Guglielmo Gigliotti
Leggi i suoi articoliQuello che adornava il salone di Villa Peretti Montalto e che fu salvato dalla distruzione dall’ultimo proprietario è uno dei primi cicli di vedute di Roma, genere che avrà molta fortuna internazionale fino a tutto il XIX secolo. Sono i 14 riquadri ad affresco, di 2,10x2 metri, che papa Sisto V (1585-90) fece realizzare per illustrare le sue grandi imprese urbane nella città di cui rivoluzionò l’aspetto. Ora, l’Istituto Massimo di Roma all’Eur, retto da gesuiti, ha promosso il restauro di queste preziose reliquie vedutistiche, affidandone il lavoro a Paola Mastropasqua.
A intervento ultimato si avrà modo di conoscere una «Roma sparita»: piazze, edifici e monumenti colti nelle loro sembianze al termine del XVI secolo. In spazi urbani animati dalla vita quotidiana di passanti, artigiani e carrozze in transito, a campeggiare sono le verticali dei tanti obelischi fatti erigere dal «papa urbanista», a mo’ di monumentale segnacolo per i tragitti dei pellegrini (in piazza San Pietro, piazza del Popolo, piazza San Giovanni in Laterano, dietro Santa Maria Maggiore). Verticali e magnifiche sono pure le colonne coclidi di Traiano e Marco Aurelio, su cui Sisto V fece installare le statue di san Pietro e san Paolo. Altre vedute hanno a soggetto la Scala Santa, il porto di Civitavecchia, la Mostra dell’Acqua Felice, ovvero alcune delle grandi opere commissionate dal papa, tra cui le prime bonifiche moderne della campagna romana. Di grande valore storico, è la prima veduta della cupola di San Pietro, terminata nel 1589. È questo infatti l’anno in cui viene a collocarsi questa impresa pittorica, realizzata da una squadra di artisti coordinati da Cesare Nebbia e Giovanni Guerra. Essa costituiva il fregio continuo dell’ambiente di rappresentanza della Villa Peretti Montalto, fatta costruire da Felice Peretti ancora cardinale, e completata durante il pontificato. Demolita nel 1888 per la costruzione della Stazione Termini, la villa ebbe salvi gli affreschi grazie alla sensibilità dei nuovi proprietari, i Massimo, il cui ultimo esponente, Massimiliano Massimo, gesuita, diede vita all’Istituto Massimo che ora ospita la galleria di vedute sistine.
Il problema è che, all’epoca dello stacco, tutti i riquadri furono incollati su tela e poi montati su tavole lignee (che ora risultano infestate da tarli). La maggior parte dei pannelli ha quindi problemi strutturali dovuti all’elasticità del supporto, caratteristica non idonea allo strato pittorico rigido del sottile intonachino dipinto. La restauratrice, nel primo dei suoi interventi (quello sull’affresco con la Colonna Traiana), ha provveduto allo strappo del dipinto e al suo incollaggio su pannello in Aerolam. Procederà così con tutte le restanti vedute, per le quali avverrà un consolidamento preliminare dei frammenti di intonaco in pericolo di caduta con resine in emulsione e, ove necessario, stuccatura localizzata per migliorare la messa in sicurezza degli strati pittorici, oltre a eventuale velinatura provvisoria di protezione su aree particolarmente fragili. Certo, prima di tutto ci sarà da eliminare il problema dei tarli, mediante biocida. Rimane il problema dei fondi per proseguire nel restauro. L’Istituto Massimo ha lanciato una campagna di fundraising, all’iban IT36B0569601617000006272X69, della Banca Popolare di Sondrio - Fondazione Gesuiti Educazione.
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