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Charlotte Burns
Leggi i suoi articoliCome cambiano i tempi! Una volta Christie’s riteneva che gli accordi finanziari privati sanciti prima delle vendite pubbliche fossero «terribilmente pericolosi per la stessa attività», come Christopher Burge, ex presidente della casa d’aste a New York, aveva dichiarato al New York Times nel 1990.
Passano 25 anni, e la casa d’aste stabilisce accordi finanziari in merito alle opere consegnate sempre più complessi. Le nostre indagini a conclusione dell’asta di arte del dopoguerra e contemporanea di New York del 13 maggio hanno messo in luce un complicato sistema di finanziamenti in cui denaro fornito da terze parti è impiegato da Christie’s per contenere i rischi, ma non in forma di una tradizionale «garanzia». Almeno cinque opere all’asta erano in qualche modo coperte da investitori esterni senza che tale informazione fosse stata resa pubblica nel catalogo della vendita. All’inizio della vendita il banditore annunciava che avrebbero potuto partecipare alle offerte alcuni «terzi con interessi finanziari», ma che se questi «terzi» avessero scelto di non partecipare, la casa d’aste non ne avrebbe divulgato il coinvolgimento.
Sul catalogo, Christie’s descriveva queste cinque opere (tra cui il lotto di copertina, No. 10 di Rothko (1958), poi venduto per 81,9 milioni di dollari) come lotti nei confronti dei quali solo la casa d’aste «ha un interesse finanziario diretto», che fosse un prezzo minimo garantito o un anticipo su un’opera (segnato in catalogo con un piccolo cerchio nero e generalmente definito «garanzia interna»).
«Sta diventando sempre più complesso e confuso, e non è ciò che ci si aspetta in un mercato dell’arte con prezzi a questi livelli», dice l’economista Olav Velthuis. «Con un mercato che si espande e prezzi che crescono così tanto, ci vorrebbe più trasparenza, ma in realtà avviene il contrario».
Vendite private in pubblico
È opinione comune che la aste siano vendite pubbliche. In realtà le principali vendite contemporanee sono oggi eventi pesantemente orchestrati che spesso sottintendono accordi privati stabiliti in precedenza. Prima della vendita da Christie’s del 13 maggio, 50 delle 85 opere in catalogo erano dichiarate come garantite. Di queste, 36 godevano di garanzie «interne», in base alle quali è convenuto che la casa d’aste promette al venditore una somma non dichiarata per l’opera, indipendentemente da altre offerte. Quattordici lotti erano garantiti da terzi, cosa che normalmente significa che Christie’s ha trovato un investitore esterno che sostiene l’opera, sia per intero, sia congiuntamente con la casa d’aste. Per assumersi il rischio, Christie’s concorda una quota di finanziamento con la terza parte (che mantiene il diritto di partecipare con successive offerte), oltre a una percentuale su ogni somma realizzata in eccesso rispetto all’importo garantito.
A vendita conclusa, abbiamo chiesto a Christie’s un elenco delle opere che aveva garantito prima dell’asta. La società ci ha inviato un elenco compilato dal proprio dipartimento finanziario che escludeva sei opere descritte a catalogo come coperte da garanzia «interna». Una di queste era stata ritirata prima dell’asta, mentre la vendita delle altre cinque era stata preceduta da un annuncio da parte del banditore, che informava la sala del fatto che avrebbero potuto partecipare alle offerte «un soggetto con interessi finanziari».
Dopo ripetute domande, Christie’s ha rivisto la sua posizione, dicendo che queste cinque opere erano, in effetti, «soggette a garanzia interna, come indicato in catalogo». Un portavoce della casa d’aste ha aggiunto che i lotti «non erano soggetti ad accordi finanziari con terze parti», sebbene Christie’s «avesse compensato parte del rischio che avevamo assunto su questi lotti» e, quando i soggetti con interessi finanziari hanno notificato a Christie’s che avrebbero potuto concorrere per questi lotti, «questa variazione è stata annunciata agli altri partecipanti in sala tramite annuncio del banditore».
Terze parti o no?
