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Rinasce la storica rivista edita dalla Biennale di Venezia

Dopo 53 anni torna in versione cartacea e a cadenza trimestrale. È diretta da Luigi Mascheroni. Abbiamo sfogliato «Diluvi prossimi venturi», il primo numero in edizione limitata della «rinata» rivista

Matteo Bergamini

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Nata nel 1950, con una antesignana sezione dedicata alla moda, aspetto legato tanto alla contemporaneità quanto delineandosi come osservatorio sociale, la Rivista della Biennale di Venezia aveva funzionato fino ai primi anni ’70, quando si era poi trasformata nell’Annuario diretto da Vladimiro Dorigo, a partire dal ’75. Oggi, impulsionata anche dall’esperienza della Biennale del 2020, che vide impegnati i direttori artistici delle sei sezioni (Arte, Architettura, Cinema, Danza, Musica, Teatro), in uno scandagliamento degli Archivi per mostrare «La Biennale di fronte alla storia» (sottotitolo de «Le Muse Inquiete») la rivista ritrova un vero e proprio corpo. Un corpo di carta, trimestrale e tematico, sotto il segno della parola «Ricerca», lemma che del resto è sempre stato caro alla coscienza della Biennale di Venezia.
«Sfogliando questo numero, tutto va a combaciare con le immagini che abbiamo davanti agli occhi», racconta il Presidente Pietrangelo Buttafuoco, esplicando la scelta del tema dell’acqua proprio per il nostro essere completamente immersi in questa «Età» che sempre più si sta rivelando fondamentale nella necessaria cura e attenzione all’ambiente, nonostante il compimento quasi assoluto del mondo digitale.
Ancora: una rivista di contenuti sempre inediti intorno a un filo conduttore, per un «oggetto» che dovrà esserlo oggettivamente per essere letto, sfogliato, conservato... Per scoprire un apparato iconografico che attinge ai materiali dell’Archivio e alla Fototeca della Biennale e, non in ultimo (ecco la scelta di non realizzare nessuna versione «online») per non essere abbandonato come un vuoto a perdere nei meandri del mare magnum della rete, giusto per utilizzare un’altra metafora acquatica.
E mentre la Direttrice Editoriale, Debora Rossi, insiste sull’apertura al nuovo e sulla capacità di intravedere il mondo attraverso gli sguardi da sempre perseguiti dalla Biennale e dai suoi apparati, Luigi Mascheroni (giornalista de «Il Giornale» e nominato Direttore Responsabile della rivista «La Biennale di Venezia»), ha sottolineato la doppia qualità di questa rinascita: interdisciplinare, per il suo toccare tutti i campi del sapere partendo dalle arti; internazionale nel senso più ampio del termine, già che ogni autore scriverà, di volta in volta, nella propria lingua. Una rivista che, incalza Mascheroni durante la presentazione milanese al Circolo del Giardino, «Sarà un vero feticcio, per la qualità del progetto e per la qualità dell’oggetto tipografico», la cui immagine è affidata a Studio Tomo Tomo.

 

 

 

La redazione della rivista

Dentro «Diluvi prossimi venturi»

Una strofa del poema «Di questo», di Vladimir Majakovskij, apre il primo ritrovato numero della Rivista della Biennale, intitolato «Diluvi prossimi venturi». Una storia d’acqua, e come non poteva essere liquido un primo numero di una rivista nata a Venezia? Un percorso tra i vari stati di questa materia, distillata in gocce, vapori, illusioni. Travasata. D’altronde, come scrive Fiorenza Ferretti, citata nell’intervento «La notte in un bicchiere» di Chiara Ianeselli e dell’ingegnere Emanuele Rosa, «Dio ha creato Paesi ricchi d’acqua perché gli uomini vi vivano, i deserti perché vi ritrovino la propria anima». In questo caso si racconta di Carlos Perez Marin, che a Tissardmine, nell’est del Marocco, ha empiricamente sperimentato un sistema che raccogliesse l’acqua della notte, ricreando delle tende, delle navi di tessuti che potessero ospitare, anche solo per poche ore, la condensazione. Così, questo numero, parte e fende le acque come un veliero, silenzioso, attraccando in città-spugne, costruendo un percorso d’architettura che lascia spazio a edifici di natura, cattedrali di mangrovie, geometrie di verde.
E poi, i racconti: Giovanni Lindo Ferretti e la poesia del micro-luogo del lago del Cerreto, al confine tra le provincie di Reggio Emilia e Massa-Carrara, «una piccola valle ricca di acque sorgive, un pezzo di terra benedetto da Dio». Un’altra storia italiana è dedicata al mare di Napoli, o meglio, a quel mare che «Non bagna Napoli», come riporta l’iscrizione permanente del duo BiancoValente sul terrazzo del Museo MADRE, nel testo di Francesco Palmieri: «Il mare di Napoli è vero e inventato come veri e inventati sono stati i suoi umani animatori». E ancora il regista Peter Weir che racconta l’ossessione del cinema nel raccontare l’acqua senza mostrarla. Infine, Andrea Vespignani e le sue immagini bellissime, per le «Venices of Tomorrow», ovvero quelle città che dovranno fare i conti, nei prossimi anni, con innalzamenti di masse d’acqua e questioni idrografiche.
Vengono alla mente le velme, quelle porzioni di fondale lagunare poco profondo, che emergono in occasione delle basse maree, fortemente a rischio a causa del degrado morfologico e dell’erosione, forse l’immagine fangosa della più profonda, prolifica e preziosa relazione tra acqua e terra; un sommerso che non deve smettere di emergere, una «urgenza del presente» come aveva ben identificato, a proposito di correlazioni, lo splendido progetto di Marzia Migliora a Ca’ Rezzonico nel 2017, parte del programma collaterale della 57ma edizione della Mostra d’Arte, curata da Christine Macel.
Dulcis in fundo, salpando, le pagine dedicate al Sabir, l’idioma parlato nei porti, sulle navi e nei mercati di tutto il Mediterraneo tra il XIII e il XIX secolo, corredate dalle immagini de «Il Teatro del Mondo», intervento di Aldo Rossi per la prima Biennale di Architettura del 1980: rimettere in moto questo sapere abbracciante e metamorfico, è forse una delle più belle sfide per la ritrovata vita della Rivista.Già in cantiere invece il secondo numero, legato alla storia della Biennale non tanto in fatto di memoria, ma all’Archivio come possibilità di dare ordine al caos. La mastodontica (im)possibilità che l’arte, da sempre, aspetta al varco.

Luigi Mascheroni

Matteo Bergamini, 26 gennaio 2025 | © Riproduzione riservata

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