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Marie Potard
Leggi i suoi articoliSono stati concordi i commenti dei partecipanti a Masterpiece e alla London Art Week. In fiera un Netscher a 6,8 milioni e un Delaunay a 4,5
Masterpiece, lussuosa fiera londinese, ha chiuso i battenti il primo luglio con un bilancio positivo. Sempre elegante, dall’atmosfera ovattata e ariosa, è ormai ben consolidata nel calendario internazionale, un risultato conseguito in appena sei anni. In quei giorni tutti gli sguardi degli addetti ai lavori erano rivolti verso la capitale britannica, che al panorama antiquario aggiungeva vendite all’asta di prestigio di arte impressionista, moderna, contemporanea e di pittura antica.
Contemporaneamente si teneva la «London Art Week», una settimana di mostre per la vendita nelle gallerie. Questa concentrazione di eventi ha spostato le folle e gli organizzatori hanno saputo attirare nomi di rilievo, come i londinesi Simon Dickinson e Richard Green o i parigini Kraemer, Didier Aaron e Marcilhac (quest’ultimo era assente dalla fiera dal 2011).
Si sono visti molti inglesi, americani e molti russi. «Al vernissage, la qualità della clientela era assicurata. A Londra ci sono clienti che a Parigi non vediamo, provenienti dall’Europa del Nord come gli svedesi, ma anche dal mondo della finanza, dei libanesi, degli indiani», ha fatto notare Roxane Dumonteil (della parigina Galerie Dumonteil). «Ho incontrato solo nuovi clienti», ha dichiarato Patrick Mestdagh (Bruxelles) che esponeva dei sorprendenti pezzi giapponesi, tra cui un grande bacile e un tavolo laccato, venduti. «A Londra non va l’arte africana. Occorrono pezzi adeguati al gusto inglese».
Ogni specialità era ben rappresentata, gioielli e archeologia forse un po’ in eccesso. Masterpiece è soprattutto una fiera dedicata all’oggetto d’arte, contrariamente a Frieze Masters per esempio, su cui Masterpiece sembrerebbe prendere il sopravvento, secondo alcuni mercanti. Jacques de la Béraudière (Ginevra), che partecipava per la prima volta all’evento, esponendo numerose opere di Victor Brauner, oltre a l’«Eterna primavera» (1898) di Rodin, lamentava una carenza di pittura moderna: «C’è bisogno di concorrenza!». Le vendite sono state sostenute fin dall’apertura della fiera. I mercanti avevano raddoppiato gli sforzi, portando opere di grosso calibro: da Carter Marsh & Co (Winchester) si poteva ammirare la Medici Tompion, 1696 ca (6 milioni di euro), una pendola realizzata da Thomas Tompion e donata a Cosimo III de’ Medici.
Da Steinitz (Parigi), eletto «stand dell’anno», ornava le pareti una boiserie Art Déco proveniente dal salone africano di una dimora belga. La galleria presentava quattro applique in bronzo dorato acquistate di recente da Christie’s, ex collezione Rothschild, che erano state presentate come del XIX secolo, «mentre sono di provenienza reale, epoca Luigi XVI», ha fatto notare Benjamin Steinitz (2,2 milioni di euro). Kraemer presentava una carrozzina per bambini del XVIII secolo, «la più bella che si conosca al mondo», ha detto Sandra Kraemer, un oggetto che porta il blasone della famiglia reale spagnola, probabilmente per il nipote di Luigi XIV. Dickinson, che aveva già venduto un Miró (una composizione del 1965) e «Gli sposi al circo», di Chagall (1980 ca), proponeva un’opera monumentale di Robert Delaunay di 3 metri d’altezza, «La città di Parigi, la donna e la tour Eiffel» (4,5 milioni di euro). Mermoz (Parigi) presentava una dea azteca, Chicomecoatl (280mila euro); Richard Green esponeva «Giovane donna con un pappagallino» di Gaspar Netscher (6,8 milioni di euro) e «Paysannes dans les champs» (2,5 milioni di euro), di Camille Pissarro. Vanderven Oriental Art (di ’s-Hertogenbosch, Olanda) esponeva due grandi ceramiche Tang (618-907) mentre Long Shap Gallery (Indianapolis) esponeva un Ritratto di donna di Picasso, 1897 (1,3 milioni di euro).