea importazione»), è infatti da tempo al centro di una questione che nessun Governo si decide a risolvere. Gli antiquari italiani negli ultimi decenni si sono infatti fortemente battuti, ottenendo che nei giorni precedenti l’apertura al pubblico la commissione si esprima riguardo ai beni che possono essere esportabili, per non rischiare di causare brutte sorprese agli acquirenti stranieri. Sarebbe poi auspicabile che le opere poste sotto tutela con la notifica fossero acquistate dallo Stato per i musei pubblici, ma, come si sa, è un sogno utopistico: per la legge italiana, infatti, le due azioni non sono, come sarebbe logico, consequenziali, diversamente da altri Paesi come la Francia. Tuttavia, l’autonomia dei musei ha portato a un maggior numero di acquisizioni, e l’intesa tra le istituzioni e gli antiquari è molto migliorata.
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