Claire Voon
Leggi i suoi articoliDopo 35 anni in deposito, una scultura monumentale di Eva Hesse sarà esposta quest’estate al Guggenheim Museum di New York come fulcro di una mostra che esplora l’uso dei materiali e l’eredità dell’artista.
«Expanded Expansion» è stata realizzata nel 1969, un anno prima della morte dell’artista, e presenta 13 pannelli di tela di garza gommata alti 3 metri e sostenuti da pali in fibra di vetro e resina. Sebbene sia stata esposta più volte, l’opera è stata infine ritenuta «non mostrabile» in quanto i suoi materiali si erano deteriorati al punto che i conservatori non erano sicuri che potesse sostenere il proprio peso. L’opera sarà esposta l’8 luglio dopo un attento restauro da parte del team di conservatori del Guggenheim, effettuato in stretta consultazione con gli assistenti di Hesse, i suoi amici e gli esperti dell’artista.
«La gomma si è scurita ed è un po’ rigida, ma ora sta in piedi, dice Lena Stringari, vicedirettore e conservatore capo del museo. È splendido. Molto potente. La potenza e l’assurdità di cui Hesse ha sempre parlato sono ancora presenti».
Expanded Expansion è l’unica opera di Hesse che il Guggenheim possiede, donata nel 1975 da Helen Charash, sorella dell’artista. Il museo ha esposto la scultura per la prima volta in occasione della mostra commemorativa di Hesse del 1972 e per l’ultima volta nel 1988 insieme ad altre opere dalle sue collezioni. «Expanded Expansion» è stata esposta anche mentre Hesse era ancora in vita, ad esempio in occasione della storica mostra «Anti-Illusion» del 1969 al Whitney Museum. Una fotografia di quell’anno mostra Hesse in un abito polka dot in posa con l’opera, la cui struttura drappeggiata mostra qualità traslucide e vaporose.
L’artista, morta per un tumore al cervello all’età di 34 anni nel 1970, ha raggiunto il suo apice alla fine degli anni Sessanta, creando sculture che superavano il rigido linguaggio del minimalismo aggiungendogli eccentricità e giocosità. Fondamentale per la sua arte è stato l’utilizzo del lattice, un materiale che ha sperimentato per la prima voltra nel 1967 all’interno del gruppo «Experiments in Art and Technology», che riuniva artisti e ingegneri. Tuttavia il materiale si degrada rapidamente nel tempo, tendendo a «diventare molto secco e fragile, afferma Michelle Barger, responsabile della conservazione al Museo d’Arte Moderna di San Francisco, che ha condotto un’ampia ricerca sull’uso dei materiali di Hesse. La tipologia che era solita usare ha l’aspetto di una sottile pastella per pancake quando esce dalla lattina».
Spesso Hesse spennellava il lattice su supporti fibrosi come la stamigna, la tela e la corda, in linea con la sua formazione di pittrice. «Expanded Expansion», progettata per essere compressa o estesa fino a una larghezza di circa 9 metri, è una delle sue opere più grandi e considerata una delle più importanti.
«Lei ama lavorare con le contraddizioni, e "Expanded Expansion" è un grande esempio, sia dal punto di vista materiale che concettuale, dell’opposizione tra forte e debole, duro e morbido, dice Stringari. Stava esplorando nel profondo l’assurdità di ciò che stava facendo cercando di realizzare opere che le piaceva pensare si riferissero al "nulla", che esprimessero in qualche modo umorismo ma allo stesso tempo fossero piene di emozioni».
Il restauro è iniziato nel 2021, dopo che il Guggenheim ha ricevuto un finanziamento per l’impresa dall’Art Conservation Project della Bank of America. La conservatrice del museo Esther Chao ha condotto test con diversi tessuti e adesivi per simulare l’invecchiamento del materiale, scegliendo il poliestere di seta da utilizzare come una sorta di benda. «Si tratta di un trattamento piuttosto minimale su tutte le rotture, spiega Stringari. Quello che abbiamo cercato di fare è ripristinare ciò che resta della traslucidità senza ottenere macchie [visibili]. Abbiamo anche ammorbitio la superficie, in modo da recuperare un po’ di drappeggio».
La mostra, anch’essa intitolata «Expanded Expansion», vuole porre domande sull’eredità di un’artista morta giovane con una produzione piuttosto modesta. Hesse era ben consapevole del carattere impermanente dei suoi materiali, ma li sceglieva perché in quel momento le davano i risultati desiderati; era poco preoccupata della longevità. «A questo punto mi sento un po’ in colpa quando la gente vuole comprare [le mie opere in lattice], disse nel 1970. Non sono sicura di quale sia la mia posizione sulla longevità delle mie opere. Una parte di me pensa che sia superfluo e sia più importante la mia necessità di utilizzare la gomma. La vita non dura; non dura l’arte».
Questo suo atteggiamento ha lasciato le istituzioni con il problema di come rappresentare al meglio il suo lavoro, soprattutto quando l’esposizione potrebbe non essere una via ancora praticabile. «La sua ambiguità è molto chiara, e noi siamo rimasti bloccati in essa», dice Stringari.
Il dibattito intorno al restauro di «Expanded Expansion» è in corso da due decenni, a seguito della possibilità che era emersa di includere l’opera in una retrospettiva di Hesse al San Francisco Museum of Modern Art nel 2002, organizzata dalla curatrice Elizabeth Sussman. Il San Francisco Museum of Modern Art aveva ospitato una tavola rotonda per raccogliere i contributi di persone vicine a Hesse, tra cui la sorella dell’artista, la sua assistente e i conservatori specializzati in gomme. Era presente anche Sol LeWitt, amico e confidente di Hesse che, da quanto ricorda Barger «sentiva che [l’opera] era l’ombra di ciò che avrebbe dovuto essere». Per comprendere meglio la costruzione della scultura, nel 2008 il dipartimento di conservazione del Guggenheim ha collaborato con l’assistente di Hesse Doug Jones per creare il mock-up di una sezione.
A complicare le operazioni di restauro di «Expanded Expansion» c’è il fatto che Hesse l’aveva progettata per essere variabile. Avrebbe potuto essere allungata, compressa, avvolta intorno a un angolo o addirittura appoggiata sul pavimento. Tuttavia, il lattice non può essere riportato in vita e la sua rigidità limita il movimento. Per dare ai visitatori un’idea della sua passata flessibilità, in mostra saranno esposte le fotografie del regista Robert Fiore che documentano «Expanded Expansion» in varie posizioni nello studio di Hesse. Un filmato di Dorothy Beskind che ritrae Hesse nel suo studio e un’intervista audio inedita del 1970 con Cindy Nemser offriranno inoltre una visione del processo creativo dell’artista.
Tra gli altri oggetti nella mostra in una delle gallerie del Guggenheim ci sono disegni preparatori per «Expanded Expansion» e teche di vetro riempite di piccole sculture sperimentali che la studiosa Briony Fer ha definito «studiowork». Hesse aveva regalato diverse di queste opere a LeWitt, che le aveva collocate in una teca da pasticceria trovata in Canal Street. «Le piacque così tanto che ne creò altre, secondo Stringari. Si ha la sensazione che lei lavorasse con i materiali per cambiarli e vedere come si comportano».
La mostra del Guggenheim cerca in definitiva di raccontare una storia senza tempo: la complessa vita di un’opera soggetta a cambiamenti che sfuggono al controllo del suo creatore. «Non sappiamo cosa penserebbe Hesse, dice Stringari. Non sappiamo se la mostrerebbe o meno. Si può immaginare che se fosse restata in vita, avrebbe ora una produzione molto vasta, e forse questo pezzo non sarebbe così importante come lo è oggi».
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