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Toti Scialoja in una fotografia di Milton Gendel 1991. Fondazione Primoli Roma

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Toti Scialoja in una fotografia di Milton Gendel 1991. Fondazione Primoli Roma

Scialoja, una moltitudine di anime

Pittore, poeta, scenografo, critico d’arte, docente. E molto altro ancora

Guglielmo Gigliotti

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Chi fu veramente Toti Scialoja? Lo racconta ora Barbara Drudi, in Toti Scialoja. In una luce chiarissima, una monografia su un uomo che riunì in sé, in piena coerenza interiore, una moltitudine di anime. Quella di pittore, di poeta e di scenografo, ma anche di sottile critico d’arte, di docente, e poi di amico di artisti, poeti, docenti, critici d’arte ecc: una forza della cultura e della natura, per come lo descrive chi l’ha conosciuto da molto vicino.

Barbara Drudi è storica dell’arte, ma anche nipote di Antonio Scialoja, per tutti Toti, per lei «zio Toti». Lo zio nasce in una famiglia di alta borghesia romana nel 1914, e muore nel 1998, dopo un lungo viaggio condotto nei meandri dell’arte e della mente. A sostenerlo è stata sempre una lucida consapevolezza concettuale, accompagnata da una lettura poetica della vita. La sua prosa, come riscontrabile nelle molte citazioni, è tra le più preziose e intense del secolo, la sua cultura vastissima, le sue conclusioni, sempre ebbre della gioia della scoperta. E poi c’era lei, l’amata Gabriella Drudi, conosciuta nel 1949, all’indomani della separazione con la prima moglie, la pittrice Titina Maselli. Coltissima anche lei, scrittrice e traduttrice, spinse Toti, dai primi anni ’50, ad espandere il suo sguardo verso le avanguardie e verso l’estero. Ma un aneddoto del libro restituisce meglio di tanti fatti il loro amore: bevevano il caffè da una sola tazzina, sorseggiando a turno, tenendosi per mano.

I grandi risultati artistici di Toti, le mostre, i cataloghi, e poi i successi come poeta, la sua travolgente qualità di docente che amplia la mente degli ascoltatori, tutto ciò è noto e storicizzato. Ma l’anima di Toti, il segreto della sua umanità, si palesa in altri particolari, come quello narrato nelle pagine sul soggiorno a New York del 1956, assieme a Gabriella Drudi. Visitano gli studi di Rothko, de Kooning, Kline, Newman, Guston, Frankenthaler, ma Toti non sa l’inglese. Come esprimere la sua meraviglia e il suo entusiasmo? Con piccole gag mimiche e incisivi gesti, da quei grandi molto apprezzate e lungamente ricordate.
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Quando poco dopo sarà Rothko a giungere a Roma, Toti e Gabriella lo condurranno a Tarquinia, a Cerveteri, sull’Appia antica, e poi a cena con Capogrossi, Perilli, Franchina, Fioroni e un giovanissimo Plinio De Martiis. Si afferma plasticamente nelle pagine del libro la figura di Toti affettuoso amico. Nella sua casa di Procida ospita Afro, Perilli, Burri, Twombly, Marca-Relli, Birolli, Novelli, Eugenio Montale e Alberto Moravia. Ma anche Elsa Morante, che così scopre quell’isola fascinosa, che nella sua arte sopraffina diverrà L’isola di Arturo. Non mancheranno a Procida affezionati studenti d’Accademia (a quella di Roma insegnerà Scenografia dal ’53, per diventarne direttore nel 1982-86).

Negli anni ’30, alla Galleria della Cometa di Mimì Pecci Blunt, conosce Libero de Libero, Corrado Cagli, Guttuso, Cesare Brandi, suo vero mentore: con tutti, l’intesa è tanto culturale quanto amicale. «Ho sentito per anni la mia vita e la vita degli altri come pura gioia da celebrare ogni sera, con una festa di ritrovamento», scrive nel suo diario, il Giornale di Pittura, dove prosegue: «Ogni sera andava sacrificato il vitello più grasso, per questa presenza miracolosa e gioiosa». Il miracolo della vita vissuta come opera d’arte condivisa, è stata la forza dell’uomo Toti, ma il suo animo conosceva bene, a tratti, anche l’onda della malinconia. A chi scrive, disse di essere «un infelice felice».

Aveva conosciuto anche il grande dolore Toti, suo e degli altri, tra cui quello della «prediletta nipotina» Barbara Drudi, al momento in cui perse il padre Sergio (fratello di Gabriella Drudi), a cui il libro è dedicato: morto suicida nell’agosto 1963, con l’autrice del presente libro che aveva 20 mesi. Ciò legherà molto gli «zii Gabriella e Toti» alla bambina, che poi cresce e, influenzata da loro, si iscriverà alla Facoltà di Lettere, dove si laurea in Storia dell’arte, col fine anche di poter raccontare un giorno la sua storia intrecciata a quella dei due zii. Talmente intrecciata, che le prime celebri poesie nonsense di Toti sono state composte proprio per divertire Barbara Drudi e la sorella Alice, ancora bambine.

Parlando di Toti Scialoja, l’autrice parla quindi anche un po’ di sé, sia nella prima parte del libro, di natura biografica, che nella seconda, dove ad essere scandagliate sono l’attività di pittore, di scenografo e di poeta: vita e arte, esistenza e suo sogno, che in Scialoja diventavano un tutt’uno.

Toti Scialoja. In una luce chiarissima

di Barbara Drudi, pp. 287, ill. col., Gli Ori, Pistoia 2023, € 29

Guglielmo Gigliotti, 14 febbraio 2024 | © Riproduzione riservata

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