Se le cinque opere «non erano soggette ad accordi finanziari con terzi», come era «compensato» da Christie’s il rischio sulla loro vendita? Queste dichiarazioni apparentemente contraddittorie si spiegano con il fatto che la società opera delle distinzioni tra le terze parti garanti e quelle che definisce «partner terzi»: privati, cioè, che detengono quote nelle garanzie interne di Christie’s. La distinzione tra le due figure non è di facile comprensione, sebbene una differenza sia che le terze parti garanti sono considerate come offerenti in tempo reale, mentre i partner terzi non lo sono. D’altronde, i partner terzi possono sempre presentare offerte su opere in cui hanno una quota, a patto che Christie’s lo dichiari prima della vendita. Quando i «partner» non intendono partecipare alle offerte, il loro coinvolgimento non viene dichiarato, nonostante il fatto che finirebbero per diventare comproprietari dell’opera in cui hanno delle quote se la casa d’aste non riuscisse a venderla.
«Non è necessario fornire nuovi avvisi quando i rischi e i benefici della nostra garanzia sono condivisi con un partner, a meno che il partner non abbia in programma di partecipare all’asta… se il partner non intende partecipare all’asta, il fatto che Christie’s abbia preso misure per limitare i propri rischi attraverso il partner non è un elemento che abbia effetti sui partecipanti all’asta o sul venditore della proprietà», afferma un portavoce.
Christie’s ha espletato i suoi obblighi legali rendendo noto quali opere fossero garantite, indicandole come tali sul catalogo e menzionando prima della vendita l’interesse di terzi a partecipare attivamente all’asta, aggiunge il portavoce.
Christie’s dice che questo aspetto nella specifica normativa di New York è molto chiaro; in particolare, che alla casa d’aste sia richiesto di informare il pubblico se ha garantito un lotto offerto all’asta e che, «quando soggetti diversi dalla casa d’aste siano interessati, il codice impone solo l’obbligo di comunicazione nel caso in cui certe altre parti partecipino effettivamente… alle offerte». La legge di New York stabilisce che a nessuno con «status interno» sia permesso di partecipare all’asta, a meno che non ne sia stata data informazione sul catalogo, e su manifesti affissi in sala. Esso stabilisce anche che: «Se una casa d’aste o una sala di vendite pubbliche ha un qualche interesse, diretto o indiretto, per un articolo, compreso un minimo garantito, oltre alle commissioni di vendita, l’esistenza di tale interesse deve essere resa pubblica».
Ciò che si intende per interesse diretto o indiretto dipende da come è strutturato l’accordo, dice Frank Lord dello studio legale di New York Herrick Feinstein. «Se una casa d’aste si limita a cedere una parte della garanzia, e la terza parte mantiene l’anonimato, potrebbe sembrare che la casa d’aste abbia un interesse, anche se la terza parte non partecipa all’asta», dice. «Sembrerebbe che la casa d’aste debba renderlo noto».
In genere le terze parti mantengono l’anonimato, dice una portavoce di Christie’s. I venditori non sono in genere a conoscenza dell’identità delle terze parti che collaborano con Christie’s su garanzie interne, e tantomeno dei termini concordati, dice. Indipendentemente da ciò, Christie’s ha ottemperato ai termini di legge confermando alla fine che le cinque opere godevano di garanzia interna.
«Se fossi un potenziale partecipante ad un’asta, non mi interesserebbe sapere come la casa d’aste agisca finanziariamente per limitare i propri rischi, a meno che la terza parte interessata non sia in competizione con me», dice Donn Zaretsky, specialista in legislazione sull’arte presso la John Silberman Associates di New York. «Christie’s rispetta il testo di legge, sebbene si possa aprire un dibattito su come la legge debba essere aggiornata per riflettere i cambiamenti in atto».
Il giornalista finanziario Felix Salmon dice: «Storicamente, non si è mai pensato alle aste in termini finanziari complessi. Si è solo pensato ad essi come garanzie interne o esterne… ma la domanda è: come si può vendere un rischio a terzi? Se un’opera non trova un compratore, chi deve che cosa e a chi?». Collaborando con partner terzi, Christie’s si troverebbe a possedere opere invendute insieme con i suoi partner segreti. «Condivideremmo la perdita sulla garanzia al venditore», dice la portavoce della casa d’aste.
Sebbene ad alcuni questi accordi possano sembrare complessi, «tutti i partecipanti e gli acquirenti sono stati formati e sono consapevoli di questo sistema», dice la portavoce. Alcuni dissentono. «È nell’esclusivo interesse della casa d’aste pretendere che tutti i suoi compratori siano altamente sofisticati», dice Salmon. «Ma sappiamo tutti che non è affatto così. I ricchi possono essere ottusi quanto chiunque di noi».