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Le opere dell’artista forlivese dialogano, nella Pinacoteca Ambrosiana con Raffaello e Brueghel, a Capodimonte con Pontormo, Parmigianino, Ribera, El Greco...
- Ada Masoero
- 16 novembre 2025
- 00’minuti di lettura
Alberto Samorì, «Trabaccante», 2025
Samorì: un progetto unico, tra Milano e Napoli
Le opere dell’artista forlivese dialogano, nella Pinacoteca Ambrosiana con Raffaello e Brueghel, a Capodimonte con Pontormo, Parmigianino, Ribera, El Greco...
- Ada Masoero
- 16 novembre 2025
- 00’minuti di lettura
Non due mostre in due città, Milano e Napoli, antiche capitali entrambe ma così diverse per tradizioni, cultura, clima e costumi, e in due musei, la Pinacoteca Ambrosiana e il Museo e Real Bosco di Capodimonte, ambedue d’ineguagliabile bellezza ma così differenti anch’essi (ma complementari), bensì un unico progetto congiunto, pensato come un’entità declinata in due realtà: questo è la mostra «Nicola Samorì. Classical Collapse», che delle due sedi e delle loro collezioni si avvale non come di meri contenitori ma come di dispositivi capaci di indurci a rileggere la nostra tradizione più alta grazie alla luce dei loro capolavori, rinascimentali a Milano, barocchi a Napoli, filtrata però attraverso il prisma dello sguardo di un artista come Nicola Samorì (Forlì, 1977).
Il progetto, curato da Demetrio Paparoni, Alberto Rocca, direttore della Pinacoteca Ambrosiana, ed Eike Schmidt, direttore del Museo e Real Bosco di Capodimonte, vede Samorì confrontarsi a Milano (dal 28 novembre al 13 gennaio 2026) con il cartone preparatorio per «La Scuola di Atene» di Raffaello, accanto al quale viene esposto un suo dipinto altrettanto monumentale (cinque metri per dieci), cui si aggiungono, in altri spazi dell’Ambrosiana, sue opere poste a confronto con i fiori-vanitas di Brueghel e con i meravigliosi marmi dal monumento funebre a Gaston de Foix (1489-1512) del Bambaia (Agostino Busti, 1483-1548), «naturale matrice dei marmi svuotati di Samorì», mentre nella Cripta del Santo Sepolcro sculture lignee verticali entrano in risonanza con le sottili colonne marmoree di questo spazio tanto mistico.
A Napoli invece (dal 29 novembre al primo marzo 2026) quasi 40 lavori di Samorì dialogano con dipinti delle collezioni del Museo, opera di Brueghel, Pontormo, Parmigianino, Ribera, El Greco in un itinerario che dalla luce (di Sebastiano del Piombo) conduce al buio di Brueghel (nella «Parabola dei ciechi»), opera sconvolgente rielaborata da Samorì (nel progettarla, anche con l’IA) in un dipinto di due metri per cinque. Poi è la volta dell’indagine sulla «pelle», pittorica e umana, condotta attraverso opere esemplari del Barocco napoletano come lo «Scorticamento di Marsia» (di Jusepe de Ribera e di Luca Giordano), rilette con una pittura contemporanea che scortica sé stessa, esponendosi, dolorosamente e quasi impudicamente, allo sguardo dell’osservatore. Nel catalogo di oltre 300 pagine (di Moebius), i saggi dei curatori, Demetrio Paparoni, Alberto Rocca, Eike Schmidt, e i contributi dello scrittore Antonio Moresco e del teologo e critico d’arte Friedhelm Mennekes.