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Veduta di una delle sale del Museo Stefano Bardini di Firenze con al collezione di rilievi di «Madonne col Bambino»

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Veduta di una delle sale del Museo Stefano Bardini di Firenze con al collezione di rilievi di «Madonne col Bambino»

Quando l’antiquario Bardini regalò a Firenze la sua «cittadella»

Un volume raccoglie i contributi non solo di studiosi ed esperti internazionali, ma anche dei responsabili dei diversi enti cui oggi afferiscono le unità un tempo costituenti la «cittadella Bardini» dell’Oltrarno fiorentino

Elena Franzoia

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«Per dimostrare il culto che ho sempre nutrito per la gloria artistica di Firenze e per l’affetto che mi lega a questa città, lascio al Comune di Firenze il palazzo di mia proprietà in Piazza de’ Mozzi n. 1. Esprimo il desiderio che il Comune adibisca a uso di museo il palazzo e vi tenga esposta la galleria da me formata con grande amore in lunghi anni». Così scriveva Stefano Bardini nel suo testamento del 1922. Alle iniziative che nel corso del 2022 ne hanno commemorato a Firenze il primo centenario dalla morte è dedicato un volume. Un volume che raccoglie i contributi non solo di studiosi ed esperti internazionali, ma anche dei responsabili dei diversi enti cui oggi afferiscono le unità un tempo costituenti la «cittadella Bardini» dell’Oltrarno fiorentino. Non solo quindi l’elegante showroom dalle mille sfumature di blu poi divenuto museo, ma anche Palazzo Mozzi, la villa dalle impareggiabili viste sulla città e il castello neogotico della Torre del Gallo. 

Tra gli interventi raccolti nel volume spiccano i focus dedicati da Valeria Romana Niemeyer al rapporto tra Bardini e Wilhelm Bode e quello di Giancarla Cilmi sul ruolo dell’antiquario toscano nella nascita della collezione parigina Jacquemart-André, oltre al saggio di Alberto Boralevi che indaga l’importanza assunta dal mercante nel commercio internazionale ottocentesco dei tappeti orientali. La sezione che offre i contenuti più innovativi è «I segreti dell’Officina Bardini», in cui Marco Mozzo e Giulia Coco (direttore e curatrice della futura Galleria Mozzi Bardini) presentano uno sfaccettato viaggio in quel patrimonio di oltre 30mila oggetti che il figlio di Stefano Bardini, Ugo, anch’egli antiquario, nel 1965 morendo lasciò nei laboratori di restauro dove venivano creati i celebri pastiche. Di questi materiali, che andranno appunto a costituire un secondo museo afferente alla Direzione Regionale Musei della Toscana, sono tuttora in corso le operazioni di catalogazione e archiviazione, di cui il volume propone approfonditi spaccati afferenti alla fotografia, al disegno, agli arredi lignei e alle collezioni tessili. 

Stefano Bardini 1922-2022
a cura di Giulia Coco, Carlo Francini, Marco Mozzo e Valentina Zucchi, 176 pp., ill. col., Polistampa, Firenze 2024, € 28

La copertina del volume

Elena Franzoia, 30 settembre 2024 | © Riproduzione riservata

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