Valeria Tassinari
Leggi i suoi articoliPer chi aveva contribuito a idearlo e fondarlo, per chi ci da anni ci lavorava e per i tanti che si erano strenuamente battuti per evitarne la chiusura, la riapertura dal 30 novembre del Museo della Storia di Bologna all’interno del monumentale Palazzo Pepoli è una piccola soddisfazione, ma assolutamente non definitiva. La previsione, infatti, è quella di una riattivazione temporanea (si parla di due anni) in attesa della già annunciata destinazione dell’immobile all’allestimento del museo dedicato a Giorgio Morandi, progetto ritenuto fortemente identitario dell’attuale Giunta.
Intanto, però, inaspettatamente la macchina museale è ripartita e, a otto mesi dalla chiusura decisa la scorsa primavera, quando già si stavano preparando le casse per lo smantellamento, hanno trovato ascolto le proteste e le obiezioni sollevate da un’ampia rappresentanza della cultura e dell’opinione pubblica bolognesi (). Così, mentre già si paventava la dispersione della ricca e complessa struttura espositiva, non solo il Museo della Storia riapre al pubblico praticamente intatto, ma tutto il complesso architettonico che lo ospita viene ora rilanciato come centro di valorizzazione e divulgazione del patrimonio culturale e creativo bolognese, che promette esperienze di immersione nella città emiliana. L'idea di un «hub della bolognesità» piace, e convince abbastanza, tanto che, se ora ci si deve accontentare di una «concessione di proroga» ben sapendo che è a scadenza, già spera che il rilancio di attenzione sia foriero di un successo tale da indurre la politica a un ripensamento definitivo.
In attesa che il sindaco Matteo Lepore valuti l’opportunità di nominare una figura direttiva che coordini il progetto complessivo, fin da questi primi giorni di riapertura Palazzo Pepoli si presenta dunque piuttosto attrattivo, in nome di una vocazione più ampia che lo vuole spazio di aggregazione rivolto a scuole, famiglie, cittadini e, in una città a crescente vocazione turistica, a turisti desiderosi di capire lo spirito del luogo. Se appare chiaro che, con l’uscita di scena di Genus Bononiae, precedente ente gestore, la responsabilità della restituzione al pubblico e alle scuole del percorso museale sarebbe gravata sull’ente pubblico, molto significativa per comprendere le prospettive di sviluppo è la nuova sinergia tra pubblico e privato che si è creata tra Comune di Bologna, Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna e Bologna Welcome, enti che collaboreranno nella gestione dell’intero complesso e di eterogenee iniziative, promuovendo una visione più popolare e inclusiva della cultura anche attraverso un’offerta che si annuncia ampia di mostre e attività temporanee.
Tra le novità spiccano una grande piazza coperta a libero accesso, nella cui torre centrale è collocato un corner dedicato alle varie De.Co. (Denominazioni Comunali di Origine) legate ai saperi tradizionali del territorio illustrati anche da museo: dal ballo folkloristico della Filuzzi, al gioco del Tarocchino, dall’arte delle sfogline alla liuteria e alle pratiche artigianali di eccellenza, come la lavorazione della scultura in arenaria, il merletto dell’Aemilia Ars e gli amatissimi burattini dalle teste di legno, ai quali è anche dedicato anche un nuovo teatro per metterli in scena.
Parallelamente, una serie di appuntamenti vuole portare l’attenzione sull’identità della città, tra memorie e riflessioni sulla visione del futuro. Ad aprire questo percorso è il progetto dall’emblematico titolo «Prospettiva Bologna. Tra narrazioni e identità», un programma di incontri dedicati a vari ambiti e storie, dalla musica alla lingua, dalla spiritualità alle tradizioni e alla politica, a cura di Roberto Grandi, docente universitario di sociologia della cultura e da molti anni figura di rilievo sulla scena della città felsinea, dove ha ricoperto diversi ruoli istituzionali. Un’idea per costruire intorno al museo un racconto polifonico, in grado di dare continuità all’esposizione attraverso testimonianze e approfondimenti, e per amplificarne il respiro.
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