Barbara Antonetto
Leggi i suoi articoliNel 1832 la compagnia di assicurazioni Generali, nata l’anno precedente, apriva il suo primo ufficio all’interno delle Procuratie Vecchie e di lì a poco avrebbe scelto il Leone di San Marco come simbolo aziendale. Centottantacinque anni dopo Generali è un gruppo con quasi 74mila dipendenti in oltre 60 Paesi, ma con un cuore ancora veneziano. Sono queste le basi su cui poggia il progetto di rivitalizzare Piazza San Marco sostenendone il ruolo di arena pubblica e centro nevralgico di una città che nella sua storia è sempre stata crocevia di culture e simbolo di creatività e inclusività. Contrastando il rischio che la piazza si riduca a pura icona turistica, il progetto si impernia sull’apertura al pubblico (per la prima volta dalla loro edificazione 500 anni fa) delle Procuratie Vecchie, ma si estende anche alla parte sud della piazza contemplando il recupero dei Giardini Reali e il ripristino di un ponte levatoio di collegamento tra questi ultimi (affacciati sul Bacino di San Marco) e i cortili delle Procuratie Nuove (e quindi la piazza stessa).
Entro il 2020 le Procuratie Vecchie saranno restaurate con una destinazione d’uso sociale: diventare la sede di un’ambiziosa iniziativa globale denominata The Human Safety Net e finalizzata a creare opportunità affinché persone svantaggiate possano avere un futuro migliore. I prestigiosi spazi ospiteranno spettacoli, mostre, incontri e altre iniziative volte alla creazione di una rete di solidarietà. L’idea è quella di far entrare in contatto, stimolandone la partecipazione, i 20 milioni di visitatori all’anno di Piazza San Marco.
L’iniziativa, in cui Generali convoglierà 140 milioni di euro, è infatti aperta ad alleanze e partnership con chiunque ne condivida la missione: promuovere pari opportunità di vita per i bambini che crescono in condizioni di povertà, supportare la creazione di start up di rifugiati e salvare la vita dei neonati dalle gravi conseguenze dell’asfissia. L’ambizione è di contrastare questi tre problemi particolarmente pressanti della società attuale innescando, anche grazie alla sede del progetto in un luogo universale come Piazza San Marco, un sistema di aiuto a catena.
Il restauro delle Procuratie Vecchie è stato affidato a David Chipperfield, noto per le sue ristrutturazioni rispettose del patrimonio architettonico e sociale. L’architetto ha precisato che lavorerà in collaborazione con il Comune e la Soprintendenza e che non inserirà all’interno dell’edificio un progetto ideato a priori, bensì procederà con «operazioni chirurgiche che verranno stabilite con l’avanzare dei rilievi conoscitivi e dei lavori. La metodologia sarà dunque dettata dall’edificio stesso che, in ogni caso, dietro la facciata coerente ha perso la propria identità attraverso le molte trasformazioni degli interni (quasi 11mila metri quadrati) avvenute nel tempo, in particolare l’utilizzo in senso orizzontale di una costruzione che era stata realizzata in verticale».
Le Procuratie erano infatti le abitazioni su più piani (con attività commerciali a piano terra) di alti funzionari della Repubblica Veneta: i nove procuratori. Iniziate dall’architetto Bartolomeo Bon vennero portate a compimento nella prima metà del Cinquecento da Jacopo Sansovino. Nel dettaglio il progetto che, prosegue Chipperfield, «nel favorire l’accessibilità restituirà alla struttura l’integrità compromessa», prevede il restauro conservativo degli apparati decorativi, il risanamento e consolidamento statico dei solai, la realizzazione di vasche di contenimento delle maree e l’adeguamento impiantistico. Nonostante queste premesse Italia Nostra è in allarme perché il progetto prevederebbe la costruzione di una terrazza. Nel contempo, grazie alla partnership tra Generali e Venice Garden Foundation, i Giardini Reali sorti in epoca Napoleonica stanno recuperando il disegno originario e torneranno a essere collegati con un ponte levatoio alle Procuratie Nuove.
Qui il Comité Français pour la Sauvegarde de Venise sta restaurando, ancora con il sostegno di Generali, le 27 stanze del Palazzo Reale, tra cui l’appartamento dell’imperatrice Sissi e la sala moresca voluta intorno al 1855-56 dal cognato, l’arciduca Massimiliano d’Asburgo, al ritorno da un viaggio in Spagna.
